“(…) Maledetti i navigatori che
che non ci fanno,
che non ci fanno più perdere.
Maledetti i navigatori che
che non ci fanno,
che non ci fanno più chiedere
di qua per dove si va?”
(I navigatori – GaLoni)
Dovevo arrivare a questa età per capire che i miei genitori avevano ragione.
Sono una contraddizione vivente.
Vi faccio un esempio: amo il silenzio ma adoro i rumori.
E’ vero. Detta così sembra una cosa senza senso, quindi cercherò di spiegarmi meglio.
Avete presente quando siete in macchina e viaggiate verso una meta indefinita? Fantastico. Vedo che iniziamo a capirci. Bene. In quei frangenti la cosa che mi piace di più è starmene con i finestrini chiusi e la radio spenta. Adoro perdermi nei paesaggi che attraverso, concentrarmi sui colori che mi rimbalzano negli occhi regalandomi sfumature che nemmeno credevo di conoscere. Soprattutto amo ascoltare i suoni, ovattati dai vetri ben serrati, che arrivano dall’esterno.
Il rumore della mia automobile che sfreccia sulla strada. Quello delle altre macchine che mi passano accanto. Volendo anche l’effetto doppler delle sirene che mi corrono in senso opposto.
Questo fa di me un moderno Ulisse? Ottima osservazione. Ci penserò. Valutando quale Penelope, intenta a realizzare quale arazzo, mi aspetta a casa insidiata da una banda di Proci.
Insomma: ecco spiegato perché amo silenzio e rumore insieme.
Lo so che domanda vi state facendo ora: e il telefonino?
“Scusa Uomo delle Stelle non è lo strumento del quale proprio non puoi fare a meno per immortalare i tuoi viaggi, interagire con i Social e rimanere in contatto con la redazione di So Wine So Food?” Esattamente. Non l’ho mica dimenticato. E’ sempre con me. Incollato al cruscotto. Senza suoneria, ovviamente. E con la schermata fissa sulla strada consigliata dal navigatore.
Detesto i navigatori. Dal profondo del cuore. Ne odio le voci robotiche, la scelta di tragitti più che cervellotici, il momento in cui perdono il segnale proprio quando non dovrebbero.
Soprattutto odio il fatto che non mi fanno più sbagliare strada.
Lo so che ai più la cosa irrita ma a me piace. Mi piace imboccare vie che non conosco. E per puro caso. Fato assoluto.
Riflettete: quante volte vi è capito di imbattervi nella cosa più bella della vostra vita semplicemente facendo qualcosa che proprio non dovevate o volevate fare?
Dai… Pensate alla noia degli studi, alla scuola. A quell’incontro che vi ha visto partecipare contro voglia e che alla fine vi ha regalato una professione. Pensate a quella cena alla quale proprio non volevate andare e durante la quale avete incontrato quella ragazza che vi ha strappato il cuore dal petto.
E’ vero, eh? Lo so. Ecco perché bisognerebbe eliminarli i navigatori.
Non oggi, però. Oggi il mio navigatore andrebbe ringraziato: senza di lui sarebbe stato impossibile raggiungere il Waldhotel Sonnora, il ristorante tristellato che sto per visitare.
Sono in Germania, a Dreis, un piccolo comune di un migliaio di abitanti in Renania. La città in cui nel 1978 lo chef Helmut Thieltges (nato proprio lì), insieme alla sua famiglia e alla moglie Ulrike, ha deciso di acquistare una bellissima villa in cui far nascere il suo locale e uno strepitoso hotel extralusso.
Da luglio scorso, purtroppo, il talentuosissimo cuoco tedesco non c’è più, stroncato prematuramente da una malattia. Resiste il suo amore per la cucina, le sue idee. Soprattutto i suoi piatti. Portati avanti da Ulrike e dal suo sous chef: Clemens Rambichler, dal 2011 nella cucina del Waldhotel.
Arrivando in macchina è quasi impossibile ammirare la bellezza del locale di Thieltges. Il complesso, abbarbicato su una collinetta, è coperto per intero. Il giardino che lo circonda, meraviglioso in inverno immaginate in estate, è apprezzabile dall’entrata principale e soprattutto dalla sala.
Al suo interno il Waldhotel Sonnora si presenta sfarzoso, sebbene vagamente anni ’90. Ci sono imponenti colonne bianche, molto oro e tantissimo lino. A prima vista lo definirei semplice ma accogliente.
Il vero fiore all’occhiello di questo tristellato, però, è il servizio: davvero molto professionale e curato direttamente dalla signora Ulrike Thieltges responsabile di sala e insignita con il premio Eckart nella categoria “Gastronomia contemporanea“.
La cura dedicata ai vini non è da meno. La sommelier Magdalena Brandstätter è una delle più stimate professioniste nel suo settore in Germania. La carta dei vini, infatti, ne è assoluta dimostrazione: lunga, profonda e piena di etichette interessanti. Mi vengono proposte due bottiglie: un Kirschgarten Knipser del 2011 e un Niedermenniger Herrenberg Auslese Markus Molitor del 2010. Il primo, interessante ed intenso, dotato di una mineralità invidiabile e di una lunghezza imprevedibile, avviluppa il palato attorno a numerose tonalità floreali. Il secondo, invece, un Riesling di uno splendido giallo chiaro, al naso ricorda il succo di mela appena spremuto. La meraviglia di questo vino, però, non è nell’attacco, d’impatto, ma nel finale dove le papille gustative possono rintracciare addirittura una spruzzata di olio di eucalipto.
Mi dedico al menù: se proprio devo trovargli un limite è quello di essere scritto solo in tedesco, senza traduzioni. Mi barcameno in una lingua che conosco appena e chiedo aiuto ai camerieri. Alla fine scelgo di ordinare solo i piatti storici dello chef.
Si comincia con l’amuse bouche: diversi tipi di pane fatto in casa (buonissimo e bellissimo). Io opto per quello alle olive e mi lascio coccolare da del burro salato contenuto in una meravigliosa confezione di legno.
Poi al tavolo arriva un bicchiere ghiacciato con dentro caviale e teste di gamberi. La portata risulta molto saporita: la sua sapidità, infatti, aumentata anche dalle uova di pesce, porta un po’ “su” la pietanza. Comunque ottima.
E’ il momento dell’involtino di tonno fresco su una base di salsa tonnata, un’ostrica marinata alla menta e un involtino di calamari con alla base una coulis di mango, avvolta in pasta kataifi e quindi fritta.
Passiamo poi al primo piatto: una tartina a forma di triangolo, molto spessa e compatta. Sopra del caviale oscietra (iraniano), formaggio morbido di mucca e una tartare di manzo. La base, invece, è formata da patate tagliate alla Julienne e fritte. Portata semplice ma gustosissima.
Mi viene servito anche uno scampo con limone e zenzero e della bieta marinata sempre con limone e zenzero. Anche questo piatto appare buonissimo e leggero. Si sente moltissimo lo zenzero ma non guasta, anzi. Dà quel tocco di piccante che “solleva” la creazione.
E’ il momento del main course: il piccione cotto in tre maniere diverse. I lati, infatti, sono cotti a basse temperatura; le cosce, invece, sono cucinate al forno e quindi risultano croccanti. Infine una foglia di cavolo verde avvolge il fegato e il filetto del piccione. Credo sia il miglior piccione che ho mangiato in vita mia. I lati dell’uccello, infatti, risultano saporiti e con il giusto grado di cottura al sangue. I fegatini, inoltre, non sono per niente male: del pane croccante, sul quale spalmarli, ne completano il sapore. E vogliamo parlare di come è stato disossato? In maniera eccezionale.
Forse per la prima volta durante il mio roadtrip evito di prendere il dolce (non mi stuzzica nessuno) e mi dedico alla piccola pasticceria. Davanti agli occhi mi vengono poggiati diversi tipi di tartine, per lo più alla cioccolata anche se quella che stimola maggiormente i miei sensi è una tartina bianca ripiena di un coulis di mango.
Mentre sorseggio una strepitosa camomilla allo zenzero mi godo una lunga e interessante chiacchierata con la signora Ulrike, alla quale racconto le mie impressioni a caldo.
Al Waldhotel Sonnora si può veramente dire poco: la location ha pochi rivali in Europa, stesso discorso per l’accoglienza. Meravigliosa, cordiale ma assolutamente professionale. Nulla da eccepire neanche per quanto riguarda i piatti: di rigore, molto legati alla tradizione ma sicuramente di alto livello.
Voto finale tre barbe e mezza.
Ammiro quello che fai e come scrivi , però l’ultimo ristorante che hai visitato , senza dire il nome , sul servizio ,accoglienza e il piccione fantastico , mi trovo d’accordo sulle altre no , ti leggo sempre un saluto e buon divertimento.