Riflessioni dicembrine sulle tendenze in atto nella ristorazione
C’è una tendenza che sembra inarrestabile: quella di cercare luoghi semplici, osterie o semplici trattorie tipiche, nelle quali trovare piatti della tradizione, atmosfera, tipicità e accoglienza cordiale. È un desiderio collettivo, trasversale a molte tipologie di clientela.
Come se fossimo ritornati indietro di qualche anno, quando la clientela cittadina cercava il locale “fuori porta”, senza troppe pretese e con pochi formalismi. Non a caso ci sono locali modello “carbonara-gricia-amatriciana”, (o Polenta e formaggio, o Tagliatella al ragù e bolliti misti, ecc) che imperversano in tutta la penisola e sono sempre strapieni, soprattutto nei fine settimana.
Da prenotare con largo anticipo. Come se la cucina della tradizione fosse diventata ormai una cucina nazionale o, meglio, nazional-popolare. Ora, senza scomodare i grandi interpreti della migliore cucina capitolina, o emiliana, o valtellinese o pugliese (che sono parecchi e tutti eccellenti!) va detto francamente che molti osti e “trattori” spesso ci tirano un po’ dentro.
Grande volontà, tanto intuito e molta furbizia; e i risultati sono spesso delle mal riuscite imitazioni dei grandi piatti della tradizione, quelli che i veri maestri eseguono perfettamente (penso a Cristina Cerbi, per fare un nome, o ad Anna Bertola o a Pamela Paredi, grandi conoscitrici dei rispettivi territori).
Già, perché spesso in molti locali manca la professionalità in cucina, non c’è know how specifico, né particolare attenzione alla selezione delle migliori materie prime. Allora, se proprio vogliamo una buona trattoria, evitiamo di seguire il “main stream” e facciamo una ricerca attenta dei luoghi migliori.
Non sono pochi, ma bisogna saperli cercare! Qualche nome ve lo abbiamo dato sopra! Il mio intento è certo dare consigli sulle migliori location, si tratti di osterie semplici e schiette, ma l’impegno è di promettere di trovare di quelle autentiche oppure quello di “ritrovare e riscoprire” ristoranti con uno Chef vero e proprio, di quelli che non mi hanno mai deluso. E che non deluderanno nemmeno voi!
Un esempio che può valere per tutti? C’è un posto in cui adoro perdermi ogni volta che ho l’occasione di andarci. Osteria del borgo, a Cesano. Cesano è “la cinquantaduesima zona di Roma nell’Agro Romano” così la descrive Wikipedia.
Lontano da Roma e dal mondo, è questa Osteria che mi parla di ritorno alle cose buone, a quelle cose che cerchiamo spesso con la puzza sotto al naso. Una vecchia insegna delle poste stupisce gli ospiti che già all’entrata dell’Osteria sono accolti dal grande camino. Una atmosfera intima e familiare è la promessa che si nasconde su quei tavoli così tipici.
Il menù è una sfilata di prodotti e di piatti che non hanno bisogno di un interprete. L’eccellenza è la scelta dell’oste: fagioli di Sutri, caciofiore di Columella, così per citarne qualcuno. La proposta della tradizione romanesca ovviamente la fa da padrona.
L’equilibrio è nella ricchezza dei sapori che restano umili e sinceri ed esaltano in me i ricordi belli, quelli passati alla tavola della nonna. Ma poi la cantina… Le etichette risuonano l’attenta ricerca del padrone di casa. Sì, è di certo da provare e, se vi fiderete di me, lo segnerete come uno dei vostri posti del cuore.