Non si ama seguire le mode, ma semplicemente raggiungere nella produzione di vini un equilibrato mix fra tradizione ed innovazione
Torre dei Beati, azienda a gestione familiare, nasce nel 1999 a Loreto Aprutino, in provincia di Pescara. Un nome che ha origine da un affresco che si trova nella Chiesa di S. Maria in Piano che risale al 1440 e rappresenta il giudizio universale. In esso le anime che arrivano nell’aldilà non sanno che fine faranno e devono superare delle prove per vedere se sono degne di andare in paradiso oppure no. Quelle che le superano, le più fortunate e meritevoli, sono rappresentate vicino ad una torre non più nude, ma finalmente con dei fiori al collo e la torre si chiama “Torre dei Beati”.
L’affresco simboleggia l’iter che viene seguito dall’azienda per fare le uve e i vini, la parabola che viene seguita cioè in cantina. È un nome dunque fortemente legato al territorio, al credo che viene seguito nella produzione: esprimere, con scrupolose selezioni in vigna e cantina, il meglio dei vitigni autoctoni che si coltivano a Loreto Aprutino. Qualità e genuinità di un vino: ecco dunque che sin dal 2000 arriva la decisione di convertire il vigneto al biologico. Non fu all’epoca una questione di mercato, ma semplicemente una scelta personale per avere il migliore impatto sull’ambiente circostante.
Biologico dunque non come una “bandiera”, ma comunque un aspetto fondamentale per un tipo di viticoltura che potesse essere il meno intrusiva possibile. Già da solo il territorio di Loreto Aprutino si racconta: non ha quelle asperità che hanno altri della regione, già a guardarlo si percepisce un’idea di dolcezza, le colline sono molto dolci. Questo è un carattere che si ritrova nella stessa misura nei vini che nascono qui , equilibrati e più giocati sull’eleganza che non sulla struttura o la potenza. A Torre dei Beati non si parla né di tradizione né di innovazione, ma di giusto equilibrio fra le due, un approccio quasi “laico” come si definisce oggi: come spiega Fausto Albanesi si applicano tecniche antiche quando sono buone ed utili alla causa cercando però di integrarle con un approccio più moderno e ricercato.
“I Vini devono essere espressione del territorio”
– Fausto Albanesi –
Qui si fanno vini che in primis devono piacere a chi li produce per non rischiare di perdere quell’identità del territorio che è fondamentale. Per cercare di esprimerla, tornando alla parabola dell’affresco, si va a produrre il meglio dei vini: nel vigneto non si batte tutta l’uva di un appezzamento e la si butta dentro il calderone, ma ad esempio un giorno si decide di raccogliere una parte del vigneto, ma non tutto, soltanto qualche grappolo per pianta nell’appezzamento. Si lascia quindi l’uva che rimane qualche giorno in più per poi tornare qualche giorno dopo e aspettare che anche gli altri grappoli raggiungano una qualità migliore.
Alla fine si passa in questa maniera sulle stesse viti fino a cinque o sei volte. Ogni giorno che si va a raccogliere si porta il meglio di quell’appezzamento, nel frattempo si lascia che gli altri grappoli possano avere una maturità migliore che c’era nei giorni precedenti. Si opera una selezione manuale di tutti i grappoli: Il grappolo viene scelto e poi di ogni singolo si prende la parte migliore. In questo modo è possibile dare una misura ottimizzata del potenziale del territorio, non solo in riferimento al singolo appezzamento ma anche al giorno di raccolta: una serie di “fotografie istantanee” che a fornisce l’espressione migliore del territorio per quell’annata.
Il vino per Fausto Albanesi e la moglie è sinonimo di passione: lo era ancor prima che diventassero produttori e lo è ancor più oggi che lo sono. A Torre dei Beati vengono prodotte sette vini che nascono dalla voglia di ricercare i comportamenti diversi dei singoli vitigni. Qui nascono due tipi di Pecorino: uno, prodotto subito, ne è l’espressione più fresca, l’altro invece esce l’anno successivo, a due anni cioè dalla vendemmia nel tentativo di sondare il potenziale evolutivo del vitigno. Ecco dunque “Giocheremo con i fiori” e “Bianchi Grilli”. Particolare ed anticonvenzionale la scelta sulle etichette dei vini: sono tutte diverse fra loro, si mette un po’ in secondo piano il discorso della riconoscibilità aziendale per esaltare quello della singola bottiglia. La singola etichetta racconta il carattere del singolo vino, naturalmente c’è anche la scritta “Torre dei Beati” sulla bottiglia, ma la storia di ogni vino è particolare e molto personale ed interiorizzata per chi lo produce, si cerca quindi di far trasparire anche nell’etichetta questo studio e lavoro che c’è dietro.
A Torre dei Beati si guarda al futuro con la voglia di migliorarsi sempre più … ogni piccolo dettaglio può diventare fondamentale per farlo: dalla ristrutturazione del casale che fu fatta agli inizi fino alla voglia di avere una nuova cantina, un’altra bottaia o ulteriori spazi per gli invecchiamento dei vini. Sono tutti strumenti che si stanno mettendo insieme per guardare fisso all’obiettivo di rappresentare sempre di più il territorio. Intatta è rimasta anche oggi la curiosità di confrontarsi con tecniche vecchie e nuove per raggiungere così un giusto mix che possa garantire un prodotto genuino e di qualità.