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Tinto Brace è un ristorante coraggioso che sa cosa dire

Esiste una piccola parte di Cilento nota a pochi. Nel golfo di Policastro, si insinua con le sue forme un altro piccolissimo golfo, se così si può dire. Sapri.

Un piccolo borgo fatto di vialetti che tutti portano al mare, che tutti portano al respiro ampio di polmoni spesso affaticati per un apparente nulla. Ma dietro le casette tipiche che conquistano lo sguardo e il loro piccolo posto, dietro un lungomare spesso cavalcato da turisti, c’è un piccolo mondo fatto di cose buone da mangiare e da gustare.

Sapri ha sulla sua schiena una cicatrice inflitta tempo fa, quando l’Italia aveva bisogno di unirsi e di liberarsi delle corone estranee. Fu la nota vicenda di Pisacane che ancora oggi rende motivo di orgoglio gli abitanti di questo piccolo borgo adorabile.

Un po’ per vacanza, un po’ per cuore, ho scelto questo luogo per trascorrere qualche giorno di vacanza e ovviamente il desiderio di conoscere Sapri e i suoi sapori non poteva mancare.

Tinto Brace, una esperienza forte!

Rapiti dal nome, lo confesso, ho scelto di cenare in un ristorante tipico del posto, Tinto Brace.

Un colpo di genio, a parer mio, già nel nome!

Spostandomi però al di qua della conquista dell’insegna, mi sono accomodata a una tavola ricca di cose da dire.

Un locale che fa una sobria mostra della volontà intrinseca del titolare, Daniele Congiusti eleganza smart e territorialità. Qui tutto e tutti parlano del territorio. Dal carinissimo e gentile personale fino all’ultimo piatto presente in menu. Non è ovvia come cosa. Lo sottolineo perché spesso ci si trova davanti a chi mostra e mostra ma poco sa, poco ne vive. Qui è il contrario. Si sa e si “dona”, si offre e soprattutto si celebra una terra fatta di mare e di colori.

Ma andiamo nel dettaglio.

Assaggi

A sfilare tra le mie papille gustative, ha iniziato un Tris di mare, sottolineato nel menu e specificato dai ragazzi: tutto pescato del giorno. Uno spiedino di tonno avvolto in un tocco di Oriente e semi, un baccalà impanato in farina di polenta su cipolle caramellate e un carpaccio di polpo.

L’insieme ha “giocato facile” direbbero i cattivi, ma la verità è che sì la materia prima è ottima, ma la mano dell’autoctono Chef ne ha saputo con semplicità accogliere e limare gli spigoli, dando esaltazione e lode a quella bella materia prima di cui il mare del Cilento ne è ricco. Insomma, qui vale la regola materia prima e prima la materia! Ma è chiaro anche che l’altra fede è la stagionalità.

Ancora, è stata la volta del Polpo alla brace (ovviamente!). Che dire. Una crosta arrabbiata avvinghiava quasi a proteggere la delicatezza del polpo. Morbido, succulento quanto basta, saporito di spezie e abbellito con patate.

Non amo il polpo, ma se devo sceglierlo, lo amo arrostito e non deve avere pecche né toppe. Tinto Brace non ne ha. E non ha nulla da nascondere. Riesce con una mano saggia a presentare un cuore buono e ricco di sapore.

Poi è arrivato il Tonno alla brace. Poi il silenzio. Una volta un pescatore amico mi diceva che il tonno o lo sai gestire o è meglio che lo eviti. Lo Chef lo ha gestito e accarezzato con un fuoco che ha saputo ben domare.

Delicato burro, avvolgente mistero, un mare aperto. Questo il brivido che mi ha sfiorato al primo boccone. Chapeau è stato il mio ultimo morso.

Non poteva mancare la frittura di calamari. Asciutta, piena di significato e gusto. Cosa non comune, salata il giusto.

La carta dei vini resta in un girotondo territoriale che però non disdegna occhiolini a terre più lontane.

Tinto Brace è un posto pieno di sacrifici, pieno di mani e di piedi stanchi, ma quei sorrisi, quell’accoglienza celano ogni timore e sudore. È il posto da scoprire, è il posto dove portare un amico, un amore, un figlio. È il posto, che fra pochi, offre, dona e sa cosa può dare e dire il mare e la terra. Ancora, chapeau!

 

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