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Lo chef friulano, da sempre all’avanguardia, e lo chef del Borgia, ristorante milanese famoso per il menù Psyche, hanno allestito un dinner esclusivo all’insegna di estro, ricerca, gusto. Con un pizzico di azzardo

La genialità di Terry, lo chef stellato che rese celebre il ristorante parmense Inkiostro, insieme alla tecnica rigorosa di Giacomo Lovato, executive chef del milanese Borgia, hanno dato vita a una serata molto, molto “fine”, nel senso del “dining”. D’altronde, Edoardo Borgia, patron dell’omonimo ristorante, sapeva benissimo che dalla combinazione di simili energie sarebbe nata una cena da manuale.

O, meglio, da offrire a una ristretta cerchia di clienti alla ricerca di piatti decisamente “fuori dal coro”. Le aspettative non sono andate deluse: già dal primo piatto di Terry Giacomello, Omaggio al Friuli, sua terra d’origine, si è compresa la direzione della serata: talentuosa, innovativa, anticonformista.

Al Baccalà al vapore, piatto magistrale di Giacomo Lovato, è poi seguito un Risotto ai fiori di cartamo (chiamato anche Zafferanone), siero di yogurt, formaggio salato e patè di arachidi tostate, un piatto nel quale i concetti di cucina d’avanguardia di Terry hanno ampio spazio: per la succulenza dei sapori, per una mantecatura del riso non eccessiva, per la presenza sottilmente speziata del cartamo, per la cremosità appena accennata dalla presenza del siero, per la sapidità del formaggio, per la eccentricità del patè di arachidi tostate.

Chi si aspettasse da Terry Giacomello piatti rassicuranti, in linea con la cultura del comfort food, è pregato di rivolgersi ad altro chef, viene da dire. Incontrare la cucina avanguardistica di Terry è sicuramente un’esperienza inedita, per certi versi capace di stravolgere ogni benpensantismo in materia di food. È anche per questo che lo seguiamo da tempo, per i suoi piatti che esprimono una certezza, quella di essere sempre controcorrente.

Come, ad esempio, nel caso delle Castagnole di maiale, spuma di cocco e salsa di fagioli neri alle radici piccanti. E cosa sarebbero queste castagnole, si sono chiesti in molti, così tenere ma anche croccanti, piccole di forma ma intense di sostanza, languidamente gustate con cupidigia dai tanti presenti alla cena?

Ghiandole mandibolari del maiale, è la risposta di Terry: ovvero, qualcosa di presente in natura ma mai considerato dagli chef contemporanei come possibile protagonista assoluto di un piatto. Forse Marco Pierre White, il grande, le aveva usate in qualche “special dinner”, nei momenti del suo massimo fulgore londinese.

Giacomo Lovato, lo chef resident (di cui abbiamo scritto qualche mese fa su So Wine So Food), ha un po’ bilanciato, con il suo realismo talentuoso e creativo, l’andamento trasgressivo della cena. Come? Proponendo ai tavoli piatti eccellenti, seppur meno estremi, come i suoi ormai iconici Tagliolini con brodo di trota affumicata, cipolla e uova di trota, o il Piccione in tre cotture, fondo di piccione con more e ibisco, polvere di ginepro: piatti che lasciano intendere il percorso di esperienze di Giacomo (che, fra gli alti ha avuto anche maestri come Carlo Cracco e Claudio Sadler) ma anche la grande passione per le tecniche e la materia prima, un’attenzione quasi ossessiva che fa di Giacomo uno chef di livello davvero elevato.

La cena, abbinata a sei calici di vini “unconventional”, ha avuto un gran finale con i dessert, il Cremoso al mascarpone con cialde di topinambur e gelato ai porcini, seguito da un capolavoro dell’eccesso: il Limone dimenticato, di Terry Giacomello, un classico della sua cucina: un limone ammuffito (non inorridite, però) della sua muffa, una muffa commestibile, a base di penicillina -la stessa di gorgonzola e Roquefort- che rende cremoso il frutto. Con l’aggiunta di un ingrediente segreto, diventa un dessert squisito e, in ogni caso, impossibile da dimenticare. Come tutti i piatti di questa straordinaria serata milanese.

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