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Una degustazione memorabile, condotta da un effervescente Luca Gardini, ha rivelato stile e carattere di un grande Weissburgunder destinato a sicura longevità. Lo produce la cantina Nals-Margreid, guidata da Gottfried Pollinger e Harald Schraffl

Chi ancora non conosceva a fondo Sirmian, ha avuto l’occasione della vita: degustare questo grande bianco altoatesino (anche se a noi piace di più chiamarlo sudtirolese) in compagnia di chi lo ha concepito e creato, ovvero Gottfried Pollinger, CEO di Nals- Margreid e Harald Schraffl, enologo della Cantina, è stata un’esperienza formidabile.
Il Pinot Bianco di Nals-Margreid nasce da vigneti posti tra i 500 e i 700 metri, in una posizione baciata da un microclima unico, estati miti e inverni freschi, esposta a sud est, su terreno calcareo, originato milioni di anni fa dai giacchiai di Vinschgau, la Val Venosta.
Ma questa premessa “tecnica” non basta a spiegare il valore di un bianco di straordinaria longevità, come emerso dalla degustazione dei millesimi 2002 e 1997, espressione quest’ultimo di una freschezza e di una precisione stilistica (come l’ha definita Luca Gardini nella sua appassionata conduzione) difficilmente riscontrabile in altri vini bianchi altoatesini, e forse anche del resto d’Italia.
Annate come la 2018, la la 2012, la 2011 a loro volta hanno esibito -pur nelle differenze- un carattere e un rigore che rivelano un naso di grande pulizia, con sentori fruttati ben riconoscibili e un balsamico potente. “Vini dal background selvatico, -ha detto Gardini raccontando Sirmian-, dal finale ammandorlato, caratterizzati da una salinità formidabile”.
La passione del Wine Killer nel condurre questa verticale ha toccato punte estreme, confermando peraltro in modo intenso e -per certi versi- appassionatamente drammatico il proprio amore infinito per queste etichette, che esprimono “una fantastica scorrevolezza al palato”, anche dopo venticinque anni dalla vendemmia. Gottfried Pollinger ha voluto celebrare i primi cinquant’anni di Sirmian organizzando questa verticale presso il ristorante Anima (a Milano Verticale) dove lo chef Michele Cobuzzi ha ricevuto la sua prima stella dalla Guida Michelin proprio nella edizione 2023 recentemente presentata.
“Sirmian è un vino che interpreta la storia in un contesto moderno. È un vino internazionale, -ci dice Harald- Schraffl, creato nel rispetto della tradizione ma con lo sguardo rivolto al futuro”. E, aggiungiamo noi, con un carattere che esprime perfettamente la stoffa dei migliori vini altoatesini, senza però correre il rischio di venire omologato ad altre etichette di quel vasto territorio, più orientate ad essere percepite principalmente come “aromatiche”.
“Tutti i vini sono aromatici”, ricorda con chiarezza e una vena polemica Luca Gardini, ribadendo che l’aromaticità non è un valore categoriale ma un’espressione stilistica presente in ogni vino che si rispetti. Sirmian è adatto quindi ad essere presente nelle carte dei vini dei ristoranti del Fine Dining, spesso indecise tra proporre etichette di cantine apparentemente più “iconiche” e produzioni meno conosciute ma, spesso, prive di un valore coerente con l ‘offerta food. E di complicato pairing, in alcuni casi forzato.
E il “forced pairing” non piace a nessuno: gli abbinamenti devono piacere, non devono mai essere subiti. Per questo, proporre Sirmian in abbinamento con piatti di valore significa conquistare il cliente a un bere elegante e diverso, piacevole e non piacione, strutturato ma scorrevole, serbevole ma contemporaneo (e ben lo dimostra l’annata 2014), floreale e fruttato al naso e profondamente persistente al palato, sapido e profondo.
L’affinamento è perfetto, così come la pulizia, la precisione, il rigore che esprimono annate ancora potenti come il 2009 e il 2005, la cui freschezza è pari a quella del territorio magico in cui questi vini nascono e crescono.

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