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Sono incantato.

Ipnotizzato.

Talmente rapito da quello che vedono i miei occhi, spalancati e sorpresi come quelli di un bambino, da ignorare il cameriere. E’ gentilissimo e, non appena mi vede varcare la soglia del ristorante, mi riempie di premure e convenevoli.

La sua voce mi cerca. Domanda. Illustra. Quasi mi coccola.

Attendo il tempo limite concesso a una risposta e poi mi volto. Reagendo alle sue carinerie con un sorriso a metà tra l’ebete e l’imbarazzato.

Intuisco che il tavolo che mi è stato riservato è già pronto. Lo capisco chiaramente. Eppure non faccio nulla per raggiungerlo: ho bisogno di starmene ancora un po’ per conto mio. Di abbandonare la compagnia della sala e avvicinarmi a questi cimeli.

Sono delle targhe. Scolpite. Si distanziano l’una dall’altra di pochi centimetri, scendendo sul fianco di un arco in mattoncini, quasi fossero una scalinata. Ricordano fatti importanti.

La più antica risale alla metà dell’Ottocento e recita: “Federico Gugliemo Principe di Prussia fu alla Sibilla il 15 aprile 1854”. Poi il Re e la Regina di Prussia, l’Arciduca d’Austria, il Principe Ottone di Baviera, il Re e la Regina della Danimarca…

E ora l’Uomo delle Stelle. Felice come un infante. E solo per essere entrato in uno dei locali più antichi mai visitati. L’insegna all’entrata non lascia spazio ad interpretazioni: “Ristorante Sibilla 1720”. Trecento anni di storia. Tre secoli che mi sento improvvisamente tutti addosso mentre raggiungo la sala.

Mi trovo ancora in Italia. Sto seguendo in maniera molto attenta tutti i consigli che mi avete dato attraverso il progetto “Tu scendi dalle Stelle”.

Ecco la nuova tappa: Tivoli. Piccola e antichissima città latina alle porte di Roma (se vi state chiedendo se ho sfruttato la cosa per andare a vedere la prima partita di campionato allo stadio Olimpico la risposta è scontata: assolutamente sì).

Il mio tavolo è posizionato nella sala esterna, splendida, con un pergolato meraviglioso che fa sempre molto “estate”, a pochissimi metri dal fiume Aniene, dal Ponte San Gregorio ma soprattutto dal Tempio della Sibilla.

Per i pochi che non ne fossero a conoscenza, nell’antichità, le sibille erano delle veggenti. Alle quali le persone in difficoltà, gran parte delle volte militari di professione come generali o comandanti, si rivolgevano per sapere in anticipo cosa ne sarebbe stato di loro.

Chissà che nei piatti che sto per mangiare non ci sia anche la possibilità di intravedere qualcosa del mio futuro…

A differenza del solito, decido di ordinare subito il vino, scegliendo il più costoso dell’intera carta e di conseguenza il più importante. Si tratta di un Querciabella Batàr del 2013: di un colore chiaro brillante, al naso propone profumi di grano, propoli, miele e fiori di ginestra. Il palato, invece, si rallegra con un retrogusto di susina gialla e mela cotogna. Sapido e non granuloso chiude con un finale di spezie floreali.

Per quanto la location sia meravigliosa, sia internamente che esternamente, l’arredamento lascia un po’ a desiderare. Le sedie sono in plastica e ferro, i tavoli di un legno dozzinale, le tovaglie fin troppo semplici. Mi sarei aspettato qualcosa in più da un ristorante come questo.

Apro con l’antipasto. Anzi, ad essere precisi, un trionfo di antipasti. Le portate sono tante e ricche e propongono le pietanze più disparate: salmone con crema di zucca e mango, una tartare, pesce freschissimo e gustoso, una mozzarella di Bufala di Battipaglia, moscardini serviti con pizza croccante e maionese, un’insalatina di polpo e un dressing allo yogurt e avocado.

Proseguiamo con un risotto con gamberi, pistacchio e bottarga di muggine. Cotto a puntino e ben riuscito, lo trovo gustoso. Apprezzabile.

Chiudo con il dessert: un cremoso fatto in casa e al momento. La cosa è dimostrata dal fatto che ci vogliono circa dieci minuti per realizzarlo. Ottimo.

In conclusione dobbiamo dire che “Sibilla” è davvero un posto in cui vale la pena mangiare. O per il quale vale la “deviazione” per dirla alla maniera della Guida Michelin.

Nonostante siano da rivedere alcune cose, come ad esempio l’arredamento delle sale o il pane che non mi ha fatto per niente impazzire, a differenza della pizza croccante servita con l’antipasto, la sola location in cui è inserito questo ristorante (le rovine di un vecchio tempio) gli fruttano 5 barbe. Alla cucina, però, e purtroppo aggiungerei, non si può dare lo stesso giudizio: a parte il risotto, squisito, il resto non appare davvero all’altezza.

Voto finale: 3 barbe.

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