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Il ristorante “bianco” o “della famiglia Bai” è la scommessa della giovane imprenditrice orientale: in cucina un Maestro Sushi che parla solo giapponese

“La forza principale del Giappone sta nelle sue donne, uniche al mondo. Sono le donne che, col sacrificio della loro vita, rinunziano a tutto, alleggeriscono l’esistenza e danno la serenità e la forza agli uomini”.

(Ercole Patti)

Sabrina Bai ha 23 anni, parla tre lingue e ha già le idee chiare sul suo futuro. Nata a Brescia da genitori cinesi, si è trasferita a Roma dove ha preso in gestione il suo primo locale. Tra Campo de’ Fiori e Piazza Navona oggi c’è quello che lei stessa definisce “il mio piccolo Giappone”: Shiroya. Shiro e Bai, rispettivamente bianco e casa, utilizzano lo stesso ideogramma del suo cognome, quindi Ristorante della famiglia Bai o anche Ristorante Bianco. Il logo scelto è un airone con il becco in alto, simbolo di longevità, buona fortuna e pace.

“Sono cinese ma il mio menu è giapponese: in Italia ho trovato molto pregiudizio sulla qualità della cucina del mio Paese”. A differenza di metropoli come Londra o New York in cui la cucina cinese è identitaria di un intero quartiere, a Roma c’è ancora diffidenza a spendere bene per mangiare riso alla cantonese, involtini primavera, ravioli al vapore e non solo. Da sempre Sabrina è stata affascinata dalla civiltà nipponica tanto da aver voluto uno staff interamente giapponese “Per l’integrità e la serietà sul lavoro”. Tra le curiosità, Iio Hiroshi il Maestro sushi di Shiroya venuto in Italia appositamente per l’apertura che non parla una parola di italiano. Per questo ruolo specializzato ci vogliono anni di esperienza e nulla può essere lasciato al caso. Iio Hirosci lavora a vista sulla sala: qui prendono forma nigiri, uramaki, hosomaki e sashimi, quest’ultimo con salmone, tonno, sgombro, polipo e ventresca di tonno.

Sabrina ha voluto far conoscere una terra a noi così lontana e affascinante attraverso i suoi piatti, “interamente preparati a casa”, raffigurati su alcune tavolette di legno appese alle pareti. I punti di forza sono il Ramen e il Miso Ramen, realizzato con una tecnica antichissima, senza aggiunta di glutammato, in brodo di maiale cotto per 12 ore. Sfiziosi i donburi, citole da ricoprire di riso con diversi topping a scelta. Originale è la preparazione dell’anguilla sfilettata e servita appunto su del riso: non sempre si trova fresca, richiede molte ore di preparazione e costa.

Shiroya è un viaggio nella gastronomia giapponese al centro della capitale, guidato dai principi della propria cucina di bandiera: il rispetto dei tempi, l’equilibrio e l’autenticità delle tradizioni.

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