Le osterie in centro a Roma che non ti deluderanno, anzi! Veri e propri angoli del gusto tutti da scoprire
L’Oste ai Banchi: nuovo look ma vecchio stile
A Via dei Banchi Vecchi 140, pieno centro a due passi da piazza Navona, l’osteria cambia forma ma non sostanza. Un restyling del brand ma stesso focus: cucina romana della tradizione. La formazione: Maria Luisa Zaia in cucina, Marco Scarafoni in sala come sommelier e Massimo Pulicati itinerante come oste. Una squadra vincente consolidata nel tempo essendo Massimo e Maria Luisa una coppia nella vita e Marco un amico di vecchia data.
Aperti dal 2019, L’Oste ai Banchi si arricchisce del pay off “Banco, Cucina e Cantina”, a sottolineare gli elementi cardine del locale. Due le salette comunicanti che ospitano circa 30 coperti. Un ambiente informale con tavoli in legno e ferro abbattuto, piccole mensole con libri che hanno fatto la storia della cucina italiana e tanta convivialità frutto dell’estro dell’oste.
La missione è quella di far degustare la vera cucina romana non solo per i piatti più noti ma per le tante specialità peculiari della tradizione. Una vera vocazione che ha investito tutta la famiglia da quarant’anni essendo proprietari dell’Oste della Bon’Ora di Grottaferrata (dove in precedenza lavoravano) e della Bonora di Roma zona Tuscolana dove ora rispettivamente sono presenti i figli Flavio e Marco.
Nel menù troviamo specialità della casa: dal carcotto, rivisitazione della porchetta fatta con la punta del petto di vitello e riduzione di cesanese (una sorta di mix fra coppa e porchetta) alla crema Maria Luisa per i dolci. Un viaggio culinario dove l’oste accompagna i commensali alla riscoperta dei sapori di casa.
Oltre ai primi classici della tradizione troviamo il tonnarello con ragù di agnello e passito o ancora burro, alici di Menaica e polvere di pane ed erbe aromatiche del Pratone del Vivaro. Per i secondi abbacchio alla cacciatora, trippa alla romana e saltimbocca dell’oste con prosciutto di Bassiano D.O.L stagionato 18 mesi.
Le circa 150 etichette selezionate da Marco sono principalmente laziali, sia piccole realtà che grandi classici.
Il Marchese: tra nobiltà e autenticità
All’inizio di via di Ripetta, nasce nel 2018 Il Marchese, un ristorante ispirato alla celebre pellicola che più rappresenta Roma: Il Marchese del Grillo. Partendo proprio dal film il locale, pensato dai due proprietari Davide Solari e Lorenzo Renzi e progettato nei minimi dettagli da Delfina Caprio e Luca Gasparini, vuole rappresentare la Roma antica dell’Ottocento. Da una parte verace e popolare come il carbonaro e dall’altra nobile e ricercata come il marchese. Per chi ha visto lo storico film con Alberto Sordi sa di cosa sto parlando.
Si fondono due anime, una semplice e l’altra ricercata, unite da un bancone bar che attraversa la sala dedicato agli amari (tanto da essere il primo Amaro Bar d’Europa con oltre 600 etichette italiane) e una cucina a vista.
Sempre aperte le porte come a casa: non ci sono orari per mangiare o per bere. Una cucina immediata, autentica ma di grande qualità. Queste le parole chiave per esprimere l’identità dello chef Daniele Roppo.
Un menù definito tradizionale, non solo romano. Per gli antipasti non possono mancare la crocchetta di bollito con salsa verde come da ricetta della nonna di Daniele al baccalà servito a mo’ di crocchetta con una crema di ceci al rosmarino.
Oltre ai primi della tradizione romana troviamo uno gnocco con ragù di rigaglie e salsiccia o ancora un risotto allo zafferano, coda di manzo in umido e il suo fondo, omaggio all’ apertura a Milano, seguita sempre dallo stesso chef.
Tra i secondi un “filetto come saltimbocca”; una guancia di manzo, purea di sedano rapa e cavolo nero; un calamaro, broccolo, lardo e cipolle rosse.
I dolci, sempre fatti in casa dallo chef, sono grandi classici: tiramisù; pera al cesanese cioccolato bianco e crumble al cioccolato; tartelletta ricotta e visciole; mousse di cioccolato con latte di cocco, fruit passion e zenzero.
Come preannunciato, l’amaro e cocktail bar merita veramente una visita. Oltre alla grande varietà e bellezza, dietro le esperte mani del bar manager Fabrizio Valeriani c’è tanta competenza tesa ad offrire un’esperienza ad hoc.
Hosteria Grappolo d’Oro: insegna storica in centro
Qui siamo proprio nella trattoria di una volta. Campo de’ Fiori, punto di riferimento e di ritrovo senza tempo, offre negli anni sempre più insegne, ma quelle storiche come questa lasciano il segno.
Nonostante il cambio di proprietà negli anni 2000, dagli anni ’50 il focus dell’Hosteria Grappolo D’Oro resta lo stesso: piatti della tradizione romana e laziale.
Sono cinque i soci che con grande passione portano avanti l’attività: Edoardo Micozzi, Antonello Magliari, Andrea Liguori, Simone Angelucci e Luca Tenderini.
Una cucina basata su prodotti stagionali di piccoli produttori e presidi slow food. Ricette della tradizione che trovano qualche rivisitazione contemporanea da parte dello chef Antonello Magliari.
É possibile ordinare dal menù alla carta o seguire il “percorso romano” con i grandi classici. La seconda opzione prevede un tris di antipasti, un primo, un secondo e il dolce ad onestissimi 34 euro a persona.
Troviamo antipasti come il baccalà mantecato con julienne di zucchine romanesche, il millefoglie di burrata e alici e le polpette di bollito con salsa verde. Magnifici i fuori menù stagionali come la coratella con i carciofi o i carciofi alla romana.
Tra i primi, oltre alla triade classica (rigorosamente con pasta Cavalier Cocco), spicca la pasta fresca fatta in casa come i ravioli del giorno o le fettuccine con sugo di involtini o gli strozzapreti al sugo di baccalà, pomodori arrosto e olive.
Tra i secondi baccalà alla romana, polpette al sugo, petto di vitella alla fornara e varie di pesce. Il tutto con contorni della stagione come cicoria ripassata, scarola brasata con olive di Gaeta e capperi e verza rossa stufata.
I dolci sono da sottolineare: tiramisù, la coppa di zabaione al marsala Vecchio Florio con croccante di frutta secca (anche in versione maritozzo, speciale!) e una torta di mele e zenzero servita con crema alla cannella.
La cantina lascia spazio a vini laziali senza però dimenticare bollicine italiane e francesi ed etichette non convenzionali di tutta Italia.
Aventina: la bottega a due passi dal centro
Si definisce un po’ troppo modestamente una bottega di quartiere ma è qualcosa di più. Tra il Circo Massimo e la Piramide Cestia, Aventina propone un format perfetto sia per il pranzo che per la cena.
Una ricerca estrema che parte dal banco e che arriva al piatto. Solo eccellenze in ogni proposta. Una selezione da acquolina di formaggi e salumi (di tutta la gastronomia in generale), fino alle carni italiane e straniere visibili in vetrina e potenzialmente acquistabili (da asporto o servite al tavolo). Così come tutti gli altri prodotti di alta qualità esposti nel locale.
Effettivamente un sogno. Un punto vendita dove poter selezionare le cose che più ci piacciono e poterle mangiare preparate e cucinate direttamente nello stesso posto.
Inventore e proprietario è Andrea Ceccarelli, un imprenditore immobiliare che ha voluto ridar vita alla bottega, alla prossimità, al quartiere, un concetto che si era superato ma di cui abbiamo sentito una forte esigenza durante la pandemia e che forse abbiamo riscoperto. Un valore aggiunto per l’acquisto al dettaglio e per il consumo in loco della zona.
La cucina, superato l’antipasto dove penso sia di dovere un tagliere, è incentrata sulla selezione delle carni. Troviamo dalla fassona piemontese di Oberto alla sashi finlandese, alla wagyu, alla rubia gallega spagnola fino al coniglio. Carni cotte con l’uso della cbt o del broiler, ossia una griglia professionale su tre pietre ollari incandescenti per garantire una cottura perfetta e salutare.
Ma non c’è solo carne, tante le proposte nel menù del nuovo e giovane chef Andrea Serena.
La cantina è curata dalla sommelier Bianca Maria Malagoli e accoglie circa 400 etichette. In maggioranza troviamo bottiglie italiane ma anche francesi, slovene e tedesche dando ovviamente largo spazio ai rossi che più si sposano con l’offerta food.
Osteria Fratelli Mori: tradizione romana a Piramide
Roma, famiglia e poesia. Queste le prime tre parole che vengono in mente quando si racconta dell’Osteria Fratelli Mori. Perché?
Tutto nasce nel 2004 grazie a papà Ambrogio, mamma Giuliana e i figli Alessandro e Francesco che hanno da subito proposto una cucina romana, autentica. E con lo stesso spirito è stata arredata la sala, con scritte sulle pareti appartenenti ad un gruppo di street poets, i Poeti del Trullo. Una Roma raccontata con versetti romaneschi, per noi romani, da veri e propri ultimi romantici.
Così in un clima informale e conviviale nonostante l’ampiezza della sala con circa 120 posti, la cucina racconta la propria filosofia. Devozione verso la tradizione ed attenzione all’utilizzo della materia prima. Fornitori fissi e di alta qualità, su questo i fratelli Mori non transigono.
Il menù è studiato da Alessandro e Francesco e parte con gli antipasti tra cui baccalà mantecato, fiore di zucca, polpette di coda, mozzarella in carrozza ma anche lingua arrostita con verdure in agrodolce e tanto altro.
Per primi piatti, oltre al trittico romano, troviamo un’ottima genovese di coda, spaghettone di burro e alici e fettuccine guanciale, carciofi e pecorino. Tra i secondi polpette di bollito, guancia di maialino iberico, agnello e varie proposte in base al giorno della settimana.
Per i dolci fatti in casa come torte e crostate devono il merito alla mamma Giuliana e per la ricotta di bufala, scorza di arancia candita e pistacchio caramellato all’idea del papà Ambrogio.
Per i vini ci pensano i fratelli Mori entrambi sommelier. Etichette laziali, biologiche e naturali.