Apre Rovente a San Lorenzo: selezioni uniche dello chef Diego Beretta
Apre a San Lorenzo una meta da segnalare per gli amanti della carne, Rovente – osteria con brace.
Un ristorante pensato da Diego Beretta e Rosa Di Pierro, compagni di vita e rispettivamente chef e capo sala di questo locale.
Un arredamento moderno, pulito che stacca dai muri più rustici dove troviamo bottiglie incastonate in ogni dove. Nel complesso un’atmosfera calda in uno spazio che si snoda in tre sale di dimensioni diverse. Sedute comode e tavoli ampi che permettono la condivisione delle portate.
Appena si entra sulla sinistra è subito visibile la cucina con la griglia ardente (per non dire rovente) a vista.
La novità di Rovente
Il prodotto simbolo del locale è la vaca vieja gallega. Una carne che non necessita di frollatura. Perchè?
Innanzitutto che cos’è la frollatura? La frollatura è una tecnica per ammorbidire le fibre della carne a seguito della macellazione, dopo la quale si innesca un processo di irrigidimento dei tessuti. A temperatura, umidità e areazione controllate, la carne viene lasciata ossidare. Necessario anche per strutturare il sapore e il gusto stesso della carne.
Tutto perché un po’ per “cultura”, un po’ per approvvigionamento, i capi di bestiame vengono uccisi dopo tre anni e mezzo (circa 40 mesi). Di conseguenza l’animale non raggiunge la completa maturazione e lo stesso vale per la carne, la quale deve seguire il processo di frollatura.
La vaca vieja rappresenta dunque un approccio diverso alla cultura della carne. In Galizia, terra di provenienza di questa selezione, gli allevatori fanno crescere gli animali dai 12 ai 24 anni per poi sacrificarli. Questo è il termine usato. I bovini vivono allo stato brado, vengono considerati come animali di casa. Il sapore della carne è più strutturato poiché l’animale stesso è più maturo, dopo aver trascorso una vita degna di essere chiamata tale. Lo Stato stesso incentiva questo tipo di allevamento erogando dei fondi.
La selezione della vaca vieja “clandestina”, così definita dallo chef, proviene da altri Paesi che utilizzano la stessa filosofia galiziana e basca. Ciò avviene in Spagna e in Germania. In Italia c’è stato un tentativo in Sardegna senza però attecchire.
L’approccio dello chef
L’approccio, che ne rappresenta l’obiettivo, è quello dell’autenticità del gusto. Anche la stessa vaca vieja rappresenta non solo una scelta etica, ma una ricerca di un sapore autentico, privo di alterazione microbica. L’unico passaggio è quello degli ultrasuoni evitando lo scarto e la perdita di liquidi delle carni stesse.
Questa filosofia si evidenzia anche dalla selezione dei salumi d’eccellenza. Un tagliere composto da Jamon de Vaca, Speck Riserva Oro, Salame di Montisola, Culaccia di Soragna, Porchetta di Oca, Mortadella La Favola, accompagnati da gnocco fritto e perle di aceto balsamico di Modena.
L’attenzione per i dettagli parte dal cestino di pane (pane bianco a fette servito tiepido; pane ai sette cereali; bottone o bun al carbone vegetale; bun di diverso colore in funzione della filosofia zero-waste, utilizzando le acque di cottura della cucina come zafferano, piselli, carciofi, pomodoro) servito con del burro francese.
La selezione della carne spazia dalla Vaca Vieja (servita come fiorentina con l’osso; senza osso per la selezione clandestina; come tataki nella versione entrecôte), alla Tomahawk irlandese, fino alla Danish Crown. Tutto esclusivamente alla griglia (o come da menu, al “carbone”). Altrimenti nella sezione “in padella” troviamo il maialino, il galletto e la scottadito.
Non solo carne..
Lo chef lombardo raccoglie la sfida di proporre dei primi piatti romani (e non) e delle rivisitazioni degli stessi. Pasta fatta in casa o del Pastificio dei Campi.
Amatriciana carbonara e cacio e pepe le definisce “il triangolo delle bermuda” dove sperimenta giocando con la fantasia e i colori. Come per la carbonara trasformata in carbonera, utilizzando una pasta nera al carbone vegetale o destrutturata nel tortellone carbonaro (sempre al carbone vegetale) ripieno di crema alla carbonara con sopra crumble di guanciale, spuma di pecorino romano, aria al pepe nero e bottarga di uovo. O ancora nella quasi gricia con trottole di Gragnano, cacio, pepe e petali di filetto di cinta senese semiessiccato.
I dolci invitanti e sfiziosi come il tiramisù (un bignè ripieno di crema al mascarpone, glassa al coulis di caffè e filamenti di caramello) e il mont blanc (una semisfera di meringa, crema pasticciera, lampone e pasta di marron glacé).
Il tutto accompagnato da una carta dei vini medio-alta curata da Rosa. Per i curiosi ecco a voi il menù!