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Un omaggio raffinato alla cultura giapponese. In un scenografico edificio liberty di quattro piani si sviluppano format differenti, per stile, design e atmosfera. E le proposte di food e beverage sono ben caratterizzate

Premessa doverosa: non sono solito “scegliere” per questa rubrica ristoranti in cui l’aspetto trendy e modaiolo travalica o sorpassa la qualità della cucina, relegandola a un ruolo secondario.
Mi spiego meglio: ai ristoranti che vengono frequentati soprattutto dalla clientela che ama “farsi notare” preferisco quelli in cui si fanno notare i piatti, per la loro bontà e per la loro bellezza. Beh, Ronin rappresenta entrambi questi valori, perché è un locale di successo (prenotare almeno un mese prima) ma anche un luogo di cucina ben strutturata, più che ragguardevole, in alcuni casi eccelsa.

Ronin di Milano, ricerca delle materie prime

Sì, perché il milanese Ronin esprime in modo straordinario la combinazione di diversi aspetti: taste & trendy verrebbe da dire. Ovvero, da Ronin l’ attenzione alla qualità estrema e ricercata delle materie prime e delle tecniche di cottura e servizio, va di pari passo con la tendenza “hot”, in una sorta di offerta eclettica, versatile e rivoluzionaria nei toni, nei sapori, nei colori, nella musica, nell’espressione artistica.
A questo va aggiunto un servizio particolarmente gentile e personalizzato, aspetto che proprio non guasta in questi tempi di generale peggioramento della qualità della sala, legato ai noti problemi di personale qualificato.
Diciamo che, questa volta, la nostra “Choice” è dunque caduta su un luogo il cui “piatto-bandiera” si chiama atmosfera: un’atmosfera resa ancora più importante da una linea di cucina particolarmente interessante. E che che ben si adatta a molteplici occasioni, dalla cena intima alla serata conviviale tra amici, all’esperienza gastronomica individuale, alla cena d’affari.
In un certo senso, Ronin è la “luna elettrica che brilla nel cielo di Milano”, come si legge in una presentazione del locale, fatta all’apertura, a inizio anno. Tutto parte dalla constatazione di una evidenza che, ancora prima che gastronomica, è sociale. Nella città d’acciaio sembra non esistere più alcuna distinzione tra gaikokujin (ovvero i forestieri, usando uno slang giapponese) e indigeni.

Ronin, una proposta trasversale

Da questa base si sviluppa la proposta trasversale di Ronin. La cultura giapponese e quella italiana procedono dunque in sincrono: nessuno a Ronin può considerarsi straniero, né si sente tale. “Una sorta di tempio in cui avviene un. Ero è proprio  pastiche post-moderno, la nuova Futurama, la più luminosa finestra sul mondo di domani…” ci dice il collega Guido Bernardi che ha fatto di Ronin il suo benchmark di ristorazione contemporanea.
Cinque anni di studio e ricerca hanno dato vita a quattro livelli di questo palazzo nel dinamico quartiere di Chinatown, in zona Sempione-Paolo Sarpi.
“Un risveglio a Tokyo in una delle zone più popolari di Milano creato da tre imprenditori, veri gaijin-san. Un varco spazio-temporale che unisce oriente ed occidente, tradotto in un viaggio in stile Retro Futurism che guarda al futuro e al passato, ma è fortemente radicato nel presente” aggiunge Guido.
Solo entrando nella palazzina illuminata con le tonalità shocking del rosa ci si rende conto di una realtà completamente atipica per Milano. Troppo avanti? Troppo audace? Troppo estrema? Provare per capire, per credere, per condividere. Senza diffidenze né pensieri preconcetti.
Il gruppo Salva Tu Alma ha curato anche il restyling della piazza fra via Alfieri e via Canonica su cui si sviluppano i quattro livelli, autentici e multiformi, ognuno di essi simbolo di una Milano/Tokyo diversa e lucente.
Al piano terra, l’Izakaya del Piccolo Ronin: un luogo di passaggio, rapido, dove mangiare piccole chicche della cultura gastronomica giapponese e bere veloci drink alcolici nell’atmosfera loud vibes del Listening Bar “curated by Ultimo Tango”.
Salendo al primo piano si entra nel Robatayaki di Ronin: a colpi di shabu shabu, dove lo chef romano Gigi Nastri comunica con le mani, con il fuoco (Robata è il nome della griglia giapponese) e con la materia cruda del Raw bar. Qui si vive l’ esperienza di una cucina vera, con tanto di Chef’s table, in una sorta di fine dining che riesce a trasformarsi (sul filo dell’estremo) in uncooking show permanente.

Proposta gourmet

L’anima gourmet delle proposte food sta in un ordinato menú che parte dal Sashimi Ronin, ricco e intrigante, per arrivare a Uramaki di melanzane affumicate, Uramaki di tonno rosso e foie gras, Nigiri di gambero blu passando poi a a Gyoza formidabili ( ai carciofi, al pollo Yakiitori, all’anguilla affumicata) e raggiunge poi il capitolo carne: ottima la Bavetta di manzo alla cenere, così come la mitica Wagyu, proposta in diverse varianti.
Noi abbiamo preferito la Ribeye fa 250 grammi ma anche il Controfiletto si presentava succoso e sgargiante. Robata è il cuore caldo di Ronin, il fuoco vivo che riscalda gli animi degli avventori. E riesce a soddisfare anche le aspettative dei più esigenti cercatori di sapori veri nel piatto.
Al secondo piano, su 200 metri quadrati, quattro salette private karaoke per abbandonare corpo e mente e ritrovarli nel canto a squarciagola e nelle proposte food & beverage a base di premium spirits, cocktail & sake bar. In tutte le sale è possibile ordinare il meglio di late night drinks e creazioni di mixology in puro stile “notti a Shinjuku”, curate dal bar manager Riccardo Speranza. Sullo stesso piano, l’altra faccia dell’ultra tradizionalismo Giapponese: l’Omakase, vera e propria boutique dinner experience partita nella seconda fase del progetto, con le suggestioni da remoto del Maestro Katsu Nakaji, lo chef leggendario di Tokyo, e che vede oggi l’alternativa di chef italiani alla guida della cucina. Omakase roulette ha visto, ad ottobre, alternarsi chef italiani ai fornelli, con la presenza di professionisti della cucina ora estrosi ora bizzarri.
Ma Ronin è anche un Member’s Club, un club privato in perfetto stile britannico. Uno spazio ovattato, riservato ed esclusivo, in linea con le nuove tendenze in atto (vedi il Cipriani di via Palestro, il cui accesso è riservato ai soci).
Ronin è il nuovo ponte immaginifico tra qui e l’altrove, una strada in cui perdersi inebriarsi e ritrovarsi”, continuo a leggere e, in un certo senso, mi sento di confermare, dopo la prima e la seconda visita.
Ronin è il ricordo vibrante di un viaggio da cui torni con idee diverse sulla ristorazione. “Si varca la porta e per qualche ora ci si sente lontani, lontanissimi, come se ci si fosse trasferiti in un altro mondo,” ci dice una ragazza che, da quando ha scoperto Ronin, ne ha fatto il proprio luogo di riferimento in città. Un mondo lontano, certo: non sappiamo se necessariamente migliore di altri, ma diverso, diversissimo, luminoso, vivo, fantasmagorico. Lontano dalle omologazioni e, al tempo stesso, almeno fino ad ora, “integralmente” immune da imitazioni e scimmiottamenti. Ci pare già un buon risultato.

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