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Eventi

Pietro Volontè trascorre la sua pausa invernale… al lavoro

By Febbraio 4, 2019No Comments

Alta ristorazione e hotellerie di lusso: l’instancabile chef di Villa Belrose di Saint Tropez ci ha regalato due cene a quattro mani a distanza di pochi giorni. Prima tappa a Campione d’Italia, poi Milano. Curiosi?

Se per tutto il secolo scorso, l’alta ristorazione e l’hotellerie hanno viaggiato su due binari paralleli, nel nuovo Millennio è proprio la cucina il biglietto da visita nel mondo dell’hospitality. Negli ultimi anni il fine dining, infatti, è sempre più contestualizzato all’interno dell’hotel e sta avendo una forte risonanza, senza considerare che molti ristoranti stellati hanno alle spalle la solidità di un importante gruppo alberghiero.

Sempre più un’esperienza, più di un semplice pasto. Noi vi raccontiamo due casi su tutti, in cui l’alta ristorazione, nutrendosi di vita propria, si sta distinguendo come valore aggiunto del proprio hotel. Ed è stato proprio l’Excutive Chef di uno degli alberghi più blasonati della Costa Azzurra a lanciare una doppietta di cene 4 mani. Lui è Pietro Volontè, cuoco dell’Althoff Hotel Villa Belrose di Saint Tropez, altra fuga di cervello all’estero che quando può torna in Italia per mettersi al servizio della nostra ristorazione.

Noi l’abbiamo seguito in entrambe le tappe. Ma partiamo con ordine…

Campione d’Italia. “Lugano addio, cantavi/mentre la mano/mi tenevi” gracchiava la radio, una quarantina di anni fa, rimbalzando una canzone di quel genio di Ivan Graziani. E noi, non possiamo fare altro che imitarla. E’ inevitabile. Specie ci si ritrova a camminare, pensierosi, sulle sponde del Lago di Lugano, splendido panorama su cui affaccia l’hotel Melia di Campione d’Italia. La struttura extra lusso, dotata di camere meravigliose, sale stupende e anche di una rilassante SPA interna, dal mese di novembre, ha deciso di collaborare con Bernard Fournier. Dopo la chiusura del Casinò (tra l’altro il più grande d’Europa), una delle poche attrazioni per i turisti è proprio il ristorante stellato dell’eclettico e simpaticissimo chef francese. Il Da Candida da decenni, ormai, è un’istituzione in questi luoghi. Non solo per la cucina di Fournier, la produzione di foie gras e la location ma anche per la capacità di attrarre turisti da ogni lato dell’Europa.

Perché non provare a portare tutta questa qualità, anche nell’hotel del gruppo Melia distante solo pochi chilometri dal locale stellato? Questo deve aver pensato Luca Barion, resident manager della struttura alberghiera di Campione, tanto da chiedere a Fournier una collaborazione per il ristorante ospitato all’interno dell’hotel: il Conte Rossini. Il cuoco francese, in società con il suo storico sodale Luciano Tona, non se lo è fatto ripetere due volte e all’interno delle cucine ha “inserito” uno dei suoi allievi: Edoardo Savino. Proprio il resident chef del Conte Rossini, in collaborazione con Pietro Volontè, è stato protagonista di una strepitosa cena a quattro mani. Cinque portate (più il dolce e la piccola pasticceria), accompagnate dall’abbinamento con i vini, selezionati da Marco Pisoni, uno dei leader dell’omonima azienda agricola, storica cantina trentina. Dopo il classico aperitivo di benvenuto, accompagnato da un calice di ottimo Champagne Abele, si è partiti con la cena vera e propria. Volontè ha aperto con un benvenuto: Vellutata di topinambur, scampi, emulsione al latte di cocco e lemongras. L’idea era quella di sfruttare il retrogusto del topinambur (molto simile a quello del carciofo) e mescolarlo con una tecnica “thai” per l’emulsione del latte di cocco con lemongrass. Poi il primo piatto di Savino: Uovo marinato, mandorla e cardo gobbo e taleggio. Si è proseguito con Risotto vialone nano al nero di seppia, pompelmo e caviale di melanzana: il vialone è una tipologia di riso che chef Volontè usa ormai da diversi anni, in più questo è un piatto che lo chef conosce bene. Lo faceva già a Saint Tropez, ed era molto apprezzato dai clienti di Villa Belrose. Continuiamo con Luccioperca caviale e cavolfiore: l’abbinamento con il vino, di entrambi i piatti, ha visto versato un Mesum 2017 peril primo e a un Nosiola 2017 per il secondo.

Per chiudere il Petto d’anatra al profumo di alloro, millefoglie di patate e tartufo nero, purè di pastinaca, cerfoglio tuberoso e salsa Madeira (firmato Volonté ed omaggio a Fournier) e il dolce: liquirizia, limone e cioccolato, realizzato invece da chef Savino. Un buon caffè e tutti a nanna, nelle lussuosissime camere del Melia. La stanza profumata, addirittura la possibilità di prepararsi un caffè a cialde, gli accessori di ogni sorta in bagno e lo strepitoso scenario del Lago di Lugano. Ecco: ricordiamo risvegli peggiori…

“Milano, sono tutto tuo”. Da Ivan Graziani ad Alberto Fortis, il passo è breve. Per epoca e sonorità. “Milano e Vincenzo” cantava uno dei più sottovalutati cantautori italiani. E’ la città nella quale approdiamo: cuffie alle orecchie e biglietto del treno in mano. Il bello e il brutto del nostro mestiere è proprio questo: essere molto spesso in viaggio. Per cui lasciata Campione d’Italia eccoci tornare verso la città della moda dove ci aspetta un’altra seratina niente male. Una cena a 4 mani giocata sulla contaminazione, senza protagonismi di sorta. È successo a Milano, allo Sheraton Diana Majestic, dove l’Excutive Chef Luca Nania ha dialogato con Pietro Volontè, perché la complicità in cucina è necessaria. Prima di raccontare quello che è successo al Diana, la descrizione di questo fascinoso luogo merita una menzione speciale.

Hotel secolare. 110 anni di storia. Lo Sheraton Diana Majestic nel 2018 ha festeggiato il suo compleanno pluricentenario con un banchetto in stile Belle Epoque studiato per ricreare lo stesso menu servito nel lontano ottobre 1908. Quelli che dal 1842 sono stati riconosciuti come i primi bagni pubblici in Italia, nel corso del Novecento hanno visto una crescita esponenziale grazie alla costruzione di questo hotel. A conferire prestigio ed esclusività a questo luogo, non solo il fatto di essere stato crocevia di importanti firme della moda, di grandi penne del giornalismo e personalità istituzionali ma anche il vanto di aver dato i natali alla Scuola di Cucina Italiana di Orio Vergani nel 1953. La cucina è sempre stata il fiore all’occhiello del Diana e dal 2018 la proprietà sta concentrando tutte le sue forze per rilanciare questo servizio ed è voluta ripartire proprio da Luca Nania, chef con esperienze internazionali, protagonista di ben tre aperture di alberghi di lusso nel continente asiatico. Ha vissuto 13 anni in Cina, tre dei quali trascorsi al JW Marriott Beijing al fianco del collega Leo Cao che gli trasmesso la cultura e la tradizione della tavola cinese.

La cena. Con Pietro Volontè è riuscito a creare un percorso degustazione a 4 mani, giocato sulla capacità di contaminarsi a vicenda e che si è concretizzato in piatti colorati e di carattere. Insieme hanno studiato un menu da sei portate che si apre con il benvenuto del resident chef e consistente in una Tartare di gambero rosso di Mazara, cioccolato, zucca e foie gras d’anatra. “Winter Stone”, così Luca nomina il suo benvenuto invernale, molto intuitivo e, ci svela, cambiato in corso d’opera ma è proprio questo il bello della diretta che mette alla prova anche la bravura del vero professionista. Lo chef naturalizzato francese apre, invece, la cena con le sue Capesante, topinambur, scorza nera, pioppini e salsa al chorizo. “Ho scelto questo mollusco perché amo le capesante”. L’unico primo della serata è il Pacchero rosso ripieno con mousse di crostacei e caviale Beluga di Luca Nania che ha dimostrato tutte le sue competenze tecniche trasformando una noiosa pasta saltata con gli scampi in un pacchero di triplo concentrato con una mousse che ha richiesto quasi due giorni di preparazione. “Una mousse calda con i crostacei è difficile da gestire. Ho preparato una bisque di scampi, l’ho frullata e filtrata, portata a 50° e addensata con agar agar; poi ho completato a bagnomaria mantenendola a 50°”.

Poi arriva il signature dish di Volontè che si materializza nel Filetto di San Pietro, guacamole, peperoni marinati, salicornia e salsa Bouillabaisse. Lo chef continua a dare prova di grande abilità tecnica e padronanza della materia prima. Porta un po’ di Sud della Francia nel suo piatto trasformando la Bouillabaisse, tipica zuppa di pesce della Provenza, nell’omonima salsa. Con l’ottima cottura del Wagyu cube roll M6+ Australia, patate novelle con cipolla di Tropea caramellata Luca rende giustizia a un pezzo di carne così pregiato, razza di manzo patrimonio nazionale giapponese. “Non uso spesso la Wagyu perché costa tanto. Non mi aspettavo di leggere in etichetta un livello di marezzatura così alto. Stiamo tra 6/7: dopo l’8 costa 200 euro al kg”. Il dolce per Pietro è sinonimo di freschezza e di stagionalità: il suo Pompelmo, emulsione al cocco, panna cotta, vaniglia e terra di cioccolato al fior di sale chiude il cerchio e accompagna verso la piccola pasticceria. Tutti gli abbinamenti con i vini sono stati studiati insieme all’enoteca milanese La Cieca, storico luogo che ospita delle curiose degustazioni bendate e organizza corsi per imparare a conoscere e apprezzare il mondo del vino.

Andrea Martina Di Lena
Gabriele Ziantoni

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