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Pastiera. Arriva in libreria il libro di Stanislao Porzio, un racconto antropologico del dolce pasquale italiano

Chi nasce a Napoli sa che la settimana santa per ogni napoletano/a è rimandare qualsiasi appuntamento: “Scusa, ma sono chiusa in casa, sto facendo la pastiera”. Ognuno ha la sua ricetta: più o meno grano, con o senza canditi, millefiori vs fiori d’arancio e così potremmo continuare all’infinito. Perché quando si parla di pastiera, in realtà si toccano corde che vibrano proprio di infinito.

Lo sorso 13 aprile, Stanislao Porzio, (ideatore del concorso Re Panettone, Regina Colomba e Regina Pastiera), ha presentato a Milano il suo libro sulla pastiera. Una monografia con cui in realtà è andato ben oltre una delimitazione storico-temporale della stessa, ma che gli ha permesso di tracciare un percorso antropologico vero e proprio.

Intervista a Stanislao Porzio

Da dove nasce l’idea di un libro sulla pastiera?

Per rispondere ti leggerò un passo dal libro: “L’idea del libro è nato in un periodo molto fosco: tra gennaio e febbraio 2021 quando ancora eravamo lontani dal capire come sarebbe finito con il covid 19”. Questo l’ho scritto il giorno in cui ho consegnato il manoscritto all editore. “Il primo che ringrazio non è di certo il covid 19, ma quell’istinto di sopravvivenza che viene fuori quando tutto il resto rema contro, istinto che ti porta a anche a chiederti chi sei e da dove vieni. Ringrazio Salvatore che racconta che la pastiera ha a che fare con confort zone”. Per uno nato a Napoli sì nella pastiera ci si rifugia un po’.

Piatto della tradizione è il sapore che riporta a casa, lo ritieni giusto?

Io trovo i piatti della tradizione estremamente più stimolanti e più interessanti di tutto quello che si fa quotidianamente. Le tradizioni sono dense e piene di umanità, di granlunga più interessanti e stimolanti di tutto il quotidiano che resta come derivato della tradizione. Tanto per essere preciso sulla dialettica tradizione/presente, argomento che mi sta a cuore, vedo il presente come l’ultimo anello della storia con la S maiuscola, ma anche di ogni storia specifica, come quella di una specialità gastronomica. Per questo mi sembra che il piatto della bilancia di tutto quello che è stato pesi molto di più rispetto a quello di ciò che è ora. Purtuttavia, sono anche convinto che un piatto tradizionale sia un’innovazione ben riuscita; per cui, massimo rispetto anche per il presente, dal quale può sempre spuntare un nuovo classico.

Da organizzatore del concorso Regina Pastiera hai potuto confermare che oggi la pastiera è entrata nella tradizione pasquale non più solo campana ma italiana. Un po’ come è successo con la pizza, per cui si parla di universalità,  possiamo parlare di universalità della pastiera?

Dipende da diversi motivi, sicuramente è un dolce che da una parte si annuncia come familiare: ad un occhio non campano, ricorda una crostata. La familiarità è il primo elemento. Oggi credo che è universalmente riconosciuta per il suo essere molto primaverile. Il succo della pastiera è questo: uno scrigno di impasto che contiene del grano intero più vicino possibile alla sua forma naturale, quindi quel chicco intero. L’idea del dolce è quella: grano intero all’interno di grano macinato (farina).

Quali sono state le sfumature in cui sei caduto nella stesura del libro?

La sfida è stata quella di ricostruire tutte le apparizioni più antiche della ricetta, la più antica è del 1692, ma anche andare alla scoperta della parola stessa per capire quando fosse documentata la sua esistenza. Sono andato a dissodare fonti che di solito chi si occupa di gastronomia non utilizza. Ho letto libri di filologia, letterari che mi hanno rivelato cose interessanti. Non è facile perché non è un argomento così codificato! 

Il libro La Pastiera di Stanislao Porzio vi aspetta in libreria o online.

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