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(Le puntate precedenti:123, 4, 5, 6, 78, 9 e 10)

Del fil di ferro dentro la gola. Una morsa a stringermi le meningi. Una molletta chiusa alla base del naso. Milioni di spilli infilati in tutte le giunture del mio corpo, persino la più piccola. Un ondeggiare del mondo, ogni qual volta decido di poggiare un piede a terra. Ma mica per fare dei chilometri, eh. Magari solo per raggiungere il bagno.

D’accordo. Ho capito. Day off per me. L’Uomo delle Stelle si è preso un bel raffreddore. Ve l’avevo detto anche nel blog precedente che non godo di una salute così salda…

Le chiacchiere stanno a zero, c’è poco da fare: è tempo di rimanere a casa, al caldo del piumone e prendersi un giorno di meritato riposo. Tanto non potrei fare altro. Né lavorare, che nel mio caso significa prima mangiare e poi scrivere, attività assolutamente bandite nella mia condizione. Né viaggiare. Mi ci vedete a prendere un treno, un aereo o anche solo il taxi dovendo tenere sempre un fazzoletto davanti alla bocca, per evitare di far vedere a tutti il mio naso screpolato e gli occhi lucidi? Non direi.

Al netto di tutti gli “acciacchetti” che un’influenza di stagione porta con sé (devo aver pagato la stanchezza e i cambi climatici improvvisi, tipo il passaggio dal caldo umido asiatico al freddo polare di San Cassiano), devo dire che mi piace rimanere a letto con qualche linea di febbre. Per una volta posso rilassarmi, lasciarmi andare. Ascoltare un po’ di musica. Leggere un bel libro. Recuperare puntate di Serie Tv che magari ho perso a causa dei miei spostamenti.

Solitamente mi bastano ventiquattrore per tornare in forma. E’ successo anche stavolta. Niente di male. Ho dormito molto e ho riordinato le mie cose. Ho avuto tempo di svuotare la mia valigetta: lo faccio solo quando rientro a casa e, il più delle volte, quindi, dopo diversi mesi. Oltre alle vecchie copie di So Wine So Food e ad un’infinità di cavi per ricaricare lo Smartphone (il mio incubo più grande è vedere il telefonino spegnersi per la batteria scarica), ho trovato anche gli scontrini degli ultimi ristoranti visitati. Specialmente quelli asiatici. Il pensiero è sorto spontaneo: quant’è che non parlo del rapporto qualità-prezzo dei locali in cui ho mangiato? Tantissimo. Più di due mesi. E’ tempo di tornare a farlo. Anche perché sta per cominciare l’ultima stagione (l’ottava) di Game of Thrones. Lo sapete no? L’Uomo delle Stelle paga sempre i suoi debiti…

Le Palais (Taipei – Taiwan): il ristorante dello chef Ken Chan è l’unico tre Stelle Michelin di Taiwan. Impossibile, dunque, fare un paragone con locali del medesimo spessore nella stessa nazione. Non sono andato solo: eravamo in due. Abbiamo speso 11400 dollari taiwanesi. Praticamente 316 euro da dividere. Non male, anche perché nel conto va calcolato anche un piatto non previsto nel menù: la baby duck.

Rapporto qualità-prezzo, voto: 8

Ultraviolet (Shangai – Cina): inutile che vi ricordi l’esperienza che ho vissuto nel ristorante di Paul Pairet. Pazzesca. Fantascientifica. Come il conto: 12500 Renminbi, la moneta cinese, equivalente a 1580 euro da dividere in 2. Praticamente 800 euro a testa. Un po’ troppo nonostante il posto straordinario.

Rapporto qualità-prezzo, voto: 7

Gaon (Seoul – Corea del Sud): gestito dalla società KwangJuYo, il cui core business è la ceramica, il ristorante tre stelle Michelin dello chef Kim Byung-jin ha come obiettivo quello di promuovere la cucina coreana nel mondo. Una cena da Gaon, sempre in due, costa 580000 Won Sudcoreani: 452 euro da dividere. Tutto sommato ci siamo.

Rapporto qualità-prezzo, voto: 8

La Yeon (Seoul – Corea del Sud): così come il Gaon anche La Yeon si trova a Seoul e quindi in Corea del Sud. Qui un pasto costa ancora meno: 375000 Won Sudcoreani, quindi 292 euro da dividere per due. Il prezzo appare abbordabile e onesto. In più si mangia bene e si beve ancora meglio. Ricordate la bottiglia che ho preso?

Rapporto qualità-prezzo, voto: 9

St. Hubertus (San Cassiano – Italia): tre stelle Michelin da un paio di anni, nel ristorante di Norbert Niederkoffler sono tornato alle origini. Ho mangiato da solo. E ho speso 265 euro. Compresi anche due bicchieri di vino niente male. Siamo in media: il voto non può che essere alto.

Rapporto qualità-prezzo, voto: 7.5

Caprice (Hong Kong): ospitato all’interno dell’Hotel Four Season, il Caprice è un ristorante francese nel cuore di Hong Kong. Ricordo che questa cosa mi diede un bel senso di straniamento. Un po’ come il conto: 5494 dollari del posto, equivalenti a 620€. 310 a testa calcolando che eravamo in due. Per carità: menù ottimo, location fantastica e servizio di livello. Ma francamente abbiamo pagato un po’ troppo…

Rapporto qualità-prezzo, voto: 7


 

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due × due =

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