In una intervista esclusiva a So Wine So Food lo chef numero uno al mondo secondo la classifica dei Fifty Best si racconta
Quando lo abbiamo raggiunto al telefono, Mauro Colagreco è appena rientrato da Singapore, dove il suo ristorante, il Mirazur a Mentone, è stato proclamato il migliore del mondo nella classifica dei 50 Best Restaurants. È ancora all’aeroporto, ma perché aspetta i genitori dall’Argentina, arrivati per i festeggiamenti del figlio.
Un anno senza dubbio da incorniciare per il cuoco sudamericano, che aveva da poco visto cucire sulla sua giacca la terza stella della Michelin (la prima volta per uno chef non francese in Francia). Lo ha ricordato anche durante il discorso al teatro del Marina Bay dove è stato incoronato: “What a year!”, che annata.
Su quel palco era esplosa la sua gioia, per il “coronamento – ha detto – di quasi trenta anni di lavoro” (il mestiere di cuoco inizia molto giovane per chi ha le idee chiare fin da bambino, ndr) che lo ha portato a 43 anni sulla vetta del mondo gastronomico. Felicità che ha condiviso con tutto il team di cucina e con sua moglie Giulia e che è stata simbolizzata nello speciale patchwork sventolato in pubblico: l’unione di quattro bandiere: “quella della Francia che è la terra che mi ha accolto, in cui lavoro e dove sono nati i miei bambini, quella dell’Argentina che è il mio Paese d’origine, quella del Brasile che è il luogo di nascita della mia meravigliosa moglie e quella italiana, terra da dove proviene la metà della mia brigata” (peraltro, l’Italia è anche la terra dei suoi nonni, aggiungiamo noi).
Una bandiera che mostra come la cucina, più della politica, sia il luogo dell’incontro e dell’inclusione, della fusione e del dialogo. “In cucina – dice Colagreco – non ho mai visto confini”.
Infatti quando gli si chiede di sintetizzare il senso della sua cucina, risponde “la mia è la cucina dell’amore. Per i clienti, ma anche per i fornitori, per la mia brigata e per il mondo”. La cucina è amore e generosità. Le nostre nonne hanno cucinato con amore e non voglio che questo si perda. La verità è che la gente mangia più fuori che a casa e la cucina non deve essere solo un business”.
Cosa ha provato al momento della proclamazione?
“È stata un’emozione unica. Un momento in cui tutti i ricordi della vita sono passati in fila uno a uno. Ripaga di tutto, fin dall’inizio, con i momenti difficili, i momenti in cui avremmo potuto gettare la spugna nel vedere che il ristorante era vuoto, per la fatica, per il duro lavoro o la distanza, nel mio caso, con il mio paese, la mia famiglia. Non l’avrei mai sognato”.
E invece, i giorni successivi, a mente più fredda, com’è realizzare che adesso entra nella Best of the Best, la hall of fame dei grandi chef?
“Cominci a capire che è una grande responsabilità. Perché ti dà una voce importante e devi fare molta attenzione a quello che vuoi dire. Il messaggio deve essere chiaro, forte, di speranza soprattutto per i giovani”.
Pensa che cambieranno i rapporti con i clienti?
“Spero proprio di no. Siamo arrivati qui per quello che siamo e che facciamo. Abbiamo tanti progetti per esempio intorno al nostro orto, intorno alla terra, per far vivere ancora di più quella parte del Mirazur che è un po’ dietro le quinte. Vogliamo far conoscere meglio quella parte del nostro lavoro, dei 4 ettari di terreno da dove vengono quasi tutti i nostri ortaggi e frutti”.
Le prenotazioni? È vero che si impennano subito?
“Pazzesco. Il giorno dopo avevamo già raggiunto richieste per 5500 prenotazioni per un totale di 12mila persone. 1500 email, messaggi whatsapp anche solo per le congratulazioni. Fa paura la quantità di messaggi”.
Che effetto fa rappresentare la Francia da non francese?
“Questo riconoscimento è un grande onore, riconosce la traiettoria della mia vita dall’Argentina alla Riviera che mi ha accolto così calorosamente 19 anni fa. Sono felicissimo di riportare questo premio in Francia. Vengo da tante influenze ma soprattutto, sono un cuoco e amo cucinare. Sono orgoglioso di essere uno dei rappresentanti di una nuova cucina francese che vive al ritmo di tutte le influenze del mondo. Non sono francese, eppure ho fatto della cucina francese la mia passione, è così bella e raffinata che ci ispira in modo naturale, credo nel mescolare, combinare e celebrare tutte le influenze, sono felice di poter aprire la mia cucina a diverse ispirazioni, ringrazio questa cucina francese così ricca di know-how dove poter scoprire e incontrare le altre”.