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Uno dei più conosciuti bistrot di Roma si rinnova: il giovane cuoco prende le redini della cucina, portando ai fornelli le esperienze maturate in Francia e in Giappone

Con l’arrivo dell’estate nuove strade si aprono all’orizzonte per chi è giovane e ha tanta voglia di lavorare e sviluppare le proprie abilità. Un esempio di questo è il giovane chef fiorentino Francesco Capuzzo Dolcetta, diventato lo chef executive del bistrot Marzapane a Roma. Il patron del locale, Mario Sansone, ha voluto dare fiducia al giovane cuoco e alla sua non trascurabile esperienza. Infatti Francesco, dopo il diploma all’ALMA e qualche esperienza in Italia, decide di fare i bagagli e sperimentare la cucina francese in prestigiosi locali come l’Aux Anges nella Loira, La Colline du Colombier vicino Roanne e il Caffè Sillon a Lione. Ma questo non ferma il giovane chef che decide di apprendere un po’ di cultura giapponese a Tokyo, con il Maestro Yoshiharu Doi e Yuki Iwai, prima di tornare in Italia.

Come vede questa sfida come chef executive del locale Marzapane?

“Vogliamo cercare di lavorare in una maniera del tutto nuova, specialmente per l’Italia. Roma è una delle principali città dell’Europa e credo che oggi non ci sia un locale che possa definirsi ristorante di una capitale europea, quindi contemporaneo al movimento culturale e gastronomico che c’è oggi in tutta Europa e nel mondo. Stiamo lavorando su tecniche di cottura abbastanza interessanti e innovative, sempre prendendo come riferimento i miei viaggi fatti in Giappone e in Francia. Cerchiamo anche di lavorare con quelli che definisco gli artigiani italiani come agricoltori e allevatori. È un lavoro che non si svolge solo in cucina ma anche fuori”.

Ci può parlare delle innovazioni del ristorante?

“Ci saranno dei cambiamenti di cotture e di tipi di servizio. Ci saranno delle rivisitazioni dal punto di vista del locale. Avremo un ambiente molto più easy e semplice, con un bancone dove la gente potrà bere degli aperitivi. Ci saranno vari step di ristorazione. Sarà una cosa più alla mano, senza quel rigore e quella precisione per la sala e per la bottiglia. Diventerà una situazione molto più friendly proprio perché la nostra stessa società si sta spingendo verso questa direzione”.

Lei è stato sia in Francia che in Giappone, possono coesistere queste due culture culinarie?

“Assolutamente. Il Giappone si avvicina molto alla Francia dal punto di vista del rigore. Sono più precisi e ordinati, con una grande dedizione al lavoro”.



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