Il mercato sembra essersi finalmente ripreso, con una evidente (talvolta iperbolica) quantità di eventi, incontri, fiere e fierine, degustazioni, lancio di prodotti, nuove aperture ecc. ecc. Bene, nulla da obiettare: in un certo senso ce lo aspettavamo. Ma, se la frase più sentita fra i giornalisti (e i blogger, per carità) del food & wine è diventata: “Grazie per l’invito, non potrò esserci in quanto impegnato in altro evento”, si impone una riflessione. Non sarà che, nella auspicabile fase postpandemica, c’è una incontrollata propensione all’evento?
Le caselle di posta elettronica si riempiono di inviti e comunicati, le chat di whatsapp sono affollate di richieste di conferma, persino i telefoni squillano per assicurarsi che questo o quel tal altro invito siano stati letti, visti, metabolizzati e, alla fine, accettati, quasi per sfinimento. E poi c’è la fase due, quella della richiesta talvolta ossessiva di “visibilità” sui mezzi.
No, così non va bene. Anche perché il lavoro giornalistico (serio) è complesso e risponde a logiche editoriali che fanno della selettività delle fonti e delle informazioni l’ingrediente principale. Che arriva prima di ogni altra suggestione imposta o “suggerita” dall’esterno. Il valore dell’informazione si misura sulla qualità dei contenuti e sulla capacità di saperli comunicare.
L’eccesso, come nel consumo di qualsiasi ingrediente, è rischioso. E rischia di far perdere la bussola (e tempo prezioso) a chi lavora nel nostro settore.
Alla luce di queste semplici considerazioni, mi permetto di lanciare un appello ai tanti event-manager e agli uffici stampa sempre più attivi (buon per loro). Prima di organizzare una manifestazione a cui tenete -e a cui anche noi, magari, teniamo- date un occhio al calendario, studiate il periodo giusto (se esiste) per organizzarlo, fate qualche riflessione in più sul giorno della settimana migliore per il vostro evento.
E selezionate bene anche chi coinvolgere. E non date per scontato che debba per forza essere condiviso dalla press. In questo modo aiuterete le redazioni a selezionare meglio le vostre proposte, ad accettare questo o quell’invito in modo ponderato, seguendo la linea maestra delle priorità.
Dunque, se la cosiddetta visibilità è ormai valore sempre più diffuso, mi piacerebbe che non fosse qualcosa di astratto, nel quale i protagonisti dell’evento (che poi sono quelli che ci mettono le risorse) rischiano poi di essere “trattati” nello stesso modo da tutti. Alla fine mi sento perciò di dire che, per fare la differenza, dobbiamo puntare tutti sul rispetto del lavoro altrui. Con professionalità autentica, che è quella da cui, alla fine, nascono idee coerenti e si sviluppano risultati tangibili. E, quelli sì, visibili.