C’è qualcosa di italiano, di soprattutto italiano, che il mondo ci invidia. Quella “cosa” è in grado di fare la differenza, dà valore aggiunto all’esperienza, fa godere il gourmet ed è la nostra carta di identità culinaria: si chiama, in due parole, “primi piatti”. Li abbiamo solo noi, intesi nel senso di preparazioni culinarie uniche, che danno valore aggiunto ai sapori e che sanno esaltare il lato “goloso” dell’esperienza gastronomica.
Sull’offerta di primi piatti siamo veri maestri, paste fresche e di grano duro, riso e risotti, minestre, zuppe: materie e ingredienti che rivelano passione e radicamento sul territorio, che raccontano le esperienze e la sensibilità degli e delle chef, che si ispirano a ricette tramandate di generazione in generazione.
Se i francesi, con le loro entrèe hanno talvolta la presunzione di imitarci con i piatti di “apertura” della loro cucina, in realtà il concetto di primo piatto appartiene a noi e solo a noi, nel mondo. I “primi”, per essere grandi, devono tenere conto del proprio bacino di territorio, delle materie e degli ingredienti, anche locali, delle cotture e delle presentazioni. E devono contare su competenza, passione e talento di chi li realizza. Solo così si crea una intesa immediata con la clientela, che sceglie un ristorante, sapendo (o sperando) di contare su garanzie di autenticità e sapienza, oltre che di tracciabilità della materia e garanzia di alta qualità. Il gourmet o il semplice food lover vuole incontrare professionisti a tutto tondo, che hanno studiato, ragionato, testato, confrontato e, infine, creato i propri piatti. Non parliamo solo di alta ristorazione o di fine dining, ma di tutti quegli interpreti, stellati o meno, di un patrimonio inestimabile, che attraversa l’Italia con le sue diversità, le sue particolarità, le sue unicità. Un mosaico di eccellenze che ci fanno dire, a testa alta, che il concetto di “primo piatto” dovrebbe rientrare fra i patrimoni dell’umanità dell’Unesco. Penso ai Tortelli di erbetta o agli Agnolotti del plin di esecutrici provette, come Cristina Cerbi o Mariuccia Bologna, i cui ristoranti meritano il viaggio… Chi invece cercasse emozioni stellate, faccia un salto dai Cerea, ovvero Da Vittorio a Brusaporto: i loro semplicissimi Paccheri al pomodoro sono diventati un’icona di eccellenza tristellata. Se invece passasse dalla Capitale, saremmo ben felici di suggerirgli indirizzi sicuri, dove la cultura del primo piatto è sovrana. Come al Sacro e Profano, alla Fontana di Trevi, dove la Carbonara è ritenuta un capolavoro del gusto (e dove il food pairing prevede abbinamenti al calice, frutto di attenta selezione e ricerca di vini non convenzionali, fuori dal coro e rappresentativi di grandi territori).