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Le valli gourmet dell’Alto Adige

Decisamente l’Alto Adige è una terra che sento vicina, in pochi chilometri si raggruppano tante tappe gourmet: ogni vallata vanta le sue stelle Michelin, quasi che da queste terre scoscese non ci si potesse allontanare se non prima di aver fatto un giro completo. O almeno questo è quello che provo ogni volta che arrivo, ho voglia di provare e riprovare tanti ristoranti meritevoli e scoprire le nuove stelle che si aggiungono di anno in anno. Sono passati tre anni da quando Norbert Niederkofler ha raggiunto l’apice della gloria per uno chef, la consacrazione della terza stella, da allora l’Alto Adige sembra vivere in perenne fermento gastronomico, picchi di gusto secondi solo alle Dolomiti che abbracciano questi luoghi.

Tante anche le manifestazioni in atto: a Dobbiaco lo chef Chris Oberhammer del ristorante Tilia (1 stella Michelin) è il promotore del Dolomiti Gourmet festival,  evento culinario che raccoglie cuochi famosi da tutt’Europa. “La cucina si fa nella sua forma più originale”, spiega Chris Oberhammer che promuove l’incontro tra gli chef e i più genuini farmers della zona, dove tutto è stato cucinato nella sua forma più originale su stufe a legna e griglie.

Solo 15 chilometri quadrati per quattro stelle Michelin: siamo in Alta Badia dove quattro fuoriclasse  hanno reso questo luogo vera e propria attrazione per gli appassionati, tanto da essere definita “la valle gourmet”. Sono Norbert Niederkofler con il Ristorante St. Hubertus (3 stelle Michelin) e Nicola Laera con il Ristorante La Stüa de Michil (1 stella Michelin). E Norbert Niederkofler è stato anche il promotore della filosofia “Cook the Mountain” che ha messo in gioco, condividendone la forza con chef internazionali con gli eventi di Care’s – the ethical chef’s day’s. “Tutto è nato quando ho iniziato a chiedermi come la cucina di montagna potesse contribuire alla crescita sostenibile dell’intero pianeta, come lo chef potesse promuovere la tutela del territorio in cui viviamo e quale potesse essere il futuro dell’alimentazione di montagna e non solo” racconta Niederkofler.

“Per trovare le risposte sono partito dalle mie radici per poi prestare ascolto anche alle tendenze attuali di riscoperta del locale, rispetto della biodiversità, diffusione di prodotti biologici e a km 0, della mentalità del vivere lento seguendo la stagionalità. Ecco che l’obiettivo è diventato subito chiaro: ripensare allo sviluppo economico-sociale indagando i rapporti tra produzione, prodotto, territorio e consumo. Punto di partenza di questo cambiamento dev’essere la cucina, intesa come “catalizzatrice di processi culturali” per la diffusione di un modello di sviluppo sostenibile. In quest’ottica il cuoco deve assumersi il ruolo di “educatore emozionale”, capace di promuovere un nuovo stile di vita” mi racconta con emozione.

Altra valle, altri ristoranti stellati: in Val Gardena non posso perdere l’appuntamento con  Mario Porcelli all’Alpenroyal Grand Hotel a Selva di Val Gardena (1 stella Michelin) e quello con lo chef Reimund Brunner all’Anna Stuben dell’Hotel Gardena a Ortisei (1 stella Michelin). Forse meno conosciuta, ma altrettanto affascinante, la Val d’Ega, vanta una stella Michelin con lo chef Gregor Eschgfäller del ristorante Astra. Ma perché amo così tanto l’Alto Adige? Oltre che per i ristoranti, la regione offre una sterminata scelta vitivinicola, con vitigni internazionali e autoctoni. Il segreto è in un clima alpino-mediterraneo, un’ottima qualità dei terreni e le posizioni invidiabili dei vigneti a cui si aggiungono un fermento dato da vignaioli meticolosi e diligenti, e all’impegno di consorzi lungimiranti e ricchi di idee. La ricchezza dei terreni si trova subito nel bicchiere: in Alto Adige ci sono 150 cosiddette rocce madri, che nel tempo si muovono e si mescolano con le altre; il risultato di questo processo è un terreno significativamente vario, che permette la crescita di vitigni dalle caratteristiche estremamente diverse. E anche se queste terre sono famose per i bianchi, ultimamente si sta riscoprendo Schiava e Lagrein, che vivono una seconda giovinezza e, da vino “del contadino” si stanno facendo strada anche sulle tavole stellate. 

 

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