“In Italia non è mai stata presa seriamente”. Tra primi piatti e nuovi orizzonti, lo chef del Bulgari Hotel in Giappone racconta le sue insalate di pasta stellate
Esordisce a soli 13 anni in un locale vicino casa come cameriere, per comprarsi il motorino. Poi la timidezza verso i clienti lo porta in cucina. Tanta gavetta. Oggi, una stella Michelin e un locale, nella Bulgari Ginza Tower di Tokyo che porta il suo nome: Il Ristorante – Luca Fantin. Abbiamo parlato con lo chef trevisano di lavoro, di famiglia e di pasta. Tanta pasta.
Da dove è nata l’ispirazione per intraprendere questa strada?
“È venuta mangiando – sorride – e grazie alle coccole di mia nonna. Era lei che ci deliziava con le sue ricette e i prodotti del suo orto. Sono sempre stato curioso e attaccato a lei, alle sue preparazioni. Credo sia partito tutto da lì”.
La pasta è per noi un piatto fondamentale. Lei come la lavora?
“La mia è una cucina italiana contemporanea. Uso prodotti italiani fatti in Giappone. Quello che ho sviluppato molto qui sono le paste fredde. In Italia non sono mai state prese seriamente in considerazione nei ristoranti. Sono rimasto molto sorpreso dai noodles, i soba, gli udon mangiati anche freddi. Ho deciso di portare queste tecniche di cucina nel modello italiano”.
Ci fa un esempio?
“Abbiamo creato una pasta fredda di vongole e limone bruciato oppure la pasta fredda al caviale, cremosa. Ho fatto degli studi su come legare le paste fredde facendo delle basi dense all’interno”.
Qual è il futuro della pasta?
“Nella cucina italiana è una delle colonne portanti. Ci sono molti piatti, come ad esempio, il carpaccio di capesante o magari di manzo che non possono essere solo identificati nel nostro paese. Un piatto di pasta fatto bene, invece, lo mangi solo in Italia, o fatto da un bravo cuoco italiano”. “La pasta, in un ristorante che si vuol definire di cucina italiana, è la parte più importante”.
Come nasce un suo piatto di pasta?
“È sperimentazione. A parte la stagionalità cerco di provare fino a che il gusto che viene fuori mi piace. Non ci sono limiti”.
Con l’abbinamento piatto-vino quali regole segue?
“Molte volte lo vedo opposto. Per esempio, al piatto di pasta succo di peperoni, granchio e origano, che abbiamo in questo momento, abbino un qualcosa di minerale, un po’ in barrique, che mi aiuta a bilanciare la dolcezza del piatto”.
C’è un momento in cui ci sente soddisfatti e arrivati nella propria carriera?
“No, mai. È sempre un divenire. Giorno dopo giorno. Bisogna mettere una linea guida davanti a sé. Il lavoro assorbe gran parte della nostra vita, quindi, quando hai famiglia e dei figli, devi riuscire a gestire le due cose nonostante le difficoltà. Nei miei giorni di riposo mi dedico completamente ai miei cari, sono al mio fianco, sono le mie colonne”.