Kbirr è la visione di Fabio Ditto che ha iniziato una tradizione che a Napoli mancava
Iniziare il nuovo anno con il racconto di una storia bella, di quelle che hanno un finale buono è una sensazione davvero forte. L’idea di poter vivere questa storia da protagonisti coinvolge ancora di più. Perché da protagonisti? Lo riveliamo più avanti. Questa è la storia di Kbirr, di Fabio Ditto e di una birra napoletana al 200%.
Eh già! Napoli e la birra non vantano un legame così lungo e stretto nel tempo. Alla birra, il popolo napoletano si è sentito chiamare in una storia più recente. Ma si sa, il buono chiama il buono e grazie a brillanti menti imprenditoriali e alla volontà di dare alla birra un’anima e un tocco partenopeo, si è iniziati a produrre birra artigianale in alcuni casi di forte impatto identitario. Identità che spesso traccia i confini di una cultura ben riconoscibile. A Fabio Ditto va il merito di aver tagliato il nastro a una tradizione che, appunto, a Napoli mancava.
Birra Kbirr è proprio così come si legge. Una birra nuda, cruda e artigianale il cui primo sorso aspetta quell’attimo di silenzio per poi esplodere in tutta la spontaneità napoletana e nell0 stupore partenopeo: Caspita, che birra! (ua, ch’ birr!).
Ritorniamo un attimo a Fabio. Nella sua esperienza lavorativa, il centro dei suoi obiettivi è stata l’ importazione e la distribuzione di birre di prestigiosi marchi birrai fino a diventare General Manager di Drink up. Non è difficile intravedere la sua passione iniziare a dimenarsi nell’idea di produrre una birra tutta napoletana, tutta sua e del suo popolo da poter esportare affidandole il compito di diffondere un verbo appena iniziato. Una grande passione per la birra, dunque. “No, -ci dice Fabio- a me la birra non piaceva! È questo il punto, ho voluto creare una birra che avvicinasse un pubblico che non beve birra!”. Eccola qua, questa la sorpresa, questo lo stupore e questa, permettetecelo, una grande vittoria.
Kbirr nasce nel 2016 come piccolo birrificio a Crispano, ma già nel 2020 si trasferisce a Giugliano in una vero e proprio impianto moderno con la capacità di produzione più alta in Italia. La produzione di Kbirr è gestita Una completamente in digitale e sviluppata per sfruttare al meglio lo spazio in verticale. La proposta è di sei tipologie: Lager, Scotch Ale, Imperial Stout, Red Strong Ale, American Pale Ale e Golden Ale, per soddisfare ogni gusto e stile.
Il comun denominatore, è senza dubbio il Maestro Birraio: Achille Certezza. Una mano sapiente e ricerca costante portano i suoi tini a fermentare la birra che è prima di tutto birra emozionale.
Le birre Kbirr hanno tutte un inizio dolce al palato ed un finale amaro, sono complesse ma allo stesso tempo, facili da bere e da degustare.
Le sei etichette di Kbirr raccontano ognuna una storia legata a Napoli.
- La Lager NATAVOTA prende il nome dalla devozione che ogni napoletano ha per il santo patrono della città. Ogni 19 settembre il “popolo” chiede al Santo un’altra volta (natavota in napoletano) il miracolo dello scioglimento del sangue. Ecco quindi che viene illustrata in etichetta l’immagine stilizzata di San Gennaro.
La birra è una lager bionda molto leggera e si presta ad essere bevuta con facilità, è caratterizzata da note dolci . Il gusto del luppolo è intenso con un finale moderatamente amaro, grazie ai luppoli nobili usati. Allo stesso tempo altamente digeribile e gustosa.
- JATTURA in napoletano “sfortuna” prende il nome dalla figura del Scio’ Scio’, una delle figure più belle presenti nelle botteghe di San Gregorio Armeno. Raffigurante un uomo con la gobba che distribuisce corna e ferri di cavallo e porta la fortuna. In etichetta la raffigurazione della anti sfortuna con simboli porta fortuna corni e amuleti. E’ una birra dal colore ramato, prodotta con una percentuale di malto di whisky affumicato con legno di torba. Al naso il torbato è subito evidente insieme ai sentori di malto e caramello.
- PALIATA è una birra molto complessa, una Imperial Stout, creata con materie prime di alta gamma (dai malti tostati al luppolo). Paliata, nel dialetto napoletano, si traduce in solenne bastonata, picchiare con forza. Nell’etichetta è raffigurato un mastino napoletano per rimandare al significato per-cotere = scuotere intensamente così come un Mastino Napoletano fa quando aggredisce. La birra, infatti, ha un’ elevata gradazione alcolica di oltre 9° % vol.
- NATAVOTA RED, nasce su ispirazione della Lager (di facile bevuta ma con una forte gradazione), una birra Reg Strong Ale. Dal colore ramato intenso con schiuma fine e abbondante. Al naso ha un avvolgente bouquet di toni speziati e fruttati. Il corpo pieno e la bevuta dominata dalla dolcezza del malto la rendono facilmente godibile malgrado il suo alto tenore alcolico. L’esperienza è complessa e si conclude con un retrogusto armonioso in cui il luppolo è appena percettibile.
- #CUOREDINAPOLI nasce come progetto culturale. #CUOREDINAPOLI è stato identificato nel tempo come vero e proprio city brand, in cui la città si riconosce nei contenuti e nell’immagine visiva, studiato dalla Accademia delle Belle Arti di Napoli. American Pale nasce nel segno di questa contaminazione e ricorda l’ultimo (in ordine temporale) scambio culturale napoletano, la liberazione da parte degli americani. La Birra infatti è realizzata con luppoli americani ma ha uno stile e una produzione 100% napoletana.
- La PULLICENHELL è una birra realizzata in esclusiva per l’Associazione Verace Pizza Napoletana: una Golden Ale. Il progetto nasce dalla sinergia tra i maestri pizzaioli dell’Associazione, lo stile di Kbirr e l’ingegno dell’artista Pasquale Manzo che ne firma l’etichetta cui protagonista è Pulcinella, icona di Napoli nel mondo. Anche in questa birra si è voluto riproporre un mondo, quello del pizzaiolo e del suo inferno ( HELL in inglese) inteso come forno a legno , per cuocere la pizza, ma anche come la forte passione che lo spinge a lavorare vicino ad una fonte di calore a qualsiasi temperatura e condizione atmosferica. Il logo dell’AVPN conferisce autorevolezza alla birra perfetta per accompagnare la pizza. Antonio Pace, presidente di AVPN dichiara: “L’idea di PullicenHell nasce dalla volontà dell’Associazione di creare una birra in grado di sposare i nostri stessi valori, garantendone la riconoscibilità a livello internazionale”.
La storia di Kbirr non finisce qui. Fabio Ditto nel 2018 ha un’altra idea visionaria. Decide di aprire Casa Kbirr. Sentirsi a casa, questa l’immediatezza del ristorante che propone la tradizione partenopea abbinata alla birra (ovviamente Kbirr).
Il ragù, la genovese, il soffritto, sono serviti in tegamini di alluminio monoporzione. Una intera sezione del menù è dedicata alle frittatine di pasta, declinate in varie interpretazioni, dalla più classica a quella con ragù, con pasta e patate o con genovese, perfette come accompagnamento alle birre.
Casa Kbirr porta avanti il connubio tra la birra e l’arte partenopea. Alle pareti troviamo le opere realizzate appositamente per Fabio dalla versatile Roxy in The Box, artista napoletana famosa per le sue opere di street art, legate quasi sempre a personaggi famosi da lei reinterpretati. Pezzi d’arte anche le lampade realizzate dalla cooperativa di ragazzi della Sanità, Iron Angels. E ancora sculture in legno ispirate alle etichette “Kbirr” di Eddy Ferro su disegni di Maura Messina e le opere tridimensionali realizzate secondo il concetto di “up-cycling” (riuso dei materiali) da Luigi Masecchia e infine un murales di Alessandro Flaminio.