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All’Osteria Unicorno, Maria De La Paz interpreta cucina del territorio con un’ode a trota e salmerino

Abbiamo sentito una voce che narra di un’oasi nascosta nella splendida Tuscia viterbese, circondata da una lussureggiante vegetazione e dai possedimenti di vigneti, oliveti e orti. Qui una estrosa chef di origini colombiane crea delle meraviglie con i prodotti locali. Una ragazza di indubbio talento: il suo percorso professionale è cominciato all’età di 18 anni vincendo il concorso di miglior giovane chef della Colombia con conseguente tirocinio di alta cucina e pasticceria presso Casa Vissani in Umbria. Un esordio niente male.

Curiosi e golosi, prendiamo la strada di campagna e, accompagnati dal cinguettio di uccellini, la percorriamo fino alle folte chiome di lavanda e rosmarino che segnalano l’ingresso. Alla vista si apre una visione magica: un maniero di campagna di color porto invecchiato con uno specchio azzurro di piscina antistante, tutto immerso nel verde mediterraneo. Qua e là sono sparsi tavolini con comode poltrone, ombreggiati da tendoni aperti. Profumi di erbe aromatiche e il canto delle cicale invitano all’ozio, ma è ora di pranzo.

Ci accomodiamo al tavolo, interroghiamo il menu dell’Osteria, per poi accogliere con enorme entusiasmo la proposta della chef di un menu monotematico: pesce del lago, interpretato da un duo eccezionale, trota e salmerino. A tavola con noi anche i padroni di  casa, Bruno e Nathalie Clarici, padre e figlia, che condividono la nostra scelta. 

Il primo piatto che arriva è una Tartara di salmerino, sfoglie di semi di sesamo e giardiniera di verdure di stagione, con un aspetto davvero invitante. All’assaggio non sfigura e il Signor Bruno, con mal celata ironia, domanda a sua figlia: “Io non posso dire che mi piace, vero?”. “Certo che no -, ribatte Nathalie – papà, sei l’oste! Solo ospiti possono fare apprezzamenti a ciò che offriamo”. Sorride contento: il suo messaggio e passato, e a noi non dispiace affatto, siamo pienamente d’accordo, è veramente buono.

Intanto “l’oste” ci racconta del Podere Marfisa. Si chiamava così la “matriarca” della famiglia, la nonna di Nathalie e Riccardo, la mamma di Bruno, di altre quattro figlie e di numerosi nipoti. Era di qua, di Farnese, e anche se abitava a Roma, come tutta la stirpe Clarici, ha insegnato a loro ad amare le sue terre, legare i momenti più intimi e belli della famiglia con la Tuscia e il lago di Bolsena. “Appena abbiamo visto in vendita le terre confinanti con la sua casa, abbiamo capito cosa dobbiamo fare.” – aggiunge Nathalie.

Il secondo piatto è una Trota cotta a bassa temperatura con aneto ed erbe spontanee, trota di fiume in veste nordica: sono gli aromi di aneto e la fresca croccantezza del finocchio a renderla tale. 

Sfruttando la diversità di competenze presenti in famiglia, architetti e ingegneri compresi, e acquisendone altre necessarie per l’affare, è nato un incantevole Wine-relais di una decina di suite, un’azienda agricola Terre di Marfisa di due decine di ettari tra vigneti di Sangiovese, Petit Verdot, Syrah,Vermentino e Incrocio Manzoni, oliveti di Canino, e serre automatizzate. Tutto con un approccio famigliare e professionale insieme.

Al terzo antipasto, Salmerino mantecato in crosta di pistacchio, salmerino marinato al sale e pelle di salmerino a pop-corn, conferiamo al Signor Bruno i pieni poteri nel tessere lodi alle creazioni di Maria: è buonissimo anche questo e, a questo punto, non si tratta di un caso ma di una certezza.

“La Tuscia ha tantissimo da offrire. Bellissimi borghi e una generosa natura, attività sul lago di Bolsena tra pesca e aperitivi in barca al tramonto, percorsi di trekking e in bici, maneggi, aziende agricole, siti archeologici e città storiche come Viterbo. Senza parlare della ricchissima cucina della Tuscia”. E infatti, ne stavamo godendo la parte.

Il Risotto finocchietto e trotta marinata agli agrumi sfoggia un corredo odoroso mediterraneo con la cremosità del parmigiano e la perfetta cottura dei chicchi di riso, caratteristiche tutte italiane. E gustoso e delicato allo stesso tempo, esalta, senza coprire, il raffinato sapore di salmerino.

Lo accompagna dignitosamente il Vermentino “della casa”, Zamathi, un bianco floreale e sapido, di piacevole equilibrio e lunghezza.

“I vostri ospiti potranno godere dell’imminente vendemmia? – ci viene in mente – Naturalmente. Il luogo nasce come Wine resort, oltre alle degustazioni offriamo trattamenti al mosto e all’uva, all’olio d’oliva e ai preparati sulla loro base. La nostra cantina è spaziosa e le vigne sono bellissime, si vive la pace qua d’estate, in autunno il fermento della vendemmia porta tanta allegria.”

L’ultimo piatto è il Salmerino cotto sulla piastra di sale e carbone, pomodorini sotto la cenere e patate al timo limone. Delizia, una vera delizia! 

Impressionati dalla mano della ragazza, vogliamo incontrarla. “Solo se ha finito il lavoro, altrimenti è sorda al richiamo” – lamenta Bruno. Dice che Maria è una perfezionista. Noi aggiungiamo: è solare. E anche molto bella oltre ad essere veramente brava.

Prima di ripartire per Roma ci concediamo un quarto d’ora di riposo sulle chaise longue a bordo piscina. Le rondini fanno a gara di volo sull’acqua, lo sguardo si allunga sull’argento delle distese di ulivi.

Marfisa avrebbe apprezzato.

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