Il futuro è limpido, come l’acqua: parola di Stefania Santini Simoncelli
Liscia o gassata sono etichette superate. Nel bicchiere c’è molto di più.Inodore, incolore e insapore non vanno più bene per descrivere l’acqua.L’abbiamo chiesto all’idrosommelier Stefania Santini Simoncelli: lei ci ha raccontato come è nata questa professione e come si sta evolvendo.
Mi racconti di lei?
“Ho sempre avuto questa passione. Sono una gran bevitrice di acqua. Ancora prima di diventare idrosommelier, per me l’acqua poteva essere degustata e scoperta come si fa con il vino. Questa consapevolezza mi è nata proprio facendo un corso da sommelier del vino, dove una parte era dedicata all’acqua. Così, ho capito che volevo intraprendere questa direzione e l’ho fatto”.
Quale il futuro di questa attività?
“Il mio obiettivo, quello di altri idrosommelier e altre aziende è dare all’acqua la stessa nobiltà che viene data al vino. Quindi, ci aspettiamo di arrivare, con il tempo, alla stessa considerazione”.
Qual è la percezione dell’acqua a tavola nel campo della ristorazione?
“Al momento non molta. Si continua a chiedere solo acqua liscia o frizzante e la carta delle acque si trova solo in pochi ristoranti, per di più di fascia alta. Io questa estate ho avuto l’ennesima esperienza a prova di ciò. In un ristorante che ho provato l’attenzione al cibo, al cliente e al vino era eccellente ma per quello che ho mangiato, cucina di mare, è stata servita un’acqua con una percentuale di sodio e di bicarbonato molto alta rispetto agli altri minerali. Quindi, acqua dal gusto salato aggiunta a una cucina già saporita, ha rischiato di vanificare tutto quello che di buono avevano preparato. È un peccato”.
Quali sono i costi di una carta delle acque al ristorante?
“Per arrivare a una carta dei vini buona bisogna avere in magazzino diverse etichette, e di qualità. Per quanto riguarda l’acqua, sarebbe già di base sufficiente avere sei varietà di acque. Inoltre, una bottiglia di acqua tendenzialmente non costa come una di vino, quindi è fattibile. Ciò che manca oggi è una cultura in tal senso, manca ancora consapevolezza: è auspicabile che in futuro questa tendenza cambi”.
Ci sono acque “di lusso”?
“Sì. Sono acque particolari che vengono anche imbottigliate in packaging di pregio. Posso citare l’acqua della Tasmania che non viene dal sottosuolo ma dalla pioggia: nonostante questo ha una purezza eccezionale. Oppure una che sgorga 2000 metri sotto livello del mare”.
L’Italia dove si posiziona?
“Siamo dei produttori importanti nel panorama internazionale e grandi consumatori, ma non abbiamo ancora una cultura corretta. Ci stiamo abituando sempre più a leggere le etichette della carne, del vino ma quelle dell’acqua ancora non le guardiamo molto”.
Stiamo lottando per produrre meno plastica possibili. Cosa si farà, secondo lei, per le acque minerali?
“Credo che per le acque da tavola, per casa o per i ristoranti, si tornerà al vetro. Mentre per l’acqua usata in viaggio, intendo le bottigliette, si utilizzeranno materiali, tra l’altro già esistenti, che sembrano di plastica ma non lo sono. All’estero ci sono aziende che usano materiali tipo l’alluminio o i cartoni come quelli del latte”.