Ci ho riflettuto a lungo. E alla fine credo di aver trovato anche una soluzione.
Il vero problema dei nostri giorni è che non ci annoiamo più.
Credetemi: non è diverso da come ve lo sto dicendo. E’ esattamente così, anche se sembra stranissimo. Non abbiamo più tempo di girarci i pollici senza sapere esattamente cosa fare. E quindi non ci ingegniamo più alla ricerca di qualcosa che possa dare una svolta alle nostre giornate. Aprendoci, necessariamente, strade alle quali mai avremmo pensato in precedenza
Vi faccio un piccolo esempio: ricordate quando eravamo bambini? Quando non esistevano i telefonini, Internet, i Social Network, le console e i videogiochi. I più fortunati avevano delle salette vicino casa nelle quali buttare monete negli incavi dei cabinati. Ma per i più, il massimo a cui si poteva ambire era un pallone e una bicicletta. L’estate era il periodo peggiore. O migliore a seconda dei punti di vista. In attesa che il sole, e quindi il caldo, scemasse un po’, passavamo interi pomeriggi sul divano inventandoci le ore a venire.
Ora tutto questo non accade più. Corriamo da un punto indefinito ad un altro senza nemmeno domandarci il perché. Ci sentiamo le giornate scivolare addosso. Arriviamo ai fine settimana senza nemmeno accorgercene e con la stessa facilità, registriamo l’insinuarsi di un nuovo lunedì.
Io ho rifiutato tutto questo. E l’ho fatto scegliendo un lavoro, sicuramente logorante e ricco di stress ma anche di parecchi tempi morti. Sono quelli che preferisco. Perché ti danno modo di pensare, riflettere, approfondire. Analizzare meglio tutto quello che ci gira intorno. Non importa in quale parte del mondo.
E’ forse proprio in questo modo che ho prima visto nascere e poi tenuto in vita la mia curiosità. Caratteristica fondamentale per chi scrive reportage e recensioni come me. E per chi soprattutto non ha voglia di guardare sempre lo stesso orizzonte. Di conoscere, per carità benissimo, solo l’aiuola davanti casa.
Fin da quando sono partito, l’8 marzo del 2017, ho fatto un patto con me stesso: in ogni ristorante in cui avrei mangiato, avrei fatto in modo di provare i piatti più curiosi proposti da chef e carta.
Vi propongo la mia top ten.
Sperando che le mie scelte possano incuriosirvi. O al limite annoiarvi.
Ve l’ho detto: la noia è fondamentale. Chissà che, proprio grazie a questo blog, non possiate scoprire chi davvero siete e cosa davvero vi incuriosisce.
Ci leggiamo la settimana prossima, intanto, con una nuova recensione. Un altoparlante mi sta chiamando: non vi svelo niente. Vi dico solo che in me c’è un po’ di rammarico. Mi dà davvero fastidio dover lasciare il mio posto in questo momento. Mi stavo annoiando così bene…
1. Meat Fruit – Dinner by Blumenthal (Melbourne – Australia)
“Come starter, e quindi come antipasto, scelgo due portate: Meat Fruit del 1500 e Salamagundy del 1720. Il primo piatto è composto da un mandarino ricostruito con al suo interno del fegato di pollo accompagnato da una fetta di pane cotto sulla griglia”.
2. Crema catalana di triglia affumicata – Aponiente (Cadice – Spagna)
“Passiamo a una crema catalana di triglia affumicata. Molto buona ma anche dal sapore fin troppo deciso. E una spuma di zuppa di pesce, cacao e limone marocchino. Si tratta di un limone che subisce una lunga preparazione: messo sotto sale, produce un succo a metà tra il salato e l’acido che viene utilizzato per moltissime pietanze”.
3. Pelle di canguro – Orana (Adelaide – Australia)
“Continuiamo con la portata successiva: servita in un tubo di argilla (i piatti di Orana sono tutti splendidi) c’è della pancetta e una tortina di patate. In un altro contenitore, simile a un corno scavato, c’è invece la pelle di canguro soffiata”.
4. Il piccione – Tang Court (Hong Kong – Cina):
“Passiamo al piccione: servito completo di testa e con delle fragole a guarnire, viene cotto nella soia, cosa che gli permette di mantenere la pelle morbida. Molto più bello a vedersi che a mangiarsi. Bocciatissimo. L’altro piatto principale del pasto prevede il crab: accompagnato da un nido fatto di zucchine, riempito con frutta di stagione e nocciole fresche, il granchio si trova all’interno di una zuppa, immersi nella quale spiccano degli spaghetti di soia finissimi. Niente di speciale: il brodo, oltre a non mostrare verve, appare anche un po’ insipido. Chiudiamo con un’altra porzione di piccione: stufato con zenzero e litchis e cotto nel suo stesso brodo, con l’aggiunta di soia. Mostra un gusto ottimo e un sughetto fantastico, ma ancora una volta è la quantità a lasciarmi insoddisfatto. Il nulla fatto cibo”.
5. Cetriolo di mare – The Eight (Macao – Cina)
“Passiamo poi al double-boiled Sea Cucumber and Matsutake Mushroom with Supreme Pork Loin: cetriolo di mare, funghi e pezzettini di maiale in un brodo insapore. Ottimo l’impiattamento, meno il gusto”.
6. Lingua di merluzzo – Noma (Copenaghen – Danimarca)
“Lingua di merluzzo con cavolfiore. Ecco, questa era una di quelle portate di cui vi parlavo: difficile trovarla in altre zone d’Europa, dal sapore sconosciuto e, comunque, affascinante”.
7. Cilindro radicchio e cera d’api – St. Hubertus (San Cassiano – Italia)
L’ultimo antipasto ha una forma strana ma può vantare una grandissima idea: si tratta di un cilindro di radicchio selvatico, avvolto nella cera d’api che chiaramente va eliminata prima di mangiarlo.
8. Anatra Baby – Le Palais (Taipei – Taiwan)
“Arriva il momento del piatto che attendo con maggiore trepidazione: l’anatra baby. Non è in menu e chiedo allo chef di aggiungerla separatamente. Glielo dico ancora prima di mettermi al tavolo: serve parecchio tempo per prepararla. Il risultato è da applausi: un’anatra così buona non l’avevo mangiata neanche in Francia. E’ vero: la pietanza ha un cottura lenta e una conservazione molto lunga, ma non potrebbe essere altrimenti. Deve essere trattata con il rispetto che merita”.
9. Zuppa di Tofu e Crisantemi – Benu (San Francisco – USA)
“La zuppa di Tofu e Crisantemo con felce selvatica e bambu. Un piatto semplice ma complesso al tempo stesso”.
10. Osso ripieno – St. Hubertus (San Cassiano – Italia)
“Al tavolo, poi, arriva un ossoscavato ripiena di una tartare di agnello, pesto di montagna, pepe di montagna e un ottimo burro dolce”.