Hotellerie e ristorazione di eccellenza: un binomio efficace che, ormai da qualche anno, anche in Italia, sta trovando una collocazione importante
Tuttavia, la presa di coscienza che anche in hotel l’offerta gastronomica sia più che “soddisfacente” ( in alcuni casi, anche “ stellata” ) , è ancora un po’ soffocata. La sede milanese della prestigiosa catena alberghiera del “Four Seasons Hotel”, è un chiaro esempio di come la ristorazione può e deve andare a braccetto con il settore dell’accoglienza alberghiera, nell’ottica di un’offerta completa per i visitatori dove non siano semplicemente ospiti ma facenti parte di un progetto a loro dedicati.
Proprio in virtù di questa progettualità, sviluppata dalla catena alberghiera più famosa al mondo attraverso processi di attenzione volti all’eccellenza dei servizi , nello stile e di lavoro armonico tra le varie location, si è ulteriormente espressa in un gradevole pranzo realizzato dai tre chef dei Four Seasons hotel in Italia : Francesco Borraccino, chef della sede milanese, Paolo Lavezzini, della sede fiorentina e Massimo Mantarro di Taormina. Un menù a sei mani che ha messo in risalto come il divertimento, l’affiatamento e il riconoscimento delle qualità professionali in cucina, senza invidie di sorta, è davvero ciò che rende fluido e appagante il mestiere del cuoco.
Il gioco della presentazione è stato semplice: uno chef ha interpretato le ricette dell’altro, nelle quali è stata inserita almeno una delle caratteristiche identitarie della cucina di appartenenza dei tre cuochi. Ecco che, per l’antipasto, Paolo Lavezzini, che si muove nella ricchezza gastronomica del territorio toscano, ha interpretato il milanese Borraccino con una delicata barbabietola, abbinata al forte contrasto dettato dal sedano rapa, smorzato dalla morbidezza del cavolo nero e dal profumo dolce dell’alloro.
Il primo piatto è stato affidato allo stesso chef milanese che ha interpretato il siciliano Mantarro con il “ Risotto come una ghiotta” : un omaggio alla terra dello chef di Taormina poiché la “ ghiotta di pesce” è una ricetta tipica della Sicilia. Al risotto, espressione tipica lombarda, è stata abbinata ed esaltata in tutti i profumi e i gusti del mediterraneo, una gustosa tartarre di cernia bianca. Questo tipo di pesce, per lo più dimenticato, è largamente e orgogliosamente utilizzato nelle ricette di chef Borracino, eccellente rappresentante delle peculiarità gastronomiche regionali.
Per la seconda portata, è stato il turno di chef Massimo Mantarro che ha interpretato lo chef toscano Lavezzini. Lingua, Rosso di Marzara e limone Interdonato ( qualità di limone IGP del messinese): morbidezza della prima, che si è mescolata alla dolcezza del gambero assecondata dall’acidità tipica ma non fastidiosa del limone.
Anche per i dessert la fantasia non è mancata. Il pastry chef di Firenze Mariano Dileo ha deliziato il palato con una sua particolare e curiosa creazione a base di Tabacco, China, cioccolato e pinoli ; mentre per il pre dessert “ semi – liquido” , il pastry chef milanese Daniele Bonzi ha giocato con le basi della cocktaileria italiana, presentando un interessante Campari, Arancia rossa e granita all’hibisco.
L’apice del gioco sensoriale dei dessert è stato raggiunto con la piccola pasticceria a cura di Vincenzo Abbagnale, pastry chef di Taormina. La presentazione delle sue creazioni si è rivelata, come si presenta lo spirito unitario dei Four Seasons del mondo, nella volontà di creare il ricordo e di ricreare l’esperienza. E così, il pain d’epice e polvere d’arancia, la girella gommosa a base di limone, zenzero e tagete, le arachidi “ veri o meno veri” – e cioè alla vista arachidi vere ma, in realtà, realizzate con del cioccolato bianco – , una caramella mou a base di topinambur e vaniglia bourbon e una stravagante cialda al sesamo nero e cioccolato bianco, hanno creato atmosfere di armonia, equilibrio, di consapevolezza e di dover continuare a fare. Le caratteristiche di questo speciale menù a 6 mani e delle peculiarità degli chef, emerse e riassunte in questi ultimi dolci assaggi.