Le 100 eccellenze italiane 2021
Descrizione
Eccellenza, passione per il territorio e i prodotti della vigna: ecco le cantine e le etichette che si stanno facendo notare sul mercato.
Wine:
- Villa Simone
- Val D’oca
- Tenuta Casenuove
- Società Agricola Petra
- Società Agricola Carobbio
- Santa Sofia
- Santa Margherita
- Rocca Delle Macìe
- Poderi San Pietro
- Masottina
- Marchesi Antinori
- Guido Berlucchi & C.
- Follador Prosecco dal 1769
- Fattoria Le Fonti
- Fattoria La Leccia
- Duca di Salaparuta
- Cuvage Acquesi
- Cecchi
- Cantina Placido Volpone
- Cantina Altemasi
- Bibi Graetz
- Azienda Agricola Sara Vezza
- Azienda Agricola Mastrojanni
- Azienda Agricola Ceraudo
- Argiolas
- Argiano
Villa Simone è la splendida cantina della famiglia Costantini e sorge a Monte Porzio Catone seguendo la tradizione vinicola di Frascati. Nei primi anni Ottanta vengono acquistate le vigne che furono del Cardinal Pallotta con l’intento di produrre un vino di alto prestigio capace di tener testa alle più grandi qualità enoiche del nord. Oggi Villa Simone, nata nel 1982, è di proprietà di Lorenzo Costantini, rinomato enologo ed appassionato dei vini laziali, ed è ritenuta una delle realtà vinicole più affermate dell’intera regione. La cantina è stata realizzata nel 1986 usando le migliori tecnologie. Lorenzo crede nel Frascati e nelle sue grandissime potenzialità; ritiene che il terreno dei Castelli Romani, renda unici i vini prodotti in questa zona e che il clima favorisca la perfetta maturazione delle uve; la vocazionalità pedoclimatica trova la sua massima espressione nella coltivazione della varietà autoctona per eccellenza: la Malvasia puntinata (o del Lazio). L’intento perciò è di produrre un Frascati con l’80% di Malvasia del Lazio per dar vita ad un vino unico e tipico del territorio. L’azienda Villa Simone, inoltre, si impegna nel rispetto dell’ambiente, riducendo al minimo i consumi di acqua e di energia e l’utilizzo degli antiparassitari grazie all’ausilio di attrezzature e tecnologie avanzate.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
Oggi come allora la famiglia Costantini è sempre presente nella cura dei migliori vini di Villa Simone, mantenendo l’eccellenza di un tempo.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
La cantina è in una posizione suggestiva, interrata sul fianco della collina, si può visitare la grande bottaia, interamente scavata nella collina, di oltre 100 barrique di rovere francese.
Nella fascia collinare vicinissima a Valdobbiadene, campeggia la Val d’Oca. Siamo nel cuore della zona di produzione del Prosecco Superiore Docg e dal 2019 Patrimonio Unesco. Ricoperta di vigneti di Glera, il vitigno a bacca bianca da cui nasce il Prosecco, questa collina è solo parte dei 1.000 ettari di vigneto curati, da generazioni, dai 600 soci viticoltori che fanno parte della Cantina Produttori di Valdobbiadene, tra le realtà storiche più rappresentative della zona di produzione celebrata in tutto il mondo. Un’impresa sociale profondamente emblematica di un contesto straordinario, in cui i soci condividono ideali e obiettivi, con la mission “di offrire al consumatore un vino di qualità che sia espressione del territorio, attraverso la valorizzazione delle uve conferite dai viticoltori con costante impegno di risorse umane ed economiche, atte a controllare tutta la filiera dalla vite alla bottiglia”, spiega il direttore generale Alessandro Vella. Dagli anni Novanta, Val D’Oca è il marchio dei vini distribuiti in enoteche, ristoranti, bar e hotel, acquistabili direttamente anche nel Wine Center attiguo alla sede della Cantina a Valdobbiadene e dall’e-commerce di proprietà valdoca.com.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
La Cantina è la storia di un’impresa corale nata nel 1952 con 129 soci fondatori, animati dalla voglia di ricostruire il territorio e l’economia locale nel Dopoguerra. Decisero di unire le forze per dare vita all’intuizione geniale che incarnava il forte spirito di cooperazione che accomuna oggi come allora i 600 attuali viticoltori. Nella foto, il direttore generale Alessandro Vella.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
Oltre la metà dei mille ettari di vigneti si estende nelle Docg Valdobbiadene e Asolo, con l’eccellenza del Cartizze e delle Rive. Tutta la Glera con cui si produce Prosecco Superiore docg e Prosecco doc è raccolta a mano per scelta della Cantina, prima Cooperativa in Veneto con Bilancio di Sostenibilità redatto con il metodo Global Reporting Initiative (agenda 2030 delle Nazioni Unite).
La Tenuta prende vita dalla volontà di Philippe Austruy – collezionista, mecenate e proprietario di diverse tenute in Francia, Portogallo e Italia – di far rinascere un progetto vinicolo le cui origini risalgono al 1600. Situata nei pressi della Conca d’Oro, a pochi minuti da Panzano in Chianti, la proprietà si estende su oltre 120 ettari, ricoperti da boschi, oliveti e vitigni autoctoni e non solo, quali Sangiovese, Canaiolo e Merlot. Nel 2015 inizia un’attenta opera di rinnovo e reimpianto del vigneto con l’obiettivo di ripristinare, mantenere e migliorare le potenzialità del territorio circostante. Alessandro Fonseca guida una squadra composta da giovani talenti, per lavorare con dedizione alla produzione di Docg Chianti Classico, Chianti Classico Riserva, Chianti Classico Gran Selezione e Igt Toscana Rosso. Grazie all’incontro tra Philippe Austruy e Lorenzo Fiaschi, co-fondatore di Galleria Continua, l’arte si fonde con il territorio, diventando uno dei pilastri portanti del progetto. Ogni anno, seguendo l’alternanza delle stagioni, un artista è invitato a fare esperienza di questi luoghi suggestivi e a creare installazioni in sintonia con il paesaggio e con gli uomini che lo modellano.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
Sin dagli inizi, Alessandro Fonseca ha rappresentato il fulcro del progetto di rinascita di Tenuta Casenuove. Ingegnere agronomo e viticoltore con oltre 30 anni di esperienza, si occupa della gestione dell’azienda, affiancato da una squadra di giovani professionisti under 40.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
Una realtà unica nel suo genere, dove vino e arte s’incontrano per creare un messaggio rivolto al futuro. Philippe ha da sempre a cuore l’idea di dare nuova vita a luoghi con patrimoni nascosti, lasciando una testimonianza che attraverso l’arte possa valorizzare la Toscana.
Vicino all’antico borgo di Suvereto, sulle colline ferrose della Val di Cornia e con lo sguardo sul mar Tirreno, nella spettacolare natura della Maremma, nasce la magia di Petra. È il 1997 quando Francesca Moretti, insieme con il padre Vittorio, acquista 60 ettari di terreno in località San Lorenzo e 45 a Campiglia Marittima, a pochi chilometri da Piombino. “Con Petra è scoccata la scintilla durante un viaggio di tanti anni fa”, racconta Francesca. “Avevo 14 anni quando con mio padre Vittorio sono stata a Bordeaux, mi sono innamorata della storia e della cultura degli château francesi e ho cominciato a coltivare il sogno, divenuto poi realtà. All’inizio si trattava solo di una tenuta maremmana ma negli anni siamo riusciti a trasformarla in qualcosa di unico e raro”. Un progetto, quello di Petra (in latino pietra), proiettato nel futuro come una visione cui dare sempre più concretezza, evidenziando la bellezza del luogo e valorizzando il lavoro per trasformare l’uva in vino. Bellezza e funzionalità. Il disegno architettonico diventa così significativo da essere l’elemento caratterizzante del vino: parallelamente alla grande opera agronomica in vigna, prende il via anche la maestosa opera architettonica della cantina, affidata a Mario Botta, inaugurata nel 2003 e diventata simbolo dell’azienda, che ha da poco festeggiato la ventesima vendemmia. Al centro un cilindro di pietra rosa della Lessinia, incorniciato dalla vegetazione, in perfetta armonia con collina.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
Tra le donne più influenti nel mondo del vino, Francesca Moretti, classe ‘74, è Presidente del Gruppo Terra Moretti Vino con 70 milioni di euro di fatturato, 548 dipendenti e 1.154 ettari vitati in sei diverse cantine. Enologa, nel 1997 entra a pieno titolo in azienda occupandosi di Petra con la stessa passione del papà, inventore della Franciacorta.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
La sorella di Napoleone governò per dieci anni le zone di Piombino, Lucca e Isola d’Elba e scelse questi luoghi per impiantare, secondo i canoni di Bordeaux, la Vigna della Principessa, cinque ettari di uve Cabernet Sauvignon e Merlot. Francesca Moretti ha raccolto il testimone e creato un’azienda dalla spiccata identità femminile.
Situata nel cuore del Chianti Classico, nella Conca d’oro di Panzano in Chianti, in una posizione geografica privilegiata, abbracciata dalle colline e protetta dai monti, a metà strada fra Siena e Firenze, Tenuta Carobbio sorge nel Quattrocento, proprietà dei Magaldi, famiglia di mercanti fiorentini. Nel XV secolo fu dimora dei Gherardini, la famiglia di Monna Lisa. Nel 1985, il podere fu acquistato da Carlo Novareseche, da industriale tendeva all’eccellenza. Esperti in agraria si misero al lavoro avviando drastici interventi sui vigneti, a sostegno di una strategia di alta qualità delle uve e dei vini, e realizzando nuovi impianti, secondo i principi delle tendenze viticole più avanzate. I risultati hanno ripagato l’impegno: una selezione di vini di qualità ineguagliata, dal Chianti Classico fino ai Super Tuscan. Il Sangiovese è il re di questa terra, ma qui trovano la massima espressione anche Cabernet, Merlot, Malvasia,Trebbiano e la nuova vigna di Pinot Bianco, che ha dato vita al Piluka, IgtToscana nato in onore di Fillippo Cinelli, contadino di Carobbio nel ‘400.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
La nipote Alessandra continua con entusiasmo e passione il progetto iniziato da Carlo insieme con il direttore Dario Faccin (entrambi nella foto). Negli ultimi anni la tenuta ha visto un ampliamento della superficie vitata, con la creazione di nuovi vini, fra tradizione e innovazione.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
L’espressione del territorio, quindi vini di grande eleganza, longevi e con personalità. La pulizia e la dolcezza dei tannini come nota distintiva. Il rispetto del consumatore, che trova in Carobbio la passione e l’unicità di un prodotto da apprezzare per il suo stile.
L’azienda vinicola nasce due secoli fa in una delle zone più suggestive della Valpolicella classica, a Pedemonte. Una villa importante, progettata da Palladio nel 1565 e patrimonio dell’umanità Unesco dal 1996, simbolo di un’azienda a conduzione familiare, nobile e stimata. L’arrivo della famiglia Begnoni a Santa Sofia 50 anni fa segna l’inizio di una nuova consapevolezza, una piccola ma ineluttabile rivoluzione enoculturale. Giancarlo e Luciano Begnoni hanno infatti scelto di ridare un’identità forte all’azienda, puntando su etichette di grande qualità e sul mercato internazionale, lavorando sui protagonisti del territorio. Il risultato? Grandi vini classic, espressione della tradizione locale, con caratteristiche diverse per corpo, profumi, tannini e struttura, eleganti e dalla spiccata freschezza. Il rinascimento di Santa Sofia continua con il rinnovo delle botti per l’affinamento dei vini e investimenti importanti per il futuro: oltre ai 24 ettari della Valpolicella Classica, nel 2015 vengono acquistati 45 ettari in Valpantena. Questi vigneti a 350-400 metri di altitudine, in una zona vocata per la produzione dei rossi, consentono di portare avanti un progetto di agricoltura sostenibile e di rispetto per l’ambiente, un obiettivo sempre più importante nella filosofia di Santa Sofia.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
Alla guida due menti e due sensibilità complementari: Giancarlo Begnoni e suo figlio Luciano (nella foto). Giancarlo entra subito nell’azienda di famiglia, già alla terza generazione di attività. Qualificato e attento enologo, persegue la “strategia dell’eccellenza” con il coraggio e la lungimiranza di puntare su vini di qualità con investimenti in vigna e in cantina. Nasce nel 1967 il primo Amarone della Valpolicella Santa Sofia.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
All’inizio degli anni ’90 comincia il percorso di internazionalizzazione dell’azienda. Oggi i vini Santa Sofia sono presenti in 65 Paesi nel mondo, con l’87% della produzione (mezzo milione di bottiglie). Sono nelle carte dei ristoranti rinomati, come gli stellati Casa Perbellini a Verona, Otto e Mezzo Bombana a Macao e il Bocca Italian Cousine dell’Hilton di Abu Dhabi.
Nata nel 1935 dalla visione del conte Gaetano Marzotto, Santa Margherita Gruppo Vinicolo è una storia italiana che parla di passione e lavoro, metodo e tradizione. Sono trascorsi 85 anni da quell’esordio visionario e lungimirante – un’agricoltura moderna, efficiente, fatta di uomini, natura e tecnologia insieme – ma i valori sono rimasti gli stessi: oggi Santa Margherita è una delle realtà del vino più importanti del Belpaese, un ‘mosaico enologico’ (712 ettari di cui il 70% di proprietà e oltre la metà coltivata secondo i dettami dell’agricoltura biologica) che raggruppa dieci tenute, da nord a sud: dal Veneto orientale alla Valle dell’Adige, dalle colline di Valdobbiadene e Refrontolo alla Franciacorta, dall’Alto Adige alla Lugana, dal Chianti Classico alla Maremma, dalla Sicilia alla Sardegna. Attraverso i brand Santa Margherita, Torresella, Kettmeir, Ca’ del Bosco, Cà Maiol, Lamole di Lamole, Vistarenni, Sassoregale, Terrelíade e Cantina Mesa, rappresenta uno dei poli più significativi dell’enologia italiana, con oltre 22 milioni di bottiglie vendute nel 2019 in 94 Paesi del mondo.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
Una cultura che si tramanda di generazione in generazione, oggi il Gruppo è di proprietà dei quattro fratelli della famiglia: Gaetano Marzotto alla presidenza, Stefano alla presidenza di Zignago Holding, Luca alla vice presidenza e Nicolò, membro del Cda. La guida operativa è affidata all’ad Beniamino Garofalo. Nella foto, da sinistra, i fratelli Luca, Nicolò, Stefano, Gaetano Marzotto e (quarto da sinistra) Beniamino Garofalo.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
Cantina dell’anno per la Guida vini d’Italia 2021 del Gambero Rosso per la varietà dei prodotti delle tenute unita a un altissimo livello della proposta enologica e all’ottimo lavoro della famiglia Marzotto.
Nel cuore del Chianti Classico, fonda le radici la storia di Rocca delle Macìe, caratterizzata da un solido rapporto con il territorio, l’ambiente, l’innovazione e la ricerca. L’amore per il vino e la campagna toscana scorre da sempre nelle vene della famiglia Zingarelli, e proprio passione e dedizione sono alla base di successi e riconoscimenti ottenuti negli anni. Oggi i vigneti di proprietà sono tra i più belli nelle colline di Castellina in Chianti, fiore all’occhiello del Chianti Classico. Il contributo all’eccezionalità dei vini prodotti è il risultato della ricchezza geologica e paesaggistica combinata alle capacità agronomiche ed enologiche messe in campo da tutto il team. Rocca delle Macìe conta oltre 200 ettari destinati alla viticoltura in un contesto con quasi il triplo di superficie destinata a boschi e seminativi, distribuiti tra le quattro tenute in Chianti Classico e le due in Maremma. Alla produzione e distribuzione di vino in oltre 50 paesi si affianca un esclusivo olio extravergine biologico prodotto nel frantoio della Tenuta Riserva di Fizzano. Dove, tra l’altro, è possibile trascorrere momenti di completo relax grazie all’esclusivo relais e alla nuova Osteria Passo dopo Passo, immersi in un panorama naturale unico e indimenticabile.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
Sono passati più di 40 anni da quando Italo Zingarelli acquistò la prima parte dei terreni di quella che è diventata Rocca delle Macìe per produrre un grande vino. Una storia aziendale intrecciata con le vicissitudini del Chianti Classico, del vino italiano e della famiglia Zingarelli, romana di origine, oggi radicata a Castellina in Chianti. Nella foto Sergio Zingarelli.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
L’eccellenza passa attraverso un complesso sistema di attenzioni che dalla vigna passano alla cantina per arrivare a offrire un’ospitalità sincera, e indimenticabile. Ciascun vino ha una storia e un’anima, va in parte seguito e guidato affinché si trasformi in un appassionato ambasciatore.
Tra i grandi produttori in provincia, Poderi di San Pietro, la ‘vigna di Milano’, è a soli 30 minuti dal centro e conta su 60 ettari nei territori di San Colombano e comuni limitrofi di Graffignana e Miradolo Terme. In portafoglio, San Colombano Doc e Collina del Milanese Igt, con una produzione che spazia tra le varietà a bacca rossa di Croatina, Barbera, Uva rara, Merlot, Cabernet e Pinot nero e a bacca bianca con Chardonnay, Trebbiano, Cortese e Malvasia. Una curiosità: sono stati trovati all’interno delle vigne i resti di un mammut, che oggi sono in fase di studio e torneranno presto in cantina in esposizione, aperta al pubblico. Tra i vini, spicca la riserva Monastero di Valbissera, realizzata con vitigni autoctoni: Croatina, Barbera e Uva rara. Prende il nome dall’antico monastero benedettino, nella zona vocata ai rossi di livello. Da qualche anno la cantina sta puntando sull’utilizzo di anfore per la vinificazione. Presente in Cina, Svizzera, Stati Uniti, Germania e Giappone, la cantina si affida alle più moderne tecnologie e attraverso il supporto di Wine Scan, un sofisticato e rapido strumento di analisi chimica per ottenere dati utili all’enologo per valutare a pieno la qualità del prodotto. Il rischio di ossidazione del vino viene evitato attraverso il ricorso a un generatore di azoto che permette di saturare le vasche in acciaio, creando un ambiente interno privo di ossigeno. L’azienda si è dotata di una linea di imbottigliamento automatizzata in grado di preparare fino a 4mila bottiglie l’ora.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
Nota già a partire dal 1500 per la coltivazione della vite, la storia dell’azienda moderna comincia nel 1998. Diventa presto la cantina più tecnologica e moderna del territorio, sotto la guida di Giuliano Toninelli, già imprenditore agricolo, imprenditore dell’anno 2016 per la Camera di Commercio di Lodi.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
Nel cuore di San Colombano si colloca sia la cantina ultra tecnologica scavata sottoterra, aperta al pubblico su prenotazione, sia l’ampia enoteca da 100 mq dove degustare i vini del territorio e acquistarli a Km 0. Si possono organizzare anche visite tra i vigneti, per piccoli gruppi.
Masottina è il brand storico della Famiglia Dal Bianco, realtà nata e cresciuta nelle colline del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore, dal 2019 decretato patrimonio dell’Unesco. Quasi 300 ettari di vigneti nell’area di Ogliano, fino alle terre del Piave, a Gorgo al Monticano e Mogliano Veneto. Due le anime di Masottina: una legata alla produzione di spumanti, su tutti il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, l’altra dedicata ai tradizionali vini fermi veneti, di cui fanno parte Montesco e Rizzardo della denominazione Colli di Conegliano Docg, due single vineyard in tiratura limitata. A questi si affiancano il Pinot Grigio Delle Venezie Doc che porta il nome di Dorsoduro, Sestiere di Venezia e altri vini di differenti denominazioni riferite alla tradizione enologica della città lagunare. Tradizione ma anche innovazione continua. Prossima mossa l’apertura di un wine shop nella tenuta di Ogliano, dove si trova anche la cantina.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
Alla guida dell’azienda fondata nel 1946 da Epifanio Dal Bianco, c’è oggi il primogenito Adriano, enologo. Con lui i figli Federico (a sinistra), vicepresidente, e Filippo (a destra), responsabile commerciale Italia e mercati emergenti che, con dedizione e tenacia, stanno apportando un prezioso contributo nell’ampliamento del parco vitato e nella sostenibilità.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
La cantina ha un potenziale di quattro milioni di bottiglie. Primo brand di Prosecco in Irlanda e ottimamente posizionato in Gran Bretagna, con fornitura esclusiva per il retail di Marks & Spencer. Il consolidato 2019/20 del gruppo è stato di 36,2 milioni, 25% in Italia, 63% in Europa, 12% resto del mondo.
La storia della famiglia Antinori è da sempre legata a doppio filo alla storia del Chianti Classico e di Firenze, dove si insediò durante la prima metà del XIII secolo, affermandosi nel commercio, nel campo vitivinicolo e nella vita pubblica della città. Il legame con il vino, sancito nel 1385 dall’ingresso di Giovanni di Piero Antinori nell’Arte Fiorentina dei Vinattieri, si consolida fino a diventare nel corso dei secoli l’attività più importante. Oggi Marchesi Antinori è l’unione di diverse tenute, prevalentemente in Toscana e Umbria, situate in aree vinicole particolarmente vocate alla produzione di vini di alta qualità, da Bolgheri a Montepulciano, dalla Maremma a Montalcino fino al Chianti Classico, territorio di elezione della famiglia. È proprio qui che secoli fa iniziò la lunga tradizione vitivinicola e il luogo dove oggi sorge la nuova sede dell’azienda, la cantina Antinori nel Chianti Classico, opera di architettura straordinaria, moderna reinterpretazione degli antichi palazzi rinascimentali quale fu Palazzo Antinori, che ancora oggi è la residenza degli Antinori. Il perfetto equilibrio tra tradizione e innovazione, l’una al servizio dell’altra, è da sempre una caratteristica peculiare dell’azienda che conta, tra i suoi principali valori, la grande passione per il vino, la prudenza e la pazienza tipiche degli agricoltori. Valori che si tramando da ben 26 generazioni.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
La famiglia Antinori si dedica alla produzione vinicola da più di 600 anni. Attraverso 26 generazioni, ha sempre gestito direttamente l’attività con scelte innovative e talvolta coraggiose, ma sempre mantenendo inalterato il rispetto per le tradizioni e per il territorio. Oggi l’azienda è presieduta da Albiera Antinori, con il supporto delle sorelle Allegra e Alessia in qualità di vicepresidenti. Il padre, marchese Piero Antinori, è il presidente onorario dell’azienda.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
La cantina dei record, a livello internazionale. L’ultimo riconoscimento? Al Tignanello 2016, numero 1 della Top 100 Cellar Selections 2020 della rivista Usa Wine Enthusiast (disponibile per i clienti è ora l’annata 2017). Un primato che si aggiunge all’essere numero 1 al mondo nella Top 100 Cellar Selections del 2012, con il Guado al Tasso 2008, e ad altri premi importanti.
Ci sono uomini, famiglie e storie che cambiano il corso delle cose: Guido Berlucchi e Franco Ziliani sono tra quelli. L’uno nobile vignaiolo discendente dalla famiglia dei Lana de’ Terzi e l’altro giovane e talentuoso enologo, hanno unito i loro destini e vinto una sfida che agli albori degli anni ’60 pareva quasi impossibile: creare un modello tutto italiano di eccellenti spumanti. In Franciacorta, lembo di terra sulle sinuose colline moreniche a sud del lago d’Iseo, hanno trasformato il destino di un’intera regione in Wine destination per gli appassionati di tutto il mondo. La vocazione imprenditoriale e l’operosità di chi abita in questa terra hanno dato vita a un fenomeno enologico che ha tra i suoi punti di forza il disciplinare più severo al mondo, primo vino spumante italiano metodo classico ad avere ottenuto la Docg nel 1995 e a poterne omettere la menzione in etichetta. Berlucchi è sinonimo di spumante italiano di qualità per antonomasia, vino della festa e del piacere quotidiano, del brindisi e ‘a tutto pasto’. Seguendo i princìpi del fondatore Guido incentrati, prima che in cantina, su un’attenta cura e rispetto della terra, la generazione dei figli di Ziliani ha iniziato da oltre 10 anni a perseguire obiettivi improntati prima di tutto alla qualità e alla sostenibilità ambientale.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
La storia narra di un incontro avvenuto nel 1955 a Palazzo Lana – storica sede della Berlucchi – tra Franco Ziliani, brillante enologo diplomato alla Scuola enologica di Alba e Guido Berlucchi, produttore di vini fermi a base Pinot. Franco Ziliani ha condotto l’azienda nel nuovo Millennio, confermando un successo lungo quasi 60 anni. Il futuro è ora nelle mani dei figli Cristina, Arturo e Paolo, che conducono l’azienda da oltre 20 anni (nella foto la famiglia Ziliani).
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
“Per la Guido Berlucchi il 2021 segna il 60° anniversario della prima bottiglia di Franciacorta, vogliamo affrontarlo con un messaggio di positività e consapevolezza”. Così Arturo Ziliani, ceo e Direttore Tecnico, commenta il suo primo Report di Sostenibilità GB 2019, sviluppato e prodotto con la consulenza di EY Sustainability e la collaborazione di LifeGate.
Marchio di eccellenza del Prosecco Docg, ambasciatore della cultura vitivinicola di Valdobbiadene da oltre 250 anni, è stata tra le prime aziende a orientarsi verso la categoria degli spumanti. Da ben nove generazioni la famiglia Follador custodisce i valori di un territorio Patrimonio dell’Umanità, con la consapevolezza e l’orgoglio che un grande passato rappresenti la migliore risorsa per volgere lo sguardo al futuro. Grazie anche all’applicazione dell’innovativo metodo di produzione depositato, denominato ‘Metodo Gianfranco Follador, che prevede specifici passaggi nella fase iniziale della vinificazione, il risultato è un prodotto all’altezza degli estimatori più esigenti. Da sempre impegnata nello sviluppo di una viticoltura sostenibile e attenta alle esigenze della salvaguardia ambientale, Follador Prosecco dal 1769 si estende su una superficie di otto ettari a Col San Martino, località collinare del Conegliano Valdobbiadene, suddivisa in tre aree: fermentazione, imbottigliamento e stoccaggio. La maggior parte dei vigneti destinati alla produzione del Valdobbiadene Superiore è strategicamente rivolta verso sud/sud-ovest, dove l’esposizione solare dominante favorisce la maturazione delle uve. Tutto il processo produttivo, dalla vendemmia all’imbottigliamento, si svolge in loco. Per accogliere i tanti visitatori che decidono di percorrere la Strada del Prosecco, Follador Prosecco dal 1769 ha allestito una sala degustazione; durante le visite guidate e gli eventi speciali vengono preparati piatti locali da abbinare ai vini della cantina.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
Nel 1970 Gianfranco Follador fonda con la moglie Italia, oggi ad dell’azienda, la Follador Spumanti, votata alla spumantizzazione del Valdobbiadene. Il primogenito Michele è responsabile della produzione esterna, della vinificazione, della produzione interna e del marketing di prodotto, oltre che supervisore dei vigneti di proprietà. Nella foto, da sinistra, Mariacristina, Emanuela, Michele e Francesca Follador.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
Ambasciatori dell’eccellenza del Prosecco Docg di Valdobbiadene, gli spumanti Follador dal 1769 scalano il podio di Vinoway Wine Selection, l’evento più glamour del mondo del vino italiano. A dicembre 2020 l’azienda ha vinto il titolo di Prosecco dell’anno al Champagne Sparkling wine World Champion.
Un buon vino inizia nella vigna. Lo sanno bene alla Fattoria Le Fonti, nel cuore del Chianti Classico, a metà strada fra Firenze e Siena. Una tenuta di oltre 15 ettari nel piccolo paese di Panzano, il primo bio-distretto in Italia, di cui 9 sono coltivati a vigneti e i restanti riservati alla coltura dell’olivo. L’85% delle vigne sono di varietà Sangiovese, il resto è diviso fra uve Merlot e Cabernet Sauvignon. Da una piccola vigna di 200 piante di Malvasia e Trebbiano si ricava un ottimo passito. L’azienda segue un regime di agricoltura sostenibile biologico, che garantisce un buon equilibrio al terreno e rispetta l’integrità dell’ambiente. Le dimensioni contenute consentono di seguire la produzione con particolare cura: solo i migliori grappoli arrivano in cantina e solo le migliori selezioni vengono imbottigliate per essere avviate al commercio. Fiore all’occhiello il Chianti Classico nelle tre categorie (annata, Riserva e Gran Selezione) per il quale viene impiegato il 90-100% di varietà Sangiovese (la disciplinare Docg prevede un utilizzo minimo dell’80%).
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
La fattoria è condotta dalla famiglia Schmitt-Vitali dal 1994 (nella foto Guido Vitali e Vicky Schmitt-Vitali). Le Fonti è una piccola azienda che produce 40-50mila bottiglie all’anno. Tutta la filiera della produzione vitivinicola – dalla potatura alla commercializzazione – è seguita direttamente dalla famiglia, che si avvale di pochi ed esperti collaboratori.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
Una passione per il terroir che si esprime nell’elegante Chianti Classico Gran Selezione, 100% Sangiovese prodotto solo nelle migliori annate e con estrema cura. Invecchiato 24-26 mesi in tonneaux di 400 e 500 litri di rovere francesi prima di essere imbottigliato e per altri 9 mesi in bottiglia.
Nel cuore della Toscana, una piccola porzione di territorio del Chianti resa grande dalla passione di una famiglia, quella dei Bagnoli. La storia del territorio dove sorge Fattoria La Leccia, in cima a un promontorio, sui colli della Val di Botte, ha origini antiche ed evoca il nome dei Machiavelli, che alla fine del XIV secolo possedevano due terzi della superficie di Montespertoli. Dopo tanti passaggi di proprietà, negli anni Settanta il podere rivive i fasti del passato sotto la gestione Bagnoli, con la decisione di recuperarne vigne e oliveti e ripristinare la cantina, primo passo di un progetto unico nel suo genere. Oggi Fattoria conta 20 ettari vitati in produzione, composti dai vitigni autoctoni Sangiovese e Trebbiano, e da varietà internazionali come Merlot e Syrah, certificati biologici dallo scorso anno. Si affiancano 40 ettari di bosco e la superficie occupata da 3.500 piante di olivi di cultivar Leccino, Frantoio, Moraiolo, Pendolino e la rara Madonna dell’Impruneta. Ultima nata, l’apicoltura, per l’habitat ideale.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
L’acquisto della Fattoria da parte dei fratelli Renzo, Sergio e Loriano, titolari del gruppo Sammontana, è un ritorno alla terra, un omaggio al bisnonno Romeo. In prima linea nella gestione, tre donne della famiglia: Paola per la parte agricola e la cantina, Sibilla la comunicazione, Angelica la parte amministrativa e artistica. Competenza e passione per il vino sono affidate all’enologo Gabriele Gadenz.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
Fare esprimere realmente il territorio di Montespertoli, capace di concentrare l’essenza più profonda di due vitigni davanti a tutti, il Sangiovese e il Trebbiano Toscano, rispettando i tempi della natura,il ciclo della vite e il riposo del vino.
Il territorio dell’Etna è caratterizzato da un numero elevato di piccole aziende agricole. In questo ambiente ricco di storia e di tradizione, Duca di Salaparuta ha scelto la Tenuta di Vajasindi, nel comune di Castiglione di Sicilia. I 21 ettari di terreno sono suddivisi in due terrazzamenti, il primo a 700 metri sul livello del mare mentre il secondo a 620. La natura del terreno è di origine vulcanica, qui la terra è di colore bruno scuro e si presenta soffice e porosa, per la presenza di una grande quantità di scheletro di pomice di piccole dimensioni con una capacità drenante elevata. Duca di Salaparuta ha iniziato ad allevare in questa tenuta un vitigno autoctono dell’Etna: il Nerello Mascalese, una varietà forte e potente coltivata in questi luoghi da tempo immemore. Ma ha anche preferito questo angolo di Sicilia per avviare un’innovativa sperimentazione allevando un vitigno alloctono dalla personalità unica, il Pinot nero. Dopo anni di lavoro è qui che nel 2020 nasce Duca Nero, il Pinot nero spumantizzato con metodo Charmat, che unisce l’eleganza e la freschezza al naso a un palato in cui spicca una mineralità unica nel suo genere.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
Il 2020 si apre con un nuovo importante ingresso nel team Duca di Salaparuta. Giacomo Tarquini il nuovo Global marketing director – wine division del gruppo Illva Saronno. A lui viene affidato lo sviluppo dei tre brand Corvo, Duca di Salaparuta e Florio, sia in Italia sia all’estero.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
Questa terra, particolare per composizione e ricca di microelementi, è ciò che dona sfumature inedite al Pinot nero, che qui si trova a proprio agio grazie all’altitudine e al clima freddo e secco, con un vino dal carattere moderno e originale.
La Casa Spumantiera piemontese Cuvage (dall’originale crasi dei termini Cuvée e Perlage), fondata nel 2011 ad Acqui Terme, interpreta in chiave moderna l’antica tradizione spumantistica nata in Piemonte nel 1895. Fu infatti l’enologo Italiano Federico Martinotti a inventare nel 1895 il metodo famoso in tutto il mondo nel campo degli spumanti, che prevede una breve rifermentazione in autoclavi d’acciaio per preservare gli aromi naturali delle uve. Spumanti dallo stile unico, da uve provenienti da vigneti distribuiti tra le colline a più alta vocazione vitivinicola della regione Piemonte. Un territorio che si estende dal Monferrato alle Langhe in cui si alternano terreni argillosi, ferrosi, marne e rocce calcaree bianche, adatti a ospitare vigneti ad alta specializzazione di varietà autoctone come Nebbiolo, Cortese, Moscato e Brachetto, insieme agli internazionali Pinot nero e Chardonnay. Due le linee che rappresentano l’eccellenza dei grandi spumanti italiani: Cuvage Metodo Classico e la Linea di territorio Acquesi a Metodo Martinotti, con cui Cuvage rende omaggio alla città che la ospita e il suo particolare terroir. L’inconfondibile design floreale delle bottiglie della cantina Cuvage è un tributo all’eleganza e la gioia che caratterizzarono lo stile Liberty, che influenzò tutti i campi artistici nella Acqui Terme dell’epoca.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
L’azienda piemontese che fa parte del gruppo Mondodelvino Spa, fondato e presieduto da Alfeo Martini (foto), esprime la sua eccellenza in un ricercato equilibrio fra storia, innovazione e tecnologia. Per i vini Metodo Classico, un’esperienza che si innesta sull’antica tradizione dello spumante, Cuvage utilizza varietà provenienti da una selezione di vigneti a cura dall’enologo Loris Gava.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
Eletto numero uno al mondo nella categoria delle bollicine aromatiche dallo Champagne & Sparkling Wine World Championships 2020, il concorso internazionale fondato da Tom Stevenson, per il secondo anno consecutivo il Cuvage Asti Docg Acquesi porta in alto il prestigio dell’arte spumantiera piemontese della cantina Cuvage.
La Casa vinicola Luigi Cecchi & Figli ha attraversato la storia della viticoltura italiana nella zona del Chianti Classico. È il 1893 quando il capostipite, assaggiatore di vino, inizia la dinastia. Il business è subito vigoroso, tanto che dopo gli anni ’30 la fama della cantina valica i confini italiani, e culmina nell’acquisizione della Tenuta di Villa Cerna, alla fine degli anni ‘60. Negli anni ’70 il progetto di Castellina viene completato con la ristrutturazione della villa e, successivamente, con la costruzione della cantina, con investimenti conservativi fino ai nostri giorni. Dalla fine degli anni ‘80 Cecchi decide di confrontarsi con altri scenari: nel 1988 viene acquistato Castello di Montauto a San Gimignano, nel 1998 è la volta di Val delle Rose in Maremma nel cuore del Morellino di Scansano. Nel 2000 per la prima volta valica i confini regionali per investire in Umbria, nell’area del Montefalco Sagrantino, con la Tenuta Alzatura. Nel 2015 è il momento del ritorno alle origini: Cesare e Andrea, la quarta generazione, decidono di investire nuovamente nel Chianti Classico, dove acquisiscono la storica Villa Rosa a Castellina in Chianti. Vigneti di grande pregio, adibiti da sempre a Chianti Classico, un territorio di inestimabile vocazione vitivinicola. È di appena tre anni fa, l’acquisto di sei ettari di vigneto a Montalcino, di cui tre a Brunello, nei pressi della millenaria Abbazia di Sant’Antimo. Ora che si va verso i 130 anni dalla fondazione, il cuore di Cecchi è sempre lo stesso, tra l’artigianato in vigna e la precisione di fattura in cantina, dove vige la cifra stilistica sartoriale. Un blend perfetto tra saggezza degli avi e sapere moderno.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
Presidente dell’Azienda oggi è Cesare Cecchi. Ricopre anche la carica di presidente deI Consorzio Vino Toscana che si occupa della gestione, tutela, promozione e valorizzazione, informazione del consumatore, e cura generale degli interessi del vino Toscana a Indicazione geografica tipica.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
Coevo, un Toscana Rosso IGT vendemmia 2006, premiato nel 2010 con i 3 bicchieri del Gambero Rosso e il 2015 e 2016 con i 5 grappoli di Bibenda, è la straordinaria memoria della tradizione Cecchi. Testimonianza di due territori, Chianti Classico (Sangiovese e Cabernet Sauvignon) e Maremma (Merlot e Petit Verdot), con il massimo di qualità per annata.
Anno 1974, Peppino Di Capri cantava Champagne e l’allora ventottenne Michele Placido recitava accanto a Ugo Tognazzi e Ornella Muti in Romanzo popolare, regia di Mario Monicelli. Domenico Volpone, 21 anni, lavorava nei campi sotto la guida del padre Rocco. Era estate, le due numerose famiglie passavano giornate assieme nelle campagna di Ascoli Satriano, alla Masseria Volpone. I due ragazzi stringevano un’amicizia profonda e misero i presupposti per un vino che rimarrà nella storia. La cantina è situata nei pressi dell’antica città di Herdonia, area archeologica con i resti della città nel IV-III secolo a.C. e municipium romano, punto di incrocio tra le vie Traiana, Eclanense e per Venosa. La leggenda narra che Diomede, il vincitore della guerra di Troia, portò con sé dall’Asia Minore, in Puglia dei tralci di vite che qui impiantò, dando vita così alla storia del vino di maggior pregio di Placido Volpone, il Nero di Troia. Vini che hanno ricevuto numerosi premi, tra cui il Certificato prodotto d’eccellenza per qualità salutistiche e accertata salubrità del suo antico sapore, e il premio speciale Medusa, dall’Istituto Universitario Internazionale ‘SapientiaMundi’, Policlinico Umberto I dell’Università La Sapienza di Roma, in occasione di Expo 2015.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
Dopo 40 anni di amicizia, Michele Placido e l’amico Domenico Volpone hanno dato vita al progetto di sempre: una cantina in Puglia, ad Ascoli Satriano, per produrre un vino figlio di generazioni di agricoltori ed artisti. Creato della vinificazione con tecniche antiche e attrezzature all’avanguardia.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
Prima al mondo a certificare la filiera del suo Falanghina su Blockchain (un registro immodificabile, che permette di tracciare la produzione di qualsiasi tipo di prodotto per garantirne la provenienza e la qualit?). La Cantina è accreditata alla vendita in Vaticano.
Dai masi più alti, uno spumante dalla grande personalità. Il segreto di Altemasi è fortemente legato al territorio in cui la Cantina opera per dare interpretazione di qualità al magico mondo del Trentodoc. Sulle colline più alte del Trentino, tra i 450 e i 600 metri, dai vigneti in altitudine di Chardonnay e Pinot nero più vocati, le uve sono sottoposte a forti escursioni termiche che determinano e favoriscono il deposito aromatico e, seppur maturate, mantengono un contenuto acido importante, consentendo al vino di affrontare lunghi periodi di affinamento sui lieviti (oltre 60 mesi per la Riserva Graal e il Pas Dosé). Armonie create con arte e sapienza che si ritrovano in ogni annata, spumanti dallo stile unico, dotati di grande struttura e ricchezza, piacevoli, equilibrati, eleganti. Caratteristiche che sono valse ad Altemasi importanti premi e riconoscimenti ai principali concorsi enologici internazionali e ne fanno una delle firme più apprezzate e amate della spumantistica italiana.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
Autore dell’imprinting trentino Altemasi è Paolo Turra. Enologo storico della Cantina e figlio d’arte, cerca di sviluppare il perfetto equilibrio di questi spumanti, armonizzando i profumi fruttati e floreali delle uve con quelli speziati derivanti dalla fermentazione di una parte della base in legno e dalla lunga permanenza sui lieviti.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
La gamma Altemasi, fiore all’occhiello di Cavit, cantina storica del Trentino, comprende prodotti Metodo Classico con la prestigiosa denominazione Trento Doc: Riserva Graal, Brut Millesimato, Brut, Rosé, Pas Dosé. E, ultimo arrivato, Altemasi Blanc de Noirs, il Pinot nero di montagna in purezza vinificato in bianco, solo 6mila bottiglie.
Nel 1860 era un teatro, trasformato poi in splendida villa in cui hanno soggiornato re e regine. Diventato in seguito un prestigioso hotel, 2018 è stato acquistato da Bibi Graetz, dinamico artista e vigneron fiesolano, i cui vini pluripremiati Colore e Testamatta nella vendemmia 2018 hanno ottenuto rispettivamente 99/100 da James Suckling e 100/100 da Decanter. Il suo progetto Chateau in città ha preso vita con questa vendemmia, le cui uve hanno trovato dimora (3mila mq) in una cantina vera e propria con botti e barrique, sala degustazione e dimora di famiglia nella centrale piazza Mino di Fiesole. Dove ai piani superiori nascerà un’elegante foresteria per gli ospiti dell’azienda. Al vicino Castello di Vincigliata, storica proprietà della famiglia Graetz, restano la campagna e le vigne. Proprio dove all’inizio del XVI secolo lo stesso Leonardo da Vinci ne coltivava una. Un concept nuovissimo, ispirato alle maison vinicole francesi. Da un lato il Duomo e il Comune, dall’altro il panorama su Firenze con la Cupola del Brunelleschi, Palazzo Vecchio e tutti i suoi gioielli. Qui i grappoli arrivano nella nuova cantina, luogo ideale per enoturisti e appassionati in vena di particolari wine experience.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
Accanto alla sua attività di pittore, nel 2000 Bibi Graetz inizia quella di produttore di vino, con l’obiettivo di farne un’opera d’arte con un suo stile distintivo. Parte con soli due ettari di un vecchio vigneto attorno al castello di Vincigliata, un maniero dell’XI secolo tutt’ora dimora della famiglia. In seguito recupera appezzamenti di campagna in Rufina, Greve, Panzano e Isola del Giglio, per 50 ettari vitati.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
Questi vigneti contano oggi diverse varietà dell’antica tradizione toscana con metodi biologici. Sangiovese. Prima di tutto, ma anche Ansonica sull’isola del Giglio in terrazzamenti a picco sul mare. In cantina le fermentazioni avvengono in acciaio e sono catalizzate da lieviti indigeni, presenti sulle bucce.
Tradizione, legame con il territorio, rispetto dell’ambiente. Da 200 anni sono le linee guida di questa famiglia che con passione e decizione coltiva le vigne in terra di Langa, nel rispetto dell’ambiente e dei consumatori. Una famiglia storica di coltivatori in un’azienda fortemente identitaria e aperta alll’innovazione, in una delle aree più vocate al Barolo, da cui nascono vini di grande complessità, eleganza e longevità, godibili fin da giovani. Dal 2005 è iniziata la conduzione biologica dei vigneti, con l’utilizzo in vigneti solo di prodotti di copertura, quali rame e zolfo, che ha portato l’azienda a ottenere la certificazione dal Ccpb. Tra i prodotti di punta: Barolo Docg Ravera, Nebbiolo d’Alba Spumante Metodo Classico, Barbera Doc Superiore Villar’O, Alta Langa Docg. Si aggiungono una pregiata grappa di Barolo e l’olio extravergine d’oliva di Monforte d’Alba.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
Un’avventura iniziata con Ernesto Saffirio e in seguito la figlia Josetta, insegnante di viticolutra, con il marito Roberto Vezza, l’enologo della cantina. E che prosegue oggi con la figlia Sara Vezza (nella foto) che rappresenta la quinta generazione di coltivatori.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
Sara, figlia d’arte, ha scelto di dedicarsi alla coltivazione di un bosco per immettere ossigeno e creare un’oasi dove gli animali selvatici possano rifugiarsi, poichè la viticoltura tende a prendere il sopravvento.
Nata nel 1975, l’azienda agricola sorge nell’area di Castelnuovo dell’Abate, all’estremo lembo sud-est del Comune di Montalcino, un angolo di terra incontaminata segnato dal passaggio del fiume Orcia e dai preziosi influssi meteorologici legati alla presenza del Monte Amiata, vulcano estinto 40mila anni fa. Qui il vero protagonista è il Sangiovese (che a Montalcino viene chiamato Brunello) vitigno unico per forza e sensibilità. Due i cru di Brunello firmati Mastrojanni: il Vigna Schiena d’Asino, dalle viti più vecchie e presentato al mercato solo nelle annate migliori, e il nuovo cru, il Vigna Loreto, da una vigna esposta a est piantata su un terreno a base tufacea, con ciottoli lasciati nel corso della storia dal fiume Orcia. A queste due espressioni, uniche del territorio, si affiancano i classici vini di Montalcino: il sanguigno e territoriale Brunello, l’esuberante e fresco Rosso, il raffinato Moscadello Vendemmia Tardiva denominato Botrys e il più moderno San Pio, un Igt a base di Cabernet Sauvignon e Sangiovese.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
Andrea Machetti, mente e anima di Mastrojanni dal 1992, vanta una formazione agronomica e anni di esperienza in importanti realtà di Montalcino. Nel 2008 guida il passaggio dalla famiglia Mastrojanni al Gruppo Illy (nella foto in basso, Machetti con Riccardo Illy, presidente). Come ad e direttore generale ha reso l’azienda tra le più prestigiose d’Italia.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
Un relais di lusso con 11 camere tra suite e deluxe, e una meravigliosa piscina panoramica aperta sulla valle dell’Amiata e sulla Val d’Orcia. La storica produzione di Brunello di Montalcino, raccolta in oltre 39 ettari vitati, si arricchisce di uno spazio per weekend, vacanze e wine tour privati.
Felice è colui che fa felici gli altri: è questa la frase che, dal muro dell’edificio principale, accoglie chiunque varchi la soglia di Contrada Dattilo. Questo è il senso di tutto quello la famiglia Ceraudo ha costruito dal 1973, quando Roberto acquistò una tenuta agricola e decise di piantare la sua vita nella terra. La giovane Caterina,intraprendente e con un’importante formazione alle spalle, oltre a essere stata incoronata migliore chef donna per la Guida Michelin, oggi è a capo della cucina del ristorante stellato di famiglia Dattilo. Il progetto: fare rinascere e splendere il suo territorio nel mondo. Già negli anni Ottanta, i Ceraudo sono pionieri dell’agricoltura biologica, fino a ottenere, nel 1991, la certificazione Icea. Oggi l’azienda agricola è una fertile e felice realtà agrituristica biologica che, oltre al migliore olio di Calabria, produce nove qualità di vino, per un totale di 70mila bottiglie all’anno. Tutte molto eleganti, si distinguono per complessità e significativa persistenza dei profumi. L’esposizione dei filari verso il mare, la consistenza del terreno e il microclima hanno permesso di ottenere vini freschi e al tempo stesso carichi di profumi. Il sole, la frutta e i fiori primeggiano nel carattere, regalando l’emozione di un grande viaggio verso il Sud.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
Roberto Ceraudo oggi insieme con i tre figli, lavora a questo importante progetto: Giuseppe, si occupa di coltivazione e produzione; Susy, laureata in economia aziendale, di amministrazione e commercializzazione; Caterina, cucina e dirige il ristorante stellato.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
Il ristorante Dattilo nasce in un vecchio frantoio all’interno di un casolare del 1600 circondato da vigneti, uliveti, agrumeti e dall’orto dell’azienda agricola Ceraudo Roberto. Insieme costituiscono un viaggio unico in una storia fatta di amore e di famiglia.
Fondata agli inizi del secolo scorso dal patriarca Antonio, Argiolas è sinonimo di Sardegna nel mondo, e autorevole punto di riferimento internazionale per i vini di qualità. A Serdiana, nel cuore della campagna cagliaritana, sede storica dell’azienda, tradizione e ricerca, scelte coraggiose e lavoro appassionato danno vita a vini pluripremiati, citati nelle guide più prestigiose e serviti nei migliori ristoranti ed enoteche di tutto il mondo. I vini della cantina nascono dalle uve di cinque fattorie, quasi 250 ettari vitati nelle zone del sud della Sardegna più vocate, con una tradizione plurimillenaria alle spalle. Una si trova a Serdiana, proprio accanto alla cantina, nella regione storica del Parteolla, che fin dal nome mostra la vocazione alla produzione dell’olio, dove gli oliveti si alternano alle vigne. Tre fattorie sono a Selegas, Siurgus Donigala e Guamaggiore, nella Trexenta, area verde di frutteti e oliveti, filari di viti e campi. L’ultima, la terra del vitigno Carignano, sorge a Porto Pino, nel Sulcis, davanti al mare: qui la tradizione risale ai navigatori fenici, che vi fondarono la colonia di Sulky. Argiolas si distingue per la coltivazione e la tutela dei vitigni autoctoni sardi, 11 dei quali vengono studiati al fine di dare vita a cloni sempre migliori, per un totale di 2 milioni e mezzo di bottiglie prodotte all’anno.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
Antonio Argiolas fonda la Cantina alla fine degli anni Trenta. Dopo averla fatta crescere, ha continuato a essere presente anche quando il testimone è passato ai figli. Oggi in Argiolas lavorano i nipoti: Valentina (nella foto) e la sorella Francesca con il cugino Antonio rappresentano la terza generazione attualmente operativa in azienda. Li affianca Mariano Murru, volto tecnico della cantina di Serdiana, Presidente di Assoenologi Sardegna.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
Il prestigioso Turriga, etichetta di eccellenza vitivinicola pluripremiata, è il vino bandiera dell’azienda. Creato da Giacomo Tachis, che ha contribuito all’ideazione della moderna produzione di etichette Argiolas, è un sapiente blend di quattro vitigni autoctoni sardi: Cannonau, Carignano, Bovale sardo e Malvasia nera votato all’invecchiamento.
Una delle realtà di maggiore prestigio e tradizione del territorio di Montalcino. A motivo dei primi insediamenti in epoca romana si pensa che il nome possa derivare da Ara Jani. Eliminate tutte le plastiche monouso, dal 2019 è la prima azienda della zona plastic free. L’ispirazione è al modello circolare, un approccio che parte dalla raccolta differenziata, segue la Regola del Ritorno, ovvero il riutilizzo degli scarti come raspi e sarmenti, e sostiene le 4R per l’ambiente: riduci, recupera, ricicla, riusa. Argiano pratica un’agricoltura organica e rigenerativa per l’equilibrio della biodiversità, che persegue attraverso pratiche per la fertilità del suolo, coadiuvando naturalmente con alghe, tannino di castagno, propoli e zeolite. Il progetto ‘api’, con le arnie accanto ai vigneti, si affianca a quello Micorrize e Microzonazione. Pulizia, equilibrio ed eleganza sono la cifra dei vini: Rosso e Brunello di Montalcino, e il Solengo, il leggendario Supertuscan creato da Giacomo Tachis e oggi firmato da Bernardino Sani. Con l’annata 2015, viene presentata la ‘Vigna del Suolo’ con il Brunello Vigna numerato, cru dell’azienda. Argiano vanta l’uso del 100% di energia da fonti rinnovabili ed è parte di ‘Siena Carbon Neutral’, con un progetto di ricerca per la valorizzazione del bosco della tenuta, polmone da 53 ettari per l’assorbimento di tutte le emissioni di Co2.
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
Nella foto, Bernardino Sani, ceo della società. Rispetto per la storia plurisecolare di Argiano, una terra così speciale, e valorizzazione delle proprietà, del suolo e delle persone i valori che contraddistinguono questa importante impresa nella terra del Brunello.
L’ABBIAMO SCELTO PERCHÉ:
La cantina storica lascia un segno, è emozionante. Il recupero dei materiali e l’ispirazione al disegno originario hanno consentito di ritrovare spazi e concetti della fine del 1500. Nella vecchia cisterna, alle pareti del cilindro una preziosa collezione di bottiglie delle aziende che hanno fatto la storia del Brunello e Montalcino.