Il sommelier Marco Rezzano ci guida alla scoperta di uno fra gli abbinamenti più discussi del panorama culinario italiano
L’enogastronomia è un universo estremamente variegato, fatto di tradizioni, di sapori semplici e genuini. Il mondo del food è un terreno fertile per sperimentazioni, abbinamenti folli e contrasti incredibili. La voglia di creare qualcosa di nuovo, una commistione tra sapori diversi ma complementari, può considerarsi l’obiettivo di ogni appassionato di questo mondo.
Tra gli abbinamenti più ardui vi è sicuramente quello tra gelato-vino, affascinante ma estremamente complesso nella pratica. Per aiutarci a comprendere meglio le difficoltà ma anche le potenzialità di questo binomio abbiamo interpellato Marco Rezzano, vera e propria istituzione nel campo dell’enologia ligure. Ristoratore di professione, sommelier dal 1999, Marco attualmente ricopre il ruolo di referente regionale alla didattica e alla formazione per AIS Liguria.
Insegna materie tecniche come analisi sensoriale del vino, analisi sensoriale del cibo e tecnica di abbinamento cibo-vino. Da sei mesi ricopre la carica di Presidente per l’Enoteca Regionale della Liguria. Grande appassionato di comunicazione e valorizzazione dei vini e dei prodotti propri della magnifica terra ligure, ha cordialmente accettato di rispondere alle nostre domande.
Quanto è complicato trovare il giusto connubio?
“Non è l’operazione più semplice che si possa ipotizzare, esistono diverse insidie, prima fra tutte la temperatura. Quella negativa, infatti, inibisce la percezione olfattiva, dunque ci si deve basare prepotentemente sull’aspetto retronasale del gustolfatto cercando di analizzare gli aromi e non i profumi. Poi c’è un fattore anestetizzante della percezione papillare. Tutto risulta complicato tanto più se proiettato su un abbinamento che in determinate circostanze può apparire davvero improbabile. Detto ciò è evidente che un sommelier che si rispetti accetta subito le provocazioni, anzi le trasforma in opportunità. Iniziamo, quindi, a far ragionamenti e prove pratiche, e intanto partiamo con identificare i partner vinicoli, sicuramente vini dolci, in certi casi passiti, in altri fortificati e poi i distillati”.
Qualche esempio?
“I gelati di crema dovrebbero essere consumati a temperature lievemente più alte come i vini, cercando di giocare sul contrasto, poi il dolce che, se proiettato con gelati di crema, può tranquillamente sconfinare nella densità di certi passiti. Se ci avviciniamo al cioccolato cambiamo marcia e mettiamo in campo i fortificati, magari un ottimo Porto o addirittura un distillato, magari caraibico. Prendendo in considerazione i gelati di frutta, più rinfrescanti e meno cremosi, è evidente che dobbiamo snellire e avvicinarci ad un buon moscato, ad un passito o ad un vino dolce aromatico”.
Cosa ne pensa, invece, sul vino che viene utilizzato come vera e propria base per la creazione di un gelato?
“Sì, inizia a essere diffuso e ad andare oltre ai famosi sorbetti o sgroppini. Spesso si concretizzano armoniosi connubi fra creme e passiti o addirittura gusti dedicati. La gestione della parte alcolica del vino è quella che forse rischia di risultare più difficile, in realtà può creare complessità gustative decisamente accattivanti. Potremmo giocare sulla destrutturazione in chiave gelato di un classico ligure, pandolce e Sciacchetrà, preparando una crema che ricordi l’impasto del pandolce, addizionandola poi con canditi, pinoli e uvetta per finire con l’aggiunta del sensuale nettare delle 5 Terre nella quantità opportuna. Secondo me il godimento sarebbe puro e interminabile”.
Una referenza ligure da trasformare in gelato?
“Potremmo azzardare un gelato di pesca al Pigato, succoso, rinfrescante, deliziosamente aromatico che potrebbe sposarsi a meraviglia con un Moscato del golfo del Tigullio Portofino”.