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Nona edizione per la manifestazione romana, con scenario Forte Prenestino, che ha coinvolto cinquanta vignaioli, cinque produttori di birra e migliaia di curiosi

In una domenica dal cielo velato, accompagnati da alcuni amici estimatori, ci dirigiamo verso il Csoa (centro sociale occupato autogestito) Forte Prenestino. È l’ultimo giorno, il 17 marzo, dell’evento: Enotica – Festival del vino e della sensualità. Appena saliamo i pochi gradini dell’ingresso esterno incappiamo in ogni genere di profumo, panini, brace, birra, vino e alcuni piccoli stand, alcuni improvvisati, di vestiti e bigiotteria. Dopo qualche altro passo, dalla collinetta sovrastante si vede l’ingresso dell’edificio: il Forte Prenestina. Edificato a partire dal 1880 fu voluto da Umberto I di Savoia. Prende il nome dall’importante consolare romana vicina: Via Prenestina. Lasciato al degrado per molti anni fu occupato nel 1986 e divenne appunto un Csoa, prendendo il nome di Forte Prenestino. Dopo una breve fila e un biglietto dal prezzo simbolico, di tre euro, entriamo. Ingannatrice fu la breve fila! Un bagno di folla ci attendeva appena superato il primo tunnel di entrata e così anche arrivando all’enorme piazza interna del forte, sulla stessa, una piramide di casse acustiche riempiva l’aria di musica. Ma veniamo al motivo della nostra visita. Questa rassegna ormai si avvia alla decima edizione e negli anni è sicuramente cresciuta. Prendiamo i calici ed iniziamo a scendere un altro tunnel che ci porterà proprio alle celle. Queste sono state utilizzate come piccoli stand in muratura, ed è qui che sono ospitate le oltre cinquanta cantine provenienti da tutta Italia. Nonostante gli spazi stretti e i numerosi partecipanti iniziamo a degustare i vini presenti, in particolare i rossi. Partiamo con un Sagrantino di Montefalco dell’azienda Calcabrina per poi proseguire con il Rossese di Dolceacqua, un vino biodinamico, dell’Azienda Agricola ROSmarinus. Sarà per la folla, il poco spazio o il vino ma il caldo comincia a farsi sentire; giacconi alla mano continuiamo il percorso. Incontriamo l’Azienda I Botri di Ghiaccioforte e il loro Morellino per poi passare all’Azienda Trentaquerce e il loro Merlot. I momenti di confronto con i diversi vini ci sono, alcuni piacevoli altri meno, ma in questa sede non vogliamo dare nessun tipo di giudizio, sarebbe estremamente personale. L’invito è, però, a provare, assaggiare e farsi anche coinvolgere da una situazione e una location completamente diversa dalle degustazioni a cui si è abituati normalmente. Qui l’intenzione non è solo produrre un buon vino ma uscire anche dalle logiche della grande distribuzione, riprendendo il contatto diretto tra produttore e consumatore.  

In una domenica dal cielo velato, accompagnati da alcuni amici estimatori, ci dirigiamo verso il Csoa (centro sociale occupato autogestito) Forte Prenestino. È l’ultimo giorno, il 17 marzo, dell’evento: Enotica – Festival del vino e della sensualità. Appena saliamo i pochi gradini dell’ingresso esterno incappiamo in ogni genere di profumo, panini, brace, birra, vino e alcuni piccoli stand, alcuni improvvisati, di vestiti e bigiotteria. Dopo qualche altro passo, dalla collinetta sovrastante si vede l’ingresso dell’edificio: il Forte Prenestina. Edificato a partire dal 1880 fu voluto da Umberto I di Savoia. Prende il nome dall’importante consolare romana vicina: Via Prenestina. Lasciato al degrado per molti anni fu occupato nel 1986 e divenne appunto un Csoa, prendendo il nome di Forte Prenestino. Dopo una breve fila e un biglietto dal prezzo simbolico, di tre euro, entriamo. Ingannatrice fu la breve fila! Un bagno di folla ci attendeva appena superato il primo tunnel di entrata e così anche arrivando all’enorme piazza interna del forte, sulla stessa, una piramide di casse acustiche riempiva l’aria di musica. Ma veniamo al motivo della nostra visita. Questa rassegna ormai si avvia alla decima edizione e negli anni è sicuramente cresciuta. Prendiamo i calici ed iniziamo a scendere un altro tunnel che ci porterà proprio alle celle. Queste sono state utilizzate come piccoli stand in muratura, ed è qui che sono ospitate le oltre cinquanta cantine provenienti da tutta Italia. Nonostante gli spazi stretti e i numerosi partecipanti iniziamo a degustare i vini presenti, in particolare i rossi. Partiamo con un Sagrantino di Montefalco dell’azienda Calcabrina per poi proseguire con il Rossese di Dolceacqua, un vino biodinamico, dell’Azienda Agricola ROSmarinus. Sarà per la folla, il poco spazio o il vino ma il caldo comincia a farsi sentire; giacconi alla mano continuiamo il percorso. Incontriamo l’Azienda I Botri di Ghiaccioforte e il loro Morellino per poi passare all’Azienda Trentaquerce e il loro Merlot. I momenti di confronto con i diversi vini ci sono, alcuni piacevoli altri meno, ma in questa sede non vogliamo dare nessun tipo di giudizio, sarebbe estremamente personale. L’invito è, però, a provare, assaggiare e farsi anche coinvolgere da una situazione e una location completamente diversa dalle degustazioni a cui si è abituati normalmente. Qui l’intenzione non è solo produrre un buon vino ma uscire anche dalle logiche della grande distribuzione, riprendendo il contatto diretto tra produttore e consumatore.



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