Editoriale di Ottobre
Editoriale. Ci risiamo, come prima più di prima. La ristorazione, di ogni fascia, è nuovamente in grave difficoltà. Incontrare grandi chef, di quelli che hanno dedicato la loro vita alla propria missione professionale, e sentire il loro grido di dolore, è inquietante, oltre che avvilente.
Bollette dell’energia triplicate, gas e elettricità a livelli che superano talvolta anche il valore mensile del canone d’affitto, personale spesso demotivato e insoddisfatto, in cerca di nuove e diverse alternative professionali. Ne scriviamo da mesi, ormai, ma le soluzioni sembrano ancora molto lontane.
Lo scenario è a dir poco devastante, essendo forse la prima volta nella storia contemporanea che il settore dell’ospitalità è obbligato a interrogarsi sulla propria stessa sopravvivenza. Diciamo che ci troviamo di fronte essenzialmente a due grandi scenari: da un lato chi è prossimo alla chiusura, e passa il tempo a lamentarsi (anche con ottimi motivi, per carità) senza ottenere risultati apprezzabili né la dovuta attenzione da parte delle istituzioni. Dall’altro lato chi continua, incessantemente, a concentrarsi sulla qualità del proprio lavoro, cercando con coraggio e determinazione di mettere sempre “il cuore oltre l’ostacolo”. Ma sono proprio questi che ci preoccupano di più: da sempre lavorano con slancio creativo e sforzi intellettuali, per capire il mercato, le tendenze di consumo, gli stili di vita, i cambiamenti sociali.
E, grazie a cultura, ingegno e conoscenze, mettono a punto linee di cucina, tecniche, comportamenti. Un lavoro continuo e incessante, di studio, adeguamento, selezione delle materie, metodi di preparazione, insomma tutto quello che definisce la professionalità del ristoratore. E che, in quanto tale, dà un contributo importante al Made in Italy e alla sua immagine.
Detto questo, però, mi chiedo: fino a quando questa passione potrà reggere l’urto con una situazione, economica e culturale, in progressivo deperimento? Rimandiamo la domanda all’amico Lino Stoppani, presidente di Fipe, nella speranza di aprire un tavolo di discussione che sia risolutivo. E riesca, concretamente, a dare una prospettiva di crescita (o quantomeno di resistenza) a un settore che rischia la disfatta.