Editoriale di settembre
Editoriale. Sul tema ormai parossistico della carenza di personale, continuiamo a interrogarci cercando di dare delle risposte, anche attraverso le frequenti interazioni con ristoratori e osti che, in alcuni casi, hanno scelto di sospendere o comunque diminuire le attività.
La emorragia di personale qualificato ha molteplici origini: si sono scagliati tutti contro il reddito di cittadinanza, ma c’è dell’altro, molto altro.
Azzardiamo qualche ipotesi:
- Disaffezione verso il lavoro
- Demotivazione profonda
- Ricerca di opportunità nuove
- Presunzione di essere capaci di fare tutto
- Stanchezza psicologica, mettiamoci anche questa.
A ciò aggiungiamo: carenze formative dell’istituzione scolastica, affidata a scuole alberghiere che spesso sono solo aree di parcheggio temporaneo. In mancanza dei requisiti minimi per affrontare un’attività complessa e delicata, è evidente che la impreparazione regna sovrana.
E i master, per quanto ammirevoli e bene impostati, riguardano solo la punta di diamante di chi opera nel settore, ovvero quelli che di passione ne hanno già parecchia (e per fortuna!).La conseguenza è che i giovani sono in gran parte senza guida e si sentono allo sbaraglio.
Chi è in grado di trasmettere loro “i fondamentali” del mestiere? E ancora, chi ha voglia di fare periodi di apprendistato? I cosiddetti “stage” sono qualcosa di provvisorio, nel quale neppure i titolari dell’impresa credono più di tanto. E utilizzano il personale come tappabuchi, senza investire tempo, energia e denari. Anche questo atteggiamento ha un peso importante nella fuga dal settore…
È chiaro che le responsabilità sono molte e complesse. Resta il fatto che stiamo scivolando sempre più verso il basso. Urge una riflessione profonda e un confronto serrato fra i “decisori” (quelli rimasti, pochini per la verità) per affrontare e risolvere una questione che rischia di diminuire ulteriormente il livello delle nostre performance.