I profumi e i sapori dello spazio diventano un dolce
È raro che scriva in prima persona. Infilare l’io in un articolo significa esporsi pubblicamente e, per farlo in modo convincente, bisogna abbracciare completamente l’argomento trattato. Tuttavia qui è necessario un po’ di quel colore dato dalle opinioni personali; diversamente, ciò di cui vi voglio raccontare assumerebbe i toni neutri di un comunicato stampa e non renderebbe giustizia a quel personaggio folle, controverso e assolutamente geniale che è Federico Rottigni.
Una storia d’amore, da parte mia almeno, nata nel 2020, quando per la prima volta ho varcato la soglia del neonato Dessert Bar di Milano. Se non ci siete ancora stati è complicato spiegare cosa troverete in quel locale, a suo tempo ci ho provato qui. Per ricapitolare potrei dire che, come fa intendere il nome, è un luogo dove si mangiano dolci, tuttavia non è un ristorante di dolci. Non è neanche un ristorante in effetti, ma piuttosto un palcoscenico deputato a far vivere all’ospite un momento esperienziale a trecentosessanta gradi. Federico Rottigni, infatti, non è solo uno chef, ma un vero e proprio art director, che qui ha pensato a tutto: dalla corretta disposizione delle luci per esaltare i suoi piatti, alla colonna sonora in sottofondo. Per non parlare poi dell’intrattenimento degli ospiti, che ricade tutto sulle sue spalle dal momento che è lui a esibirsi, confezionando e illustrando i piatti ai commensali che gli siedono di fronte, a quel bancone che è il suo palcoscenico.
0,1% Myself – vi racconto il sapore dello spazio
Un luogo unico il Dessert Bar, dove tutto è frutto di approfondita ricerca e l’intento è quello di sorprendere l’ospite con effetti speciali ed esperienze inedite. Ed ecco che veniamo al dunque. Perché il motivo per il quale ho ciarlato fino ad ora è che Federico Rottigni ha calato sul suo celebre bancone un altro asso, proponendo qualcosa di assolutamente mai visto prima che mi ha a dir poco entusiasmato.
L’idea è germinata quando il giovane chef è venuto a conoscenza di una raccolta fondi lanciata su Kickstarter per finanziare il progetto Eau de Space, nel quale si voleva ricreare l’odore di una base spaziale. Un’attesa di anni, quindi la concretizzazione e l’arrivo, a Milano, di tre boccette della suddetta fragranza. Ed ecco la nascita di un progetto altrettanto ambizioso: 0,1% Myself – vi racconto il sapore dello spazio.
Che cos’è?
“Eau de Space è effettivamente un odore alieno, nel senso etimologico del termine. Un odore chiaramente straniero, estraneo e complesso. I rimandi sono vari, come metallo bruciato, aria rarefatta, plastica, fumo…” racconta Federico.
“Abbiamo lavorato su tre bites da mangiare con le mani. Il primo morso è composto da una consistenza fredda e cremosa fatto con un siero di una mozzarella di bufala molto minerale; le note spiccate di mineralità e salinità ricreeranno nel retro olfatto una sensazione che potrebbe ricordare la plastica. Il secondo morso è una fibra vegetale che potrebbe quasi ricordare una carne vegetale; un ananas inciso contro fibra (per rendere il morso tenace ma non troppo), successivamente arrostito molto violentemente ed affumicato. Il terzo morso è un cremino: smontato e rimontato con una pasta di arachidi super tostate per fare spazio alla parte tannica e astringente della frutta secca. Assieme al piatto viene servita una schiuma “spaziale”: una soluzione salina emulsionata che può essere usata a discrezione dell’ospite”.
Anche il cocktail vuole la sua parte
La filosofia del locale vuole che al piatto sia abbinato un cocktail. Cosa accostare dunque a una robetta semplice semplice come il sapore di una navicella spaziale?
“Abbiamo fatto uno studio su quello che potrebbe essere il sapore del vuoto. Inizialmente non sapevamo bene cosa fosse il vuoto, ma abbiamo lavorato su quello che sappiamo essere il “pieno”, ovvero quello che gli asiatici definiscono umami: un incontro perfetto in un triangolo fatto principalmente di sapidità, acidità e dolcezza. Siamo partiti da quello che la natura ci regala come un ottimo esempio di anti-umami: la barbabietola – che se estratta in purezza e diluita, non regala alle nostre papille gustative picchi di acidità, sapidità e dolcezza. Abbiamo rimarcato questa idea, lavorando con un mezcal, un vermouth dry bianco ed una tequila. Durante la bevuta avvertirete un ingaggio gustativo nel primo istante, che svanirà subito dopo la deglutizione, lasciando una sensazione di vuoto, data dalla scarsissima persistenza.”
Il tutto mentre nell’aere viene vaporizzata l’Eau de Space, così che il commensale possa ritrovarsi catapultato nello spazio attraverso tutti e cinque i sensi. E se Steve Pearce, ideatore del progetto Eau de Space, ha già annunciato una nuova fragranza in grado di portarci sulla luna, sono certa che anche Federico Rottigni ha già in serbo qualche novità che ci lascerà nuovamente a bocca aperta. Aspettate e vedrete.