“Ohana significa famiglia. E famiglia vuol dire che nessuno viene abbandonato o dimenticato”
(Lilo e Stitch – Walt Disney, 2002)
Ho un criterio tutto mio per esprimere giudizi.
E no, per una volta non sto parlando di voti da dare a piatti, ristoranti o calici di vino.
Mi riferisco alle opinioni che posso avere sui libri, i film, le canzoni.
Le persone.
Soprattutto le persone.
Perché in fondo, a pensarci bene e in maniera lucida, tutto si riduce alle persone. Al prossimo, alla gente che ci circonda. L’uomo per sua natura è un animale sociale e quindi, per necessità, è “costretto” a vivere in mezzo agli altri. Per quanto questa cosa limiti la sua libertà personale. Da quando esiste il mondo, da quando esistono le comunità, e quindi praticamente da sempre, pur di vivere in gruppo, gli uomini rinunciano a qualcosa di loro per ottenere qualcosa di più grande, di più importante. La sicurezza. Anche se spesso il gioco non vale la candela, se gli ambienti in cui viviamo sono tossici, anche se per dirla alla maniera di Sartre: “L’Inferno sono gli altri”. E se possiamo selezionare il partner o il gruppo di amici da frequentare, non possiamo in alcun modo scegliere parenti, genitori, fratelli e sorelle. Ecco perché la famiglia è così importante: ci insegna fin dai nostri primi vagiti a vivere in gruppo. Ad accettare i nostri limiti prima che quelli degli altri.
Soliti voli pindarici, solite parentesi che apro senza apparenti motivi, che ci portano lontani dal ragionamento iniziale. Ovvero i miei criteri di giudizio. Torniamoci a bomba e, per una volta, proviamo a chiudere un concetto. Il mio criterio è semplice: se continuo a pensarci anche nei giorni successivi, allora significa che mi è piaciuto, che merita un voto molto alto. Chiaramente nella mia personalissima classifica di idee e opinioni.
E’ quello che mi è successo al termine dell’esperienza Dal Pescatore. E tra qualche istante capirete anche per quale motivo i concetti di famiglia, persone e “pensarci il giorno dopo” vengono a collimare, a toccarsi.
Mi trovo in Italia chiaramente, a Canneto sull’Oglio, piccola località al nord dello Stivale, al centro di un immaginario quadrilatero che ha come punte le città di Parma, Cremona, Mantova e Brescia. Qui, come stavamo dicendo, ha sede lo storico ristorante Tre Stelle Michelin gestito dalla famiglia Santini. In sala Antonio e Alberto, precisamente maitre e sommelier, in cucina Nadia e Giovanni. Il grado di parentela, immagino, saprete ricavarlo anche da soli. Antonio e Nadia sono i genitori di Alberto e Giovanni e tutti e quattro, con Valentina (la moglie di Giovanni) operano per il successo di Dal Pescatore.
Loro rappresentano la quarta generazione di ristoratori della famiglia Santini, se pensate che questa attività è nata negli anni ’20 e che solo nel 1970 ha cambiato la sua “destinazione d’uso” oltre che il nome. Da semplice osteria chiamata “Vino e Pesce”, il locale decide di trasformarsi in un vero e proprio ristorante gourmet. L’attuale Dal Pescatore.
Credetemi (e il voto mi farà da testimone) difficilmente mi è capitato di vivere un’esperienza, di vita più che gastronomica, come quella che mi ha visto protagonista nel locale di Canneto sull’Oglio. Come raramente mi è capitato di incontrare persone come Antonio Santini.
Antonio è IL ristorante. Oltre a rappresentare una figura importantissima per l’enogastronomia italiana e mondiale. Il suo atteggiamento, il suo portamento, il suo modo di colloquiare con gli ospiti, la sua delicatezza ma al tempo stesso la sua presenza costante, mai invasiva, affascina tutti i clienti. In particolare me. Che vivo di parole e di incontri.
Antonio non è solo un ottimo maitre di sala ma è soprattutto un uomo di cultura sconfinata. Non esiste un argomento di cui non sappia parlare, anzi. E’ una persona capace di lasciarti sempre con un particolare in più. Un’informazione nuova. Un motivo di ragionamento anche nei giorni successivi. Per me, un professionista del genere, fa l’80% del successo di un’attività.
Ma passiamo subito alla descrizione della mia esperienza. Quello che colpisce subito di Dal Pescatore è la voglia di affermare questa sensazione di famiglia. Nel ristorante dei Santini ci si sente veramente a casa. Fin dall’ingresso: la stradina che porta al locale è bruttina e spesse volte piena di nebbia. Ma quando si fa la propria entrata dal cancello principale, tutto cambia in maniera repentina. Non sembra nemmeno di essere in un ristorante, sembra invece di andare a fare visita alla villa di un amico.
Entrati nel locale vero e proprio si viene accolti in un saloncino e poi condotti direttamente al proprio posto. Non ci sono molti coperti, non credo si vada sopra la trentina, considerando il fatto che i tavoli, tutti tondi e ricoperti da meravigliose tovaglie bianche, non saranno più di sette. Mi fermo a guardare uno splendido camino, è incredibilmente bello e fa il paio con le vetrate che circondano la sala e che danno su un nuovo giardino.
Antonio è lì presente. Segue con lo sguardo il mio mini tour all’interno delle sale e per quanto sia molto discreto, lo trovo presentissimo in tutto. Decido far valere (si scherza eh) la mia libertà personale. Per cui ordino alla carta, scegliendo anche il vino che accompagnerà i miei piatti: un Brandolini Vistorta del 2009, un rosso rubino vivace, con intensi aromi di ciliegie e prugne. Al gusto mostra sapori di ribes e frutti di bosco. Tutto sommato un vino potente ma elegante.
Antonio rilancia e, di tanto in tanto, omaggio dello staff, mi fa assaggiare un bicchiere delle sue migliori bottiglie. Parliamo di un Gerwurztraminer Grand Cru Osterberg del 2016 cantina Kientzler: un bianco molto minerale e secco, ottima la sua persistenza, così come il suo finale; Puligny Montrachet AOC 2016 Jean Marc Boillot: un bianco profumato, ricco di minerali e molto affumicato. Acido al punto giusto e di buona beva ha bisogno di respirare moltissimo prima di essere degustato; Sauternes “Castelnau de Suduiraut” 2009: un altro bianco brillante e consistente. Al naso propone profumi di zafferano, curcuma, fiori gialli appassiti, mango, ananas, marmellata di mele cotogne, zenzero candito e miele di agrumi. Al palato appare molto caldo, con note di seta e un buon mix tra dolcezza e acidità. Chiudiamo con un passito, Anselmi del 2015 della cantina I Capitelli e un Whisky invecchiato di 22 anni, Teaninich 1959 Samaroli 22 Year Old
Dopo un classico amuse bouche di benvenuto, fatto di molti assaggini, passiamo ai piatti veri e propri. Terrina di Astice con Caviale Oscietra Royal e Olio Extra vergine toscano. Molto fresco, presenta un giusto abbinamento tra l’astice e l’olio, con il caviale capace di rafforzare ancora di più la potenza del piatto. Strapromosso.
Poi le Chiocciole Petit Gris della Pianura con salsa di erbe aromatiche, funghi porcini e aglio dolce. In questo piatto si vede tutta la maestria di Nadia e Giovanni Santini: le chiocchiole sono una pietanza molto difficile da cucinare. E a volte possono risultare anche pesanti. Nulla di tutto questo: le chiocciole di Dal Pescatore sono meravigliose, delicatissime e si legano alla perfezione con i funghi porcini e soprattutto con questa salsa di erbe capace di smorzare ogni sapore forte. Fantastico.
E’ il momento del Petto di Anatra all’aceto balsamico tradizionale e mostarda di frutta. La carne è cotta in maniera perfetta e la mostarda si trasforma in un’abile connessione fra tutte le parti del piatto. Credo di essermi innamorato.
Prima di concludere con il dolce, un Souffle all’arancia da ordinare qualche minuto prima per via dei tempi di preparazione, Antonio mi porta in cucina dove incontro la moglie Nadia e tutta la sua brigata. Torna prepotente l’idea di “casa”: i ragazzi che lavorano davanti ai fornelli, per quanto stanchissimi, trasmettono fortissima una sensazione di gruppo, autenticità, genuinità. Di serenità azzarderei.
Nemmeno il tempo di stringere le mani a tutti che Antonio mi costringe, letteralmente, a tornare al tavolo. Il soufflé che ho ordinato, infatti, va mangiato caldo, altrimenti tende ad afflosciarsi e a perdere tutte le sue migliori qualità.
Concludiamo con una selezione di formaggi, offerti gentilmente dallo staff.
Dopo aver visitato i bagni e pagato il conto, come è consuetudine, mi lascio andare alle mie considerazioni finali. La mia cena Dal Pescatore non è stato un semplice pasto ma una vera e propria esperienza a 360 gradi. Oltre alla cucina di Nadia e Giovanni, tanto fa la strepitosa figura di Antonio Santini. Grazie a lui ho avuto la possibilità di ascoltare storie davvero interessanti, ad esempio su professori specializzati in erbe aromatiche (sulle quali hanno scritto anche dei libri) o su molti ingredienti dei quali ignoravo l’esistenza.
Voto finale: 5 barbe!
Dal Pescatore merita di stagliarsi, in tutta la sua magnificenza, nell’alveo dei migliori ristoranti tre stelle Michelin del mondo.