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Nei primi piatti di Cristiano Tomei rivivono i ricordi d’infanzia di ogni italiano

Pánta rhei. “Tutto scorre“. È la massima che Eraclito pone alla base della propria filosofia. Con il tempo ogni cosa cambia. Anche la pasta, radicata da sempre nel nostro immaginario e da secoli fulcro della cucina italiana, con il tempo è cambiata, non solo nella forma. Fino a qualche anno fa vedere un piatto di pasta secca in una cucina stellata era molto raro. Oggi, questa concezione è mutata e grazie a nuovi accostamenti e a innovativi metodi di cottura. Tra gli chef che più giocano con la pasta c’è Cristiano Tomei e lo stellato viareggino ha un modo tutto suo di concepire i piatti di pasta. Sorprende con stravaganti accostamenti di spaghetti insaporiti e pane fermentato; sperimenta nuove cotture quando utilizza gli scarti della pasta per il brodo di pasta, dove cuocere gli spaghetti: “Così esalto il sapore del grano”.

“La pasta – sostiene Tomei – è centrale nella nostra cultura gastronomica e nella vita degli italiani, per questo deve essere rispettata al massimo cercando di far percepire il suo sapore. Per riuscirci l’ho sempre trattata con la massima semplicità, toccandola il meno possibile”. La semplicità di cui parla Tomei, emerge anche dalle cotture di alcuni suoi piatti tra cui i ditali cotti in una miscela per metà brodo di verdure alla brace e per metà olio aromatizzato sempre con gli stessi ortaggi; la pasta, cotta in questi due liquidi, viene servita solo con l’aggiunta dell’olio aromatizzato, senza ulteriori condimenti.

La cucina è ricordo ed emozione. Quale ingrediente – continua lo chef – se non la pasta, per gli italiani, ha tale valore evocativo. Infatti, permette di richiamare alla memoria scenari legati alla famiglia e all’infanzia”. Il piatto con cui Tomei raggiunge l’apice dell’emotività è la sua interpretazione della pasta al pomodoro: una specie di “pongo” dal colore rosso ottenuto dagli scarti di pasta stracotti nell’acqua di pomodoro, usato come sfoglia per i ravioli da farcire con una fonduta di parmigiano e servire in un cesto per la cottura al vapore. Con questo impiattamento si supera: riesce a dare vita a un gioco che impegna diversi sensi affinché i commensali non abbiano idea di ciò che andranno ad assaporare. Solo il suo assaggio rivelerà che si tratta del piatto d’infanzia di ogni italiano.

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