Lo fate anche voi? Intendo arrivare alla metà di una vacanza o di un viaggio e cominciare a pensare solo ai giorni che mancano al ritorno a casa. E’ un qualcosa che mi perseguita fin da quando sono ragazzo. “Il passato è una terra straniera” titolava uno dei libri più belli e apprezzati di Gianrico Carofiglio. Ma il futuro? E soprattutto il presente? Che cosa sono? Che cosa rappresentano? Sono anni che mi rigiro fra le mani queste riflessioni. Il fatto è che spesso ci concentriamo su quello che è stato e su quello che sarà. Tralasciando l’unico vero momento importante delle nostre vite: quello che si sta vivendo in quel preciso istante.
E’ il motivo per il quale non appena entrato da Chihana, ristorante di Kyoto e penultimo del mio tour asiatico, pongo questo esatto quesito al cameriere.
– Mi scusi – sorrido, aggiungendo alla mia richiesta di attenzione il taccuino con la penna – mi può scrivere in ideogrammi la parola “malinconia”? –
Non immaginavo che il Giappone potesse entrarmi così in profondità e con questa celerità soprattutto. Le passeggiate per le vie di Tokyo e Kyoto, i gesti degli abitanti di queste città, la solennità dei templi, i meravigliosi colori delle strade che ho calcato: tutto ha suscitato in me quella strana sensazione, molto occidentale per altro, che in brasiliano si traduce col termine saudade.
Sono un italiano che soffre di saudade in Giappone.
Non so se la cosa fa più ridere o più piangere.
Il cameriere, nel frattempo, risponde cordialmente al mio sorriso. Prende tra le mani taccuino e penna. Cerca un foglio bianco su cui scrivere e poi sussurra quasi in maniera impercettibile:
– Se lei è d’accordo, preferirei provare a scrivere il suo nome prima con le lettere e poi con gli ideogrammi –
Lo guardo fisso negli occhi, cercando di carpirne ogni pensiero. Poi, accompagnando il tutto con un gesto del capo, gli faccio segno che, sì, può provare a scrivere il mio nome. E mentre lo dico mi accorgo di come la cosa sia insieme sorprendente e meravigliosa.
Mi spiego: Chihana, oltre ad essere un locale premiato con le prestigiose tre stelle della Guida Michelin, è anche uno dei ristoranti più longevi del Giappone. Fondato nel 1946, si trova nel quartiere Gion, ai lati di una strada che ne nasconde l’entrata. Annunciata solo da una meravigliosa lanterna rossa che lascia spazio ad un curatissimo viottolo in ciottoli che porta fin dentro le sale.
Chihana (che in giapponese, poi, vuol dire mille fiori) fa della tradizione e della solennità le frecce più belle della sua faretra. Ecco perché mi sorprende che il cameriere decida di scrivere il mio nome sul taccuino. Lo trovo uno splendido tentativo di avvicinare oriente e occidente in un luogo (il Giappone chiaramente) in cui si fa molta attenzione a salvaguardare la propria storia.
Sono seduto al bancone: accanto a me una decina di commensali. Il ristorante ne può ospitare fino a un massimo di dodici: otto, circa, in questo tavolo comune dal quale è possibile vedere da vicino il lavoro degli chef e altri quattro in una saletta privata.
Non esiste un vero e proprio menù: i piatti vengono cambiati giorno dopo giorno sulla base dei prodotti disponibili al mercato. Ecco perché tutte le creazioni di Chihana non sono fresche. Molto di più.
Ancora una volta devo ammettere la mia ignoranza in fatto di cucina kaiseki: non la conosco, non la capisco, non posso commentarla. Quel che posso dire è che, in Giappone, ho mangiato molto meglio in altri locali. Tutte le pietanze servite, infatti, per quanto siano carine, più che presentabili e sicuramente di qualità, mancano di innovazione. Il principale difetto di Chihana.
Impossibile descrivere tutte le cose che ho mangiato: mi limiterò a raccontare i piatti che mi hanno maggiormente colpito.
La zuppa di tofu con alghe, il manzo stufato servito con peperoni e funghi, la zucca gialla con cipolle e sedano, il sashimi in gelatina accostato da gamberi e broccoletti, l’anguilla con carota, rape e un sughetto contenuto in una piccola brocca con il quale accompagnarla.
Da bocciare, invece, il pesce spada bagnato con la zuppa di miso, adagiato sul piatto con un po’ di riso. Triste e anche vagamente insipido.
Per tutto il tempo ho bevuto solo thè: il vino è arrivato molto dopo e solo grazie all’intervento di un ragazzo francese. Il promoter di una cantina transalpina, presente da Chihana proprio per promuovere i suoi prodotti.
Interessante anche una zuppa di funghi e verdure varie come bieta e alghe marine, la ratatouille di verdure e pinoli e una straordinaria portata servita su un piatto molto grande, contenente altre mini pietanze: patate, lattarini fritti, una panna montata con tofu e formaggio al centro, uova di salmone…
In conclusione, per quanto abbia trovato il livello dei commensali (molti dei quali europei) davvero altissimo, non posso che essere d’accordo con tutte le critiche rivolte a Chihana. La sua cucina, semplice ma di qualità, manca di innovazione. Senza dimenticare un conto, a mio avviso, leggermente fuori mercato.
Voto finale due barbe e mezzo.
Complimenti al di là del singolo articolo proprio per tutto il blog sono sicuro che quando realizzerò il sogno di andare in Giappone ti scriverò per avere da te qualche dritta sui posti migliori dove andare a mangiare.
Grazie mille
Complimenti al di là del singolo articolo proprio per tutto il blog sono sicuro che quando realizzerò il sogno di andare in Giappone ti scriverò per avere da te qualche dritta sui posti migliori dove andare a mangiare.
Grazie mille