Alla scoperta di un calice pieno di ricerca, sperimentazione e dinamismo.
Una stanza amabile. Una vetrina lucida di calici. Libri e passioni. Silente, su tutti domina un libro: “Arte del vino, rossi e bianchi d’eccellenza”. E’ qui, in questo titolo, che troviamo le risposte alla nostra intervista: stiamo per incontrare l’arte del vino del Casale del Giglio. Ed eccolo, il signor Alessandro Santarelli. A precederlo è la sua eleganza. Casale del Giglio è tra le pochissime aziende vinicole che in Italia produce il Petit Verdot in purezza. Tutto è iniziato da un progetto, mettendo a dimora 57 varietà di uve: “già dopo un paio di anni di attesa abbiamo ottenuto uve di varietà di nuova introduzione nell’agro pontino: avevamo un territorio tutto da scoprire”. Un approccio altamente scientifico che ha permesso a Casale del Giglio di ottenere i risultati conosciuti. E, tra queste varietà di uve, c’era il Petit Verdot: “siamo stati i primi ad aver compreso e valorizzato il Petit Verdot nel Lazio”.
E il Mater Matuta? Come nasce? “Sento il dovere di fare una premessa. Il Lazio ha gestito molto male le proprie risorse. Oggi le cose sono cambiate: c’è un bel fermento a favore della qualità, ma bisogna continuare a risalire la china. Il Mater Matuta, assemblaggio di uve Syrah e Petit Verdot, è la nostra bandiera”. Soprattutto è “simbolo di una scommessa vinta: rivoluzionare i vini dell’agro pontino. La qualità ha fatto la differenza”.
Casale del Giglio non è solo Francia, ma anche ricerca di “contorno”: “nel retroterra di Anzio abbiamo ritrovato l’antica varietà diffusa in tutto il Lazio, il bellone. Da qui è nato il nostro Antium”. Nel calice si sente tutto: esplode la sperimentazione e il dinamismo: “il nostro vino ha la modesta pretesa di essere un vino di alta qualità”. Qualità che “è un fatto di testa!”. E di cuore: produrre vino da 100 anni non è da tutti. Qui cadiamo in una domanda, forse banale: cosa è il vino per lei? “Vita, storia, famiglia”. Origini, verso cui sono dirette le novità in serbo del Casale del Giglio: “in un piccolo paesino de L’Aquila, Amatrice, si coltivava un vino di alta quota, il pecorino.
“Siamo arrivati nudi alla meta ma con grande qualità”
– Antonio Santarelli –
Potremmo ripartire da lì, producendo questo vino che permetterebbe anche di spumantizzare”. Tutto con l’occhio attento a “quel” Paese, sua fonte d’ispirazione, la Francia, standard di qualità nel mondo. Ci salutiamo. Per un attimo però, i nostri occhi ritornano a quegli scaffali. maestosa, ci osserva Mater Matuta, al cui fianco è distesa “Le nozze di Cadmo e Armonia”. Un pensiero ci prende: chissà se Zeus scelse per brindare una coppa di Mater Matuta! Sorridiamo, mentre i due miti, restano lì, l’uno di fianco all’altro a sfidare il tempo e la storia.
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