“Come sarebbe bello potersi dire
Che noi ci amiamo tanto
Ma tanto da morire
E che qualunque cosa accada
Noi ci vediamo a casa…”
(Dolcenera – Ci vediamo a casa)
Sono sempre stato un ragazzo diverso dagli altri. Fin dalla più tenera età. Mi interessavano cose che i miei coetanei nemmeno prendevano in considerazione. Mi incuriosivano argomenti che il “branco” proprio non riteneva degni di nota. Mi appassionavo alle persone, al loro vissuto, alle loro storie. Diciamo che ero “schiavo” dello story telling molto prima che questo termine venisse addirittura pensato.
Discorso completamente differente per i miei amici. I nostri discorsi vertevano tutti sul calcio. Con qualche digressione, molto sporadica a dire il vero, riguardante l’universo femminile. Parlare di libri era impossibile. Così come di film o di musica. Si comunicava attraverso un solo linguaggio: il pallone. Meglio scendere al campetto sotto casa e correre a perdifiato sfruttando ogni singola ora di luce.
Avete presente “La Grande Bellezza”? Il film premio Oscar di Paolo Sorrentino? Immagino di sì. Beh, se non lo avete ancora visto fate una cosa: chiudete immediatamente questa pagina virtuale e correte a comprarvi il Dvd. Mi ringrazierete. Lo dico davvero, eh.
Comunque, torniamo al discorso iniziale: “La Grande Bellezza”. Il protagonista si chiama Jep Gambardella. E’ uno scrittore sulla cinquantina, annoiato da sé stesso e dalla vita e dall’atmosfera patinata del mondo che lo circonda. Frequenta feste, vernissage, mostre, presentazioni di libri. E’ circondato da artisti, soubrette, aspiranti attrici, intellettuali falliti. E attraversa tutto con una consapevolezza, una lucidità e un integralismo che non può non far da contraltare a un universo che praticamente esiste solo sotto le luci del jet set.
Doverosa digressione per farvi capire dove voglio arrivare.
In una delle prime battute del film, Gambardella esprime un concetto che, quando vidi la pellicola in sala, ebbe il potere di incollarmi totalmente al sedile.
“(…) Io, invece, rispondevo: L’odore delle case dei vecchi. La domanda era: Che cosa ti piace di più veramente nella vita? Ero destinato alla sensibilità”.
Questo perché, da adolescente, in una delle mille conversazioni senza soluzione di continuità con i miei amici, diedi una risposta che zittì completamente l’uditorio. Ci stavamo domandando quale fosse la frase più bella del mondo. La gran parte del gruppo aveva optato per “La Roma in vantaggio!” oppure “Ti amo”. Solamente più avanti avremmo scoperto il piacere di leggere nel testo di una mail “Un bonifico in suo favore è stato emesso…”. Ma questo è tutto un altro discorso, anche abbastanza divertente secondo me. Lasciamolo a qualche altro giorno…
Mi ricordo che mi presi qualche minuto per pensarci. Strinsi forte il mento, incastrandolo tra il pollice e l’indice della mano destra. Accarezzai quel poco di peluria che il mio volto appena adolescente aveva prodotto (chi lo avrebbe mai detto che con il passare degli anni sarebbe diventato il mio principale tratto distintivo…) e poi dissi esattamente questa cosa:
– In realtà sono indeciso tra due frasi –
– Addirittura due? – cominciò a prendermi in giro qualcuno – Devi sempre fare l’intellettuale –
– Beh no. Sono due le frasi più belle del mondo: “A domani” ma soprattutto “Ci vediamo a casa” –
Immaginate, quindi, che grande piacere è stato per me riuscire a pranzare da “Casa Vissani”: una delle eccellenze enogastronomiche dell’Italia, il mio paese.
Non esistono regole senza eccezioni. Ecco perché oggi voglio trasgredire il mio modus operandi. Vi parlerò di un ristorante bistellato e non tristellato come al solito. E, poi, vi parlerò di un ristorante in cui ho mangiato diversi giorni fa: precisamente la domenica di Pasqua, quando rientrando in Italia proprio per le vacanze pasquali, ho deciso di fare visita ad un must della cucina tricolore.
Casa Vissani si trova in Umbria, a Baschi, una piccola cittadina in provincia di Terni. Il concept del locale di uno degli chef più importanti d’Italia risulta subito chiaro. Il tempo di entrare nella meravigliosa sala d’aspetto che introduce alla sala vera e propria: divani comodissimi, distillati, sigari, spezie a vista. L’atmosfera che si vuole ricreare nel ristorante di Vissani è proprio quella della “casa” come dice il suo nome. Tutto è familiare: dall’aria che si respira insieme agli altri commensali, allo staff che cucina e serve. A capo di tutto, infatti, c’è chiaramente Gianfranco Vissani. Il figlio Luca, invece, si occupa della sala e dell’Hotel mentre la madre (ed ex moglie di Vissani senior) è la signora indiscussa dei fornelli.
La location è strepitosa. Sia all’esterno con il Lago di Corbara che praticamente costeggia il ristorante, sia all’interno. La sala, molto spaziosa, è bellissima: piena di quadri, diverse luci a tubo che illuminano i tavoli, tutti vestiti di splendide tovaglie bianche di fiandra. Ecco se proprio dovessi trovarle un difetto direi che forse è un po’ troppo moderna. Baschi, in fondo, vicinissimo a Civitella del Lago, essendo un paese molto “popolare” probabilmente meritava una location più rustica. Ma nel finale è impossibile non lasciarsi catturare dall’eleganza della mise en place e dai centro tavola, ognuno rappresentante un animale. Il mio era un tigre.
Considerata la festività, ovvero il giorno di Pasqua come vi accennavo in precedenza, anche il menù strizza l’occhio alle specialità che solitamente si mangiano in ogni casa italiana all’arrivo di questa giornata. Chiaramente tutto è accompagnato da una meravigliosa selezione di vini abbinata. Altro piccolo difetto da sottolineare: c’è una piccola distonia tra le etichette scelte (di straordinaria eccellenza) e la qualità stessa del cibo. Ma ci si può tranquillamente passare sopra.
I vini proposti in abbinamento sono: Cuvée Royale Antinori, caratterizzato da un colore giallo scarico, al naso presenta sentori fruttati di pesca e note leggere di crosta di pane e lievito. Al palato, invece, risulta vivace ed equilibrato; Viognier Special Edition 2013, di un colore giallo brillante e intenso, è morbido e setoso al gusto con un finale molto lungo di vaniglia e miele d’acacia; Tenuta Capofaro del 2014 – Tasca d’Almerita, vino profumato, denso ma dalla calibrata acidità; Poggio alle mura 1998, dal colore rosso malva, esprime intensi sapori di prugna, ciliegia, confettura di more e lamponi, da mischiare con i sentori di cioccolato, sigari, vaniglia e liquirizia.
Prima di partire con il pasto vero e proprio, Casa Vissani delizia il palato dei suoi commensali con crackers e grissini di diversi tipi: al parmigiano, al grano duro, al bacon. Molto buoni, specialmente se gustati con il burro alla francese contenuto in una ciotolina.
E’ il momento dell’amuse bouche: tartare di manzo con riduzione di aceto balsamico, tartare di gamberi con un’aria di cetriolo e delle vongole, una piccola frittatina con riduzione di basilico e un pezzettino di fegato di pollo.
Poi si passa all’aragosta e patate sotto la cenere con soia e zenzero, fettuccine di nero di seppia, mirepoix di capesante e rapa rossa. Il piatto è davvero molto bello: ottima l’aragosta privata del suo carapace, squisite anche le fettuccine al nero di seppia. Io, ma è un’opinione personale, avrei tolto l’antenna dell’aragosta. Sono dell’opinione che tutto quello che c’è nel piatto vada mangiato, cosa che non si può fare con l’antenna ad esempio. Ma tutto sommato la pietanza, oltre ad essere gustosa, mantiene un equilibrio invidiabile e quindi va promossa.
Interessante anche la seconda portata: parliamo dei cappelletti in brodo di thè agrumato con cipolla, birra e groviera alle mandorle. E’ un piatto interessante, equilibrato, con queste palline d’aglio che lo spingono davvero molto in alto. Sicuramente riuscito.
Un altro primo, invece, è la pasta con lagane, ceci soffiati e friarielli. Nessun commento da fare: probabilmente io non l’avrei mai proposto ai miei commensali.
Proseguiamo con la carne: il gigot d’agneau con purea di patate all’arancia e insalatina selvatica. Ottimo e inoltre preparato come tradizione vuole.
Chiudiamo con il dessert: ananas e meringa con more, mirtilli e lamponi al cioccolato bianco, crumble di colomba. Questo è un piatto molto bello a vedersi e anche molto semplice a mangiarsi. Il crumble di colomba, poi, oltre ad essere molto gustoso è anche una gran furbata.
Da apprezzare anche il petit fou: magdalene, bon bon in pasta di zucchero, cioccolatini, il tutto accompagnato da un ottimo liquore del posto, tipico e parecchio “spinto”.
Prima di lasciare Casa Vissani, ma sempre dopo aver pagato, mi faccio guidare da Luca, il figlio di Gianfranco, nella visita del ristorante. Le cucine sono strepitose: soprattutto mi piace il pass. In marmo e riscaldato, permette alla brigata di finire i piatti senza che questi perdano la loro essenza e tutti i loro aromi. Bella anche la cantina, piena di etichette pregiate e antiche. Al centro della stanza c’è un tavolo da degustazione: in passato veniva utilizzato per assaggiare vini e di olii. Cosa che in futuro si potrebbe tranquillamente ripetere.
Bravo Gianfranco, mi hai fatto davvero sentire a mio agio. Che dire, allora? Ci vediamo a casa…
Voto finale 3 barbe.