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A Tenuta Duca Marigliano Luigi Coppola è tornato “a casa”: conosciamo meglio lo chef che ama il dolce, non solo nel dessert

Di fascino, con poche camere, meglio se in un antico casale in pietra o in una dimora d’epoca ma con servizi da cinque stelle. È questa la definizione in breve di un piccolo hotel di charme che caratterizza edifici soggetti a recupero architettonico e a riqualificazione. A Paestum, città conosciuta come “La Porta del Cilento”, Tenuta Duca Marigliano rientra nella tipologia del boutique hotel.

Termine coniato negli Stati Uniti, il boutique hotel indica una piccola struttura ricettiva di lusso, lontana dagli standard asettici delle grandi catene alberghiere, per viaggiatori selettivi e amanti del bello. Nel 2009 Tenuta Duca Marigliano aveva, quindi, tutti i requisiti per essere classificata nella categoria di “design hotel” o “lifestyle hotel”. Con sole 19 camere e l’unione tra contesto storico e arredamento chic ed elegante, ha convertito al mondo dell’hospitality quella che un tempo era una Casa padronale. Questo signorile hotel, proprio a ridosso del parco archeologico, è stato valorizzato tra le mura di una tenuta ducale dell’800. Nella stessa area della villa, collegata da un pergolato esterno, si trova l’ex casa colonica, antica dimora rurale per le famiglie vincolate da un contratto di mezzadria. Da casolare ottocentesco, un tempo adibito ad uso agricolo, a ristorante gastronomico: Casa Coloni è il volto gourmet della Tenuta e offre ai suoi suoi ospiti una cucina territoriale con qualche virtuosismo da chef. A guidare la brigata non poteva che essere un cuoco campano: Luigi Coppola. Classe ‘84, Luigi ha vissuto molto tempo fuori regione lavorando principalmente con i grandi numeri della ristorazione nelle hotellerie di tutta Italia, annoverando anche una parentesi fuori continente con cui ha portato il made in Italy nelle cucine del Parlamento australiano. Secondo lui “il cuoco è un eterno nomade” ma a Paestum è tornato veramente “a casa”: a Casa Coloni può raccontare il suo territorio grazie alla ricca cultura gastronomica della Campania e a tutti i piccoli produttori che ne incarnano il volto e i sapori. Tra le peculiarità del menu, una materia prima che, oltre a provenire dalle aziende locali, è coltivata direttamente nell’orto di Tenuta Duca Marigliano tra piante aromatiche, agrumi, verdure e frutta biologiche. Ancora calda, al tavolo viene servita una pagnotta con le ghiande raccolte nel giardino. Come scriveva Strabone “nella quarta parte dell’anno non rimangono al popolo lusitano che le ghiande per fare il pane”: una tecnica pressoché dimenticata che Luigi ha voluto recuperare. “Prepariamo l’impasto con il 30% delle nostre ghiande, mentre il restante è semola di grano duro e farina primitiva. Possono mangiarla anche i diabetici: non crea picco glicemico”.

Secondo Luigi il suo è un mestiere in continua evoluzione, soprattutto nel gusto, “mangiare uno stesso piatto mi annoia”. Chef composto, molto tecnico nella spiegazione dei piatti, ha un punto debole: il dolce. “Amo il gelato – confessa – quanto non mi piacciono le alici”. Nonostante nella carta vada oltre le sue preferenze, ci sono alcune ricette con cui si è proprio divertito.

In origine era un trio di amuse bouche, un appetizer per stimolare le papille con una buona dose di parte zuccherina. Il cannolo di patate e fave di cacao; la meringa senza zucchero con il pomodoro. “Al posto dello zucchero mettiamo albume secco e del parmigiano; aggiungiamo poi il pomodoro spellato e cotto a temperatura decrescente, la sua polvere, invece, la utilizziamo nel pane”. La finta rapa con il limone è ricoperta con il cioccolato bianco stemperato dall’acidità dell’agrume e dalla grassezza delle olive.

La bellezza del servizio è notare quel particolare intagliato nel cestino che accompagna i finger food: “Coppola”. “Mio papà Vincenzo è un artigiano – racconta Luigi – lui fa il calzolaio. Per Casa Coloni ha realizzato questi contenitori di legno e anche il portabottiglie in ferro della cantina in giardino, spazio recuperato da un vecchio forno in disuso e inaugurato questa primavera”.

Il Polpo tra Malto, Frutta e Verdura

Polpo cotto a bassa temperatura, in sottovuoto, scottato in uscita e guarnito con i carciofi e le fragole. La salsa di malto, per consistenza simile alla maionese, è stato ottenuta dall’albumina che tira fuori il polpo in cottura. Alla fine viene aggiunto il malto d’orzo.

Oca e Frutti Rossi

Tra i piatti più costosi del menu, l’Oca ai Frutti Rossi (18 euro). “Il sacrificio dell’animale va onorato”, per questo Luigi lo propone tre parti e consistenze. “Il coscio viene cotto a bassa temperatura per 9 ore, il petto viene scottato al momento, mentre la terrina è un foie gras, denervato e marinato negli agrumi del giardino”. In chiusura, con il sorbetto ai frutti di bosco e la crostatina vuole restituire al palato un senso di pulizia. “Il fegato mi sporca molto la bocca: di contro, l’acidità della frutta aiuta a sgrassare”.

Vaniglia con mela annurca

“In realtà, il sorbetto color rosa può ingannare. Ho usato la buccia della mela annurca, è più acida. Ho aggiunto un po’ d’acqua, la creme brulée alla vaniglia su un biscotto morbido all’olio d’oliva”.

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