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Un tour tra le più belle cantine di Toscana e Umbria, tra storia, castelli, cantine e vini d’eccellenza

Caterina de’ Medici è stata certamente una donna importante nel panorama internazionale italiano, ma anche in quello vinicolo.

La leggenda vuole che importò alla tenuta di Artimino quella che ancora oggi viene chiamata “uva francesca” ovvero il vitigno internazionale oggi conosciuto come Cabernet. Un vitigno che è fondamentale, come il Sangiovese e altri vini a realizzare il blend più conosciuto di Tenuta di Artimino, il Carmignano.

Tenuta di Artimino

Anticipando ogni moderno disciplinare di produzione, nel 1716 il Granduca Cosimo III de’ Medici, che villeggiava a Tenuta di Armino, aveva emesso prima un decreto e poi un bando, e stabilì precise e severe norme per la vendemmia, ne delimitò la zona di produzione e, dettandone le norme di commercializzazione, si adoperò per proteggerlo da contraffazioni o dalla cattiva conservazione. Insomma furono definite tutte le caratteristiche del Carmignano anticipando di secoli i disciplinari moderni.

Ma la bellezza di Tenuta di Artimino si perde nei secoli: una terra già abitata dal popolo etrusco, i cui reperti si trovano a pochi passi dalla cantina, poi il borgo medievale turrito e sulla fine del XVI secolo, Artimino diventa un luogo amato dalla famiglia Medici. Ferdinando I de’ Medici nel 1596 decise di costruire qui la sua dimora di caccia, oggi Villa Medicea La Ferdinanda, patrimonio Unesco. Culla di arti, bien vivre e di vino, questa cantina sicuramente è un luogo unico, dove è d’obbligo fermarsi per un passaggio.

Podere Conca Bolgheri

Podere Conca è incastonato tra le campagne livornesi, a pochi chilometri da Marina di Castagneto tra ulivi secolari.

“Il Podere lo abitammo, con tutto l’amore che può avere una madre. La prima barbatella, piantata di recente, scrive da qualche mese  le altre storie della Conca”. È Giovanni, al secolo Giovanni Gastel Jr, che descrive, racconta la gioia della nascita e crescita del Podere Conca a Bolgheri.

Cinque ettari vitati, circondati da rigogliosi oliveti. Con una buona produzione di Frantoio, Moraiolo e Leccino, i tipici ulivi della costa tirrenica.

Tra i vini da non perdere di questa cantina troviamo Elleboro Igt Toscana 2020, il cui nome proviene da una pianta originaria del Caucaso e dell’Asia minore. Ma anche l’Agapanto Bolgheri Doc 2019: taglio bordolese amato da Silvia Cirri, la padrona di casa. Il nome prende spunto da  una pianta del Sud Africa. Maturazione in legno, tonneaux e barriques di secondo passaggio, con affinamento in bottiglia per circa sei mesi.

Cantina Tolaini

A Castelnuovo Berardenga, tra Firenze e Siena, nella zona del Chianti Classico, da Tolaini c’è una bella commistione tra tradizione e modernità.

Le  migliori uve sono pre-selezionate in vigna e poi nuovamente in cantina dal selezionatore ottico; solamente i migliori acini interi proseguono fino ai 12 tini troncoconici di rovere francese da 50 hl.

Il credo nel “Solo dall’uva migliore si ottiene il miglior vino” è il principio ispiratore fondamentale dal 1988 quando Pier Luigi Tolaini acquisisce la cantina.

Una particolarità: ogni singolo lotto di uva proveniente da parcelle diverse viene vinificato separatamente e rimane separato anche nelle successive fasi di affinamento, fino all’assemblaggio finale. Assolutamente da provate la Gran Selezione Chianti Classico Montebello Sette o il Picco Nero.

Cantine Blasi

Ci spostiamo in Umbria, a Umbertide. Terra di Etruschi e viticoltura, eppure non c’è una reale storicità rispetto all’uso di vitigni autoctoni diversi dai più noti in Umbria. Per questo motivo i Blasi hanno deciso di impiantare vitigni autoctoni umbri come il Trebbiano Spoletino, il Grechetto e il Sangrantino, ma anche di puntare sui vitigni internazionali più adatti al microclima e ai terreni della propria azienda: dal Merlot al Cabernet Franc e Sauvignon, dallo Chardonnay al Sauvignon blanc.

Ma il punto forte della cantina è la parte di affinamento in legno posta nei sotterranei del Palazzo dei Conti Bertanzi risalente al 1742. Didi e Mauro Blasi, e oggi con Michele, che oggi coordina tutto il lavoro in cantina, e rappresenta la quarta generazione della famiglia, sanno i loro punti di forza. Dalla tradizione di norcini umbri alla vinificazione. Infatti Bino Blasi già ai primi del ‘900 aveva una macelleria che fu ereditata dal figlio Didi il quale iniziò a produrre porchetta di maiale piatto tipico tradizionale umbro. Fu un crescente successo tanto da decidere di chiudere la macelleria e dedicarsi solo all’attività “culinaria” alla quale fu aggiunta la norcineria con la produzione di salumi tipici umbri come il prosciutto, la lonza, il capocollo, salami e salsicce.

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