Ca’ di Dio, un boutique hotel raffinato senza insegna ma che cela all’interno una particolare attenzione al Made in Italy
Ca’ di Dio, dimora VRetreats si colloca nella seconda città italiana per visitatori con i suoi 13 milioni di passaggi. Stiamo parlando di Venezia. Quel fascino difficile da spiegare consiste nel perdersi per le calli di una delle più importanti repubbliche marinare, bere il tanto amato spritz con i cicchetti e ammirare corsi d’acqua e ponti.
Ca’ di Dio, eleganza sobria
Proprio a pochi passi da piazza San Marco e vicino all’Arsenale di Venezia, sorge su quella che era una casa di accoglienza per pellegrini Ca’ di Dio. Il palazzo duecentesco si pone come un boutique hotel sobrio e raffinato, privo di un’insegna, rifinito in ogni particolare.
Il progetto firmato da Patricia Urquiola richiama costantemente l’incanto di Venezia senza mai dimenticare sostenibilità e made in Italy. Eleganza sobria, corti curate e silenziose, una porta sull’acqua che permette ai clienti il passaggio dall’acqua, in sintesi l’essenza dell’hospitality.
È forte il richiamo all’origine, a quella casa di accoglienza senza insegne, alla tipica dimorza veneziana. Nella living room, ricavata all’interno dell’antica chiesa, spicca il lampadario a vela, realizzato con 14mila cristalli di vetro di Murano, la maestosa pala d’altare del XVIII secolo e i divani in velluto di Moroso.
Gli arredi
Tutto è realizzato con arredi e tessuti pregiati di produzione locale o italiana nell’ottica della sostenibilità. Come le lampade di LP Glass di Murano, a cui si aggiungono i mobili di Cassina, le carte da parati Rubelli, diversi elementi contemporanei inseriti in ambienti con pavimenti originali in seminato veneziano e marmo rosso antichi di secoli. Legno, ferro battuto e marmo chiaro sono gli elementi ricorrenti nelle 66 camere, di cui 57 suite e 9 deluxe.
I 3 piani dello stabile, di cui 3000 mq sono dedicati alle camere, sono illuminati dalle 413 finestre che permettono il continuo cambiamento di luci e ombre. Nella corte di Ca’di Dio, nella bella stagione, è permesso degustare cocktail creati con le botaniche della laguna e affiancare prodotti direttamente coltivati nell’orto della dimora.
La rarità della corte interna viene ancor più avvalorata con il lavoro dell’executive chef Raimondo Squeo che cura l’orto da cui trae ispirazione per i suoi piatti nel menu di VERO- Venetian Roots, ristorante fine dining con ingresso separato.
Sostenibilità e Made in Italy
La dimora stessa e il ristorante mirano ad una forte sostenibilità in tutti gli ambienti. Ogni anno viene fatto un audit che permette performance sempre più tendenti al mondo plastic-free. Le scarpe delle divise del personale sono realizzate con plastiche recuperate dal mare. L’acqua della laguna viene usata per raffreddare le pompe del sistema di condizionamento.
Non solo questo forte orientamento green, la sostenibilità è anche nella gestione etica della scelta di materie locali come verdure di piccoli produttori dell’Isola di Sant’Erasmo, pesce dell’Adriatico, formaggi veneti e carni del Montello, farine macinate a pietra nell’ottica di una vera sostenibilità con preparazioni che rimandano ai territori della Serenissima. La stessa carta dei vini è un tributo alle piccole e piccolissime eccellenze veneziane e venete.
Il ristorante Vero
Il grande impatto dato dal soffitto tessile del ristorante colpisce qualsiasi spettatore. Non sfuggono le pareti rivestite di carte da parati Rubelli e i bicchieri soffiati a bocca. La stanza insiste sul gioco di colori ispirato alla tradizione culinaria veneziana, con pesci, verdure e fiori. Il mezzo tipico di Venezia viene ricordato attraverso i tavoli, di legno, che vengono lasciati scoperti.
Raimondo Squeo, di origine pugliese, prima di diventare Executive Chef al Ca’ di Dio, alterna esperienze prima proprio a Venezia e, a seguire, sul lago di Garda e a Viareggio. Torna recentemente in laguna proprio per accettare la sfida della dimora iconica del VRtreats. Quella di Raimondo Squeo è una cucina del rispetto verso i prodotti locali. “Pensa, pesa e cucina” è la frase cardine dello chef che ripete alla brigata.
In cucina la parola rispetto e ridondante: un rispetto impressionante per la materia prima, per la perfezione della tecnica e per l’ospite, così come per la brigata, che lo accompagna e che il cuoco coinvolge in una conversazione sempre declinata al plurale.
La cucina
Il rispetto per la tradizione perchè “non va dimenticato dove ci troviamo, in laguna tra mare e terra, e così i piatti che propongo hanno sempre un richiamo ad entrambe”. Il cuoco ha le sue passioni e predilige il classico pesce da zuppa dell’Adriatico, che mette in fila la gallinella e il rombo, il San Pietro e la seppia, e poi le capesante, le vongole e i conchiliacei, sempre accompagnati da elementi fortemente vegetali.
Chiaramente non si dimentica la carne del territorio, perché, ricorda Squeo, “sono molto legato all’agnello e alla vacca veneta, che vengono allevati in modo naturale e ci donano una carne stupenda, che ha un proprio “bite” e un sapore deciso seppur delicato”.
Al VERO Venetian Roots si lavora molto su gusto, palato e consistenze, incalza ancora il cuoco: “Tendo a non ripetere i piatti, che miglioro costantemente nei mesi in cui sono presenti in menu, ma poi li cambio. Più di un vero e proprio piatto che potrei definirei il mio cavallo di battaglia, a me piace lavorare su un “gusto signature”, che è l’incontro tra latticini e crostacei.
Come nel caso di una salsa alla busara, al torchio di scampi e con un assaggio di burrata, alla quale abbino una salicornia lagunare”. Ma è solo un esempio delle note peculiari che identificano i suoi piatti: “mi piace giocare con l’acidità”, racconta, “con il gusto fresco del limone, che uso anche sui risotti, magari riducendolo in polvere.
La parte migliore del prodotto la tocco il meno possibile prima di metterla nel piatto, l’altra invece la utilizzo per fondi, brodi, riduzioni oppure la polverizzo. Se vogliamo è anche una scelta in linea con i dettami della cucina sostenibile, ma non lo faccio adesso perché è di moda, semplicemente l’ho sempre fatto!
E, in questo caso tecnica e cultura per me sono molto importanti”. La sua “madeleine” sono le linguine fatte in casa con farina bio, vongole e limone. “Vado a cercare la farina veneta certificata Bio, macinata a pietra, o il riso presidio Slow Food di Grumolo delle Abbadesse, nel vicentino, che è ricco di “difetti” ma per me è stimolante”.
La passione dello Chef
La passione vera dello Chef è però da sempre la panificazione, ovvero dedicarsi alle lunghe lievitazioni del pane, soprattutto quello bianco, “con solo acqua e farina, o al nero di seppia, o ancora con uvetta e acqua di mare”. Quando cerca ispirazione e relax fuori dalla cucina, il cuoco le trova girovagando tra le calli del Ghetto o in Giudecca, ma anche a Sant’Erasmo dove tra i produttori di primizie ha tanti amici, che condividono con lui la migliore materia prima – carciofi, broccoli, miele di barena – ma anche consigli, esperienze, idee, che spesso ispirano un nuovo piatto.
A volte può essere anche un dolce, l’arte in cui Raimondo Squeo si è specializzato: «il gelato mi ha davvero rubato l’anima, e riproduco il ricordo di gusti legati all’infanzia, come la vaniglia e malaga, per colpa di papà, e la zuppa inglese, per la mamma. O con la liquirizia da abbinare alla crema di zafferano». Infine non mancano i sorbetti, come quelli al basilico, al pompelmo e allo champagne, in onore alle origini francesi di Christophe Mercier, l’Hotel manager di Ca’ di Dio, anche lui in qualche modo ispiratore di alcune creazioni dello Chef.
L’insieme armonico del made in Italy che si trova internamente e che traspare nella parte culinaria porta Ca’ di Dio a rappresentare un orgoglio per il nostro paese. L’eccellente hospitalità vissuta in questo hotel, dimora VRetreats, ha la mano dell’attentissimo manager Christophe che riesce a coordinare un turn-over di personale sempre all’altezza e mai superficiale. La magia e l’equilibrio fra tradizione e innovazione è sicuramente ciò che traspare in questa esperienza e quello che può fare la differenza in una città unica.