Lo chef stellato del “Da Candida” ci ha inviato una lettera, in cui racconta le sue impressioni sull’ultimo mondiale di cucina: “Non vi fate capire, siete disuniti e le istituzioni non vi aiutano”
Gentile direttore,
intanto ringrazio Lei e l’attenzione che la sua rivista “So Wine So Food” (complimenti per il vostro impegno!), mi sta riservando. Ci siamo conosciuti qualche settimana fa a Campione d’Italia, per un evento al Conte Rossini e devo dire che è nato subito un certo feeling.
Ci siamo sentiti spesso in questi giorni, specie durante il Bocuse d’Or 2019, al quale ho partecipato insieme a tutta la brigata del mio ristorante: il “Da Candida”. Ci siamo scambiati opinioni, pensieri, foto e video. Ho agito un po’ da inviato speciale in incognito. Ma ieri, durante la nostra ennesima telefonata, ho capito che era tempo di trasformare le nostre chiacchiere informali in una lettera che spero abbiate il piacere di pubblicare.
Ci tengo subito a precisare una cosa: quello che leggerete nelle prossime righe, non è altro che un mio semplice punto di vista. Un pensiero. Un giudizio che credo di avere il diritto di esprimere. Almeno per anzianità, dopo tanti anni passati tra i fornelli.
Partiamo. Intanto mi piacerebbe cominciare spiegando che cos’è il Bocuse d’Or: perché tanti ne parlano ma quasi nessun sa esattamente in che cosa consiste. E’ un concorso a squadre, nato una trentina d’anni fa, da un’intuizione di quell’uomo illuminato che era Paul Bocuse. Lui stesso (e lo ha confessato in una qualche edizione passata) per quanto dotato di una lungimiranza fuori dal comune, non avrebbe mai immaginato una simile crescita per la sua creatura. Che, infatti, fa registrare numeri spaventosi: tremila espositori, ottanta paesi presenti, i migliori chef al mondo, scultori del ghiaccio, pasticceri artisti. E’ un meraviglioso parco giochi ambulante che ogni due anni cambia scenario: il 2019 è stata la volta di Lione.
A differenza di qualche anno fa, ora, per i partecipanti, i posti a disposizione sono 24: America e Asia hanno diritto a 6 posti mentre Europa e Nord Africa a 12. L’Italia, la vostra e la mia, caro direttore, visto che sono nato sì in Francia ma vivo e lavoro da moltissimo tempo dentro i vostri confini, si è qualificata per il rotto della cuffia. La selezione europea si è tenuta lo scorso a Torino ed io c’ero. Per strappare il pass per il Bocuse d’Or, la squadra italiana puntò sulla “cucina di riutilizzo”, presentando un vassoio con cibo recuperato ed essiccato e proponendo la carne con la piovra. Accostamento piuttosto azzardato non trovate? E che, infatti, ha lasciato basiti anche i giudici. Comunque alla fine l’Italia ce l’ha fatta ed ha partecipato al Mondiale, piazzandosi non benissimo.
Il fatto è che voi italiani non vi fate capire. E’ una cosa che vi capita spesso, specie nella politica. In più non siete per niente uniti: pensate solo al vostro piccolo orticello, ignorando l’unità nazionale. E lo stesso si ripercuote su ogni ambito della vostra vita, compreso quello enogastronomico. Sapete perché i Paesi Scandinavi hanno avuto una così grossa crescita negli ultimi anni, tanto da prendersi, nel 2019, tutto il podio? Perché le istituzioni ci credono e ci investono. Hanno capito che il cibo porta persone e le persone portano turismo e quindi soldi. Solo in Italia si fa difficoltà a comprenderlo: come è possibile che possedete il 65% del patrimonio culturale mondiale e siete solo la quinta meta turistica? E’ un’assurdità.
Tutto questo l’ho afferrato ben bene, proprio alla selezione europea di Torino: partecipavo come appassionato, addetto ai lavori e anche come sponsor. Un modo per aiutare la squadra culinaria della mia seconda casa. Sapete, delle istituzioni, chi mi ha seguito in questo senso? Solo la regione Piemonte con un investimento da due milioni di euro. Ma vi pare possibile? E tutte le altre Regioni? Lo Stato? E’ successo quello che, purtroppo, è capitato per il funerale di Marchesi: non sono state esequie nazionali, come Gualtiero meritava, ma locali. Lombarde.
Tornando al Bocuse d’Or devo essere onesto: non ho visto tutte le esibizioni ma un buon 80%, sì. La Francia è arrivata sesta: presentazione meravigliosa ma al taglio, sembrava meglio il piatto degli italiani. Ne ho parlato a lungo con Enrico Crippa, uno dei 24 giudici del Bocuse. Lo stimo tanto: bisogna fargli i complimenti, è sempre una grossa soddisfazione essere membro di questa giuria.
La chiudo qui: rischierei di diventare presuntuoso e prolisso. Però, lo ripeto: italiani, svegliatevi! Unitevi. Altrimenti è chiaro che a livello europeo e mondiali vi fate fregare…
Comunque, nessuna paura: il team Italia, tra gli Europei del 2018 e il Bocuse d’Or del 2019, ha fatto passi da gigante. Sarà prontissimo per le selezioni del 2020 a Thalinn in Estonia. L’ho detto anche al rappresentante diretto dell’Accademia Bocuse d’Or d’Italia, aperta da poco e nella quale hanno creduto solo il Piemonte e la Puglia, regione d’origine del candidato Martino Ruggeri.
Come si dice dalle mie parti: courage!
Un abbraccio grande e vi aspetto a Campione d’Italia
Bernard Fournier