Al fiorentino Caffè dell’Oro, della famiglia Ferragamo, lo chef Italo-americano Minichiello ha costruito la sua linea di cucina sulla base di contaminazioni dal mondo e di ricerca sui migliori ingredienti italiani. Il risultato è eccellente
Antonio Minichiello. La Lungarno Collection è una solida realtà nel mondo dell’offerta di ospitalità fiorentina (e non solo, visto che presto ci sarà la nuova apertura milanese in Corso Venezia). Diciamo che i Ferragamo ci avevano visto bene quando decisero di entrare nel business dell’ospitalità, inventando un format assolutamente unico per stile ed eleganza, declinandolo secondo differenti segmenti di offerta.
Con l’Hotel Lungarno, il Gallery Art Hotel, il Continentale e il Portrait (a Roma oltre che a Firenze) la famiglia Ferragamo ha dimostrato di avere studiato molto bene come la clientela turistica seleziona le proprie destinazioni di vacanza e di business e ha quindi saputo cogliere con grande sensibilità i desideri e le aspirazioni di gourmet alla continua ricerca del meglio.
Ne abbiamo avuto prova durante una recente visita, che ha confermato sensazioni già provate in precedenza. Già con il ristorante Borgo San Jacopo, una stella Michelin e col Fusion Bar & Restaurant era iniziata una attenta segmentazione dell’offerta, ma è con il Caffè dell’Oro, il ristorante del Portrait (direttore il bravo e saggio Diego Roggero) che la famiglia Ferragamo ha creato un format innovativo ma di sostanza, lontano da vaporosità e voli pindarici e saldamente ancorata a concretezza e chiarezza: la bellezza del luogo, affacciato sul Lungarno di fronte a Ponte Vecchio, aggiunge fascino all’esperienza.
Qui si respira modernità, con buona dose di contaminazioni, l’ideale per chi vuole uscire dal convenzionale rimanendo però nell’ambito di un’offerta culinaria di serie A, collaudata e garantita dalla professionalità di chi opera in cucina e in sala. Il Caffè dell’Oro è il regno dello chef, che nel suo lavoro esprime un mix di rigore, disciplina e purissima, coraggiosa passionalità. E la sala è egregiamente condotta da Claudia Rosati, una presenza discreta ma attenta a ogni dettaglio.
Lo Chef Antonio Minichiello
Antonio, classe 1983, è nato nel New Jersey ma è cresciuto in Italia, ad Atripalda in provincia di Avellino. Suo padre, tecnico informatico, ha sempre nutrito una forte passione per la campagna ed Antonio è cresciuto circondato da prodotti freschi, in mezzo alla natura, fra le castagne e le melanzane, le nocciole e i pomodori, le erbe officinali, la frutta e la verdura.
E poi l’allevamento di polli e conigli, la produzione di vino, aglianico e falanghina e di olio extra vergine di oliva. Fin da giovanissimo impara a conoscere profondamente gli ingredienti e le materie prime; la vera rivoluzione è quando capisce e metabolizza il momento giusto per raccoglierli, selezionarli, usarli e, alla fine, valorizzarli nella loro autenticità.
Non amando particolarmente la frequentazione scolastica, il padre decide di trovare ad Antonio, al compimento del tredicesimo anno, un lavoro stagionale presso il ristorante di suo zio. Piano piano quello che all’inizio era solo fatica e sembrava non avere un senso preciso, comincia ad essere vissuto da Antonio con una consapevolezza diversa, con una curiosità che lo spingeva a mettersi alla prova e insieme ad accrescere le proprie competenze in materia.
La consapevolezza diventa apprezzamento e il tutto si trasforma presto in passione affiancando lo zio e la madre ai fornelli “Mi ci è voluto poco per capire che cucinare era la mia vita e che non avrei scelto un lavoro ma semplicemente ciò che amavo fare davvero”.
Ansioso di imparare, sceglie di frequentare la scuola alberghiera, dove si diploma a pieni voti.
I primi dieci anni della sua carriera Antonio li trascorre in Italia, a perfezionare le sue capacità. Nel 2005, approda in Toscana presso Bagni di Pisa Resort & SPA e -solo un anno dopo- al ristorante stellato La Terrazza dell’Hotel Eden a Roma, la cui cucina venne resa famosa dal grande chef Enrico Derflingher alla fine degli anni Novanta.
Una ricca esperienza
La sua esperienza internazionale inizia nel 2008 quando comincia l’avventura decennale in Four Seasons: prima Londra, poi Praga, come sous chef presso il ristorante stellato Allegro. Nel 2010 arriva negli Stati Uniti, il suo paese natale dove aveva sempre sognato di poter ritornare.
A Las Vegas è capo del ristorante Veranda dove porta avanti con successo il concetto di autentica cucina italiana. Nella sua mente un unico desiderio lo guida: trasferire tutta la passione che aveva nei suoi piatti, perché “se cucini con amore si vede”.
A 26 anni è il più giovane chef della Strip di Las Vegas, città che gli ha dato l’opportunità di brillare per 10 anni. Ed è a Las Vegas che sposa Carmen, come in un film, su una Cadillac rosa nella Little White Chapel e, pochi anni dopo, arriva la loro piccola Francesca.
Nel 2020 si presenta, fortissimo, il desiderio di tornare in Italia e nel 2021 il sogno si avvera grazie all’incontro con Lungarno Collection e il Caffè dell’Oro. Il format perfetto per lui: un caffè italiano contemporaneo che gli dà la possibilità di esprimere la sua doppia anima…tanto italiana e verace, quanto profondamente internazionale e intrisa di sapori e ricordi dei suoi viaggi.
Assaggiate i suoi piatti, frutto di sapiente attenzione ad influenze culturali lontane dalla nostra, quanto profondamente “dentro” la migliore tradizione regionale del Bel Paese. La nota aggiuntiva a questa descrizione riguarda la regione di origine di Antonio Minichiello, la Campania.
Una terra che ispira e dà forza, che incoraggia ad osare, anche con piatti i cui assaggi diventano un momento di festa, prima ancora che di riflessione: “Perché voglio arrivare al gusto della materia, affinché si esprima in tutte le sue potenzialità e faccia godere, con quell’effetto goloso che spesso la cucina di tanti chef dimentica”, ci ha detto Antonio durante il nostro incontro.
Menù
E allora, via con: Bun di moeche, ovvero Granchio dal guscio morbido, insalata di zenzero e gel di lavanda, per passare poi a un fantastico Bao al vapore con maialino in agrodolce e, nella sezione Fusion Tapas, Thai calamari in tempura, peperoni e spuma all’aglio, Sashimi di Angus, ceviche, chili aioli e meringhe. Più strutturati gli antipasti, dove abbiamo scelto Polpo croccate, spuma di burrata, crema di piselli allo shiso, guanciale e wasabi, Tartare di manzo con croccante di alga nori, Crudo di ricciola Hamachi, guacamole, soia bianca, yuzu e lamponi. Fra i primi è un trionfo della materia di regioni e territori a noi vicini.
Da non perdere gli Spaghetti estratto di pomodoro e bottarga, il Risotto Acquerello cacio e pepe con ricci di mare, i Fusilloro con gamberi rosa e zafferano, i Fagottini di amatriciana e cocco, la Pappardella ripiena alla Norma. Fra i secondi, segnaliamo, per succulenza dei sapori, il Rombo in crosta di pane nero, il Salmone Upstream cotto confit, asparagi e vino bianco, il Filetto di manzo con fiori di zucca ripieni al taleggio e alici, Tamari e scalogno.
Nel capitolo del menù dedicato ai piatti speciali, invece, siamo obbligati a segnalare una maestosa Cotoletta orecchio d’elefante (alternativa all’ortodossa versione ma lontana da ogni moda pretenziosa), servita solo su prenotazione per due persone, accompagnata da contorni e salse tipiche, realizzate dello chef.
Insieme all’ Hamburger Caffe dell’oro, battuta di manzo al coltello, pancetta Toscana, provola affumicata e cipolla, rappresenta un “duetto” goloso e controcorrente rispetto a tutta la linea del menù, caratterizzata da uno stile molto personale, che non indulge in alcun modo al “pensiero unico” in cucina!