Il fondatore di Cronache di Birra decise di aprire il sito nel lontano 2008, molto prima che la birra non industriale diventasse popolare. Una scelta che è stata ripagata
Cronache di Birra nasce circa dieci anni fa da un’idea di Andrea Turco, al tempo un semplice appassionato di quel prodotto che in Italia ancora doveva essere scoperto dal grande pubblico.
Nel 2008 la birra artigianale era semisconosciuta, cosa l’ha spinto ad aprire il blog?
“È stata proprio la mancanza generale di conoscenza nei confronti del settore a farmi intraprendere questa strada. Non c’era nessun magazine o rubrica che ne parlasse ed io avevo la passione per la scrittura ed ero un discreto conoscitore di birre. Aprire il blog è stata la conseguenza naturale di questi due elementi”.
Il panorama brassicolo italiano comprendeva pochissimi produttori…
“Infatti all’inizio parlavo principalmente di realtà straniere. I pochi birrifici nostrani comunicavano quasi niente e organizzavano non tantissimi eventi che potessero dare visibilità mediatica. Fortunatamente con il tempo la situazione è cambiata e di conseguenza anche il blog”.
Che ruolo ha avuto Cronache di Birra nella crescita del movimento brassicolo italiano?
“I risultati che si sono raggiunti in questi ultimi anni sono merito dei produttori, che con le loro capacità hanno mostrato agli italiani la bontà del prodotto. Naturalmente insieme al settore è cresciuto anche il blog, che inizialmente rappresentava un semplice hobby”.
È difficile parlare di birra in Italia, paese da sempre votato al vino?
“La difficoltà sta nel decidere a chi rivolgersi: parlare agli intenditori e appassionati che sono una piccola fetta oppure ad un pubblico più generalista? Cronache di Birra si è sempre rivolto ai primi, tuttavia essendoci intorno al mondo della birra ancora falsi miti e disinformazione ultimamente sto cercando di fare cultura birraria scrivendo anche articoli che spieghino il prodotto a coloro che ne sanno poco”.
Come ci si sente ad avere un lavoro che al tempo stesso è la sua grande passione?
“È sicuramente diverso rispetto a quando rappresentava un passatempo, non c’è più l’aspetto di leggerezza che contraddistingue gli hobby. Tuttavia pensare di star facendo qualcosa di piacevole ed al contempo lavorare non può che essere positivo”.